Dieci mondiali corsi, sei vinti. Sessanta percento di vittorie, un dato mostruoso, cosi com'è stato mostruoso vincere il titolo di MotoGP all'esordio, una cosa che non era riuscita nemmeno a Valentino Rossi, che il primo iride lo vinse nel 2001 al secondo anno di 500. Marc Marquez è già una leggenda vivente del motociclismo, con buona pace di chi lo reputa solo fortunato, che poi vorrei capire dove sta questa fortuna.
Il mondiale 2017 che si è concluso domenica a Valencia è stato certamente il più complicato per il centauro di Cervera, abituato a festeggiare ben prima le sue vittorie iridate, fatta eccezione per il primo titolo della classe regina, anch'esso vinto all'ultima gara. La lotta all'iride di quest'anno potrebbe tranquillamente essere un racconto dell'epica greca, con due contendenti a giocarsi tutto fino all'ultimo respiro salvo poi vincere il più forte, visto che in uno sport non si può parlare di un buono ed un cattivo. Sì, perché in fin dei conti, Marquez è il più forte pilota di moto al mondo, lo dicono i numeri e lo dicono anche i suoi rivali che non hanno potuto fare altro che complimentarsi con lui per la quarta volta da cinque anni a questa parte.
Il sesto mondiale proietta il fenomeno iberico nell'olimpo dei campioni, ma il suo obiettivo è molto più grande, lui vuole essere il re del monte greco, vuole essere Zeus. Per farlo però dovrà fare una lunga e costante scalata verso i quindici titoli di Giacomo Agostini, un numero impensabile per il mondo d'oggi che non permette di correre contemporaneamente in più categorie. Ciò che però potrà essere eguagliato e, perché no, migliorato da Marquez è il numero di iridi vinti dall'italiano nella classe regina solo, si fa per dire, otto. Il campione di Cervera è a quota quattro, metà strada esatta, ma il tempo è dalla sua parte, ricordiamo che ha appena ventiquattro anni, e la moto su cui sale in sella ogni anno è la più competitiva del lotto.