Mai visto. Verrebbe da dire solo questo in certe circostanze, nei momenti il cui il mondo osserva ciò non dovrebbe mai accadere e che invece sconvolge come un fulmine a cielo sereno, come se la velocità fosse solo una parola ed il contesto un mucchio di colori sbiaditi. Nel pomeriggio di Misano, in un momento di festa di comunione per ogni appassionato di motociclismo, abbiamo assistito ad un episodio così sgradevole al punto da difficilmente commentabile ma parlare e raccontare, soprattutto in questi casi, serve affinché quelle scene non vengano più riproposte in un circuito, nel quadro dell'esistenza.
217 chilometri orari. Cosa? La velocità con cui Stefano Manzi stava affrontando il rettilineo che porta alla staccata della Quercia (uno dei punti più caratteristici del tracciato Sammarinese) quando Romano Fenati ha deciso, chiudendo le porte al cervello, di mettere a rischio la vita di un suo collega toccandogli la leva del freno in piena accelerazione. Fermo immagine e rabbia: abbiamo visto migliaia di foto nelle ultime ore e nonostante la sovrabbondanza di fotogrammi pochi riescono a capacitarsi dell'accaduto ammucchiando domande e ricevendo pochissime risposte.
Il verdetto parla di due gare di squalifica, una "pena" troppo leggera per quello che è successo e per quello che fortunatamente non è accaduto. "Ha cercato di ammazzarmi", parole del povero Manzi che ha una ragione sconfinata perché parlare di tentato omicidio non appare come una mossa azzardata ma come lapidarie parole per mettere a fuoco il tutto. E poi c'è Romano Fenati, un ragazzo di 22 anni che si è distinto negli anni precedenti per i suoi risultati in pista ma che. con il passare del tempo, si è reso protagonista di gesti alquanto discutibili, gesti che lo hanno portato anche ad un scontro verbale con Valentino Rossi, conclusosi con l'abbandono del pilota romano dall'Academy del nove volte campione del Mondo.
Non ci sono scuse, non ci sono giustificazioni per un gesto che avrebbe potuto avere ripercussioni molto gravi. Qualcuno chiede la squalifica per l'intero campionato, molti la radiazione: non è poi così sbagliato pretendere ciò perché nel momento in cui la visiera si abbassa e quelle creature si accendono tutto scorre ad una velocità totalmente folle, tutto è sospeso in un limbo di adrenalina e voglia di sconfinare i limiti dell'ordinario. Tutto scorre come un fulmine, anche la stessa vita, mentre resta ferma la lucidità, elemento da cui ogni essere umano non può prescindere, figurarsi un pilota. Romano Fenati ha perso le fondamenta del suo palazzo rischiando di sgretolare un'altra costruzione, ha perso davanti agli occhi del mondo. Ha perso con se stesso e nel micro-cosmo in cui abita da anni, in quel motociclismo che dovrebbe unire, dovrebbe esaltare e dovrebbe meravigliare ad ogni passaggio, ad ogni tappa. In questo lunedì ci sono solo condizionali e un presente che parla di un gesto mai visto. Mai visto.