La differenza sta tutta nello sguardo, nell'espressione del volto, nelle parole pronunciate a fine gara. Due anni fa, nel Gran Premio di Gran Bretagna corso sul circuito di Silverstone, un secondo posto che faceva da piazzamento di mezzo tra il trionfo di un Valentino Rossi che appariva lanciatissimo verso la conquista del titolo mondiale (salvo poi perderlo per mano della coppia Marquez-Lorenzo) e la terza piazza di un Andrea Dovizioso che probabilmente non sarà stato molto contento di vedersi sfilare davanti una moto uguale alla sua, ma di un team clienti. Danilo Petrucci arrivò in seconda posizione ad appena tre secondi di ritardo dal vincitore, dopo essere partito dalla diciottesima posizione e dopo aver sfruttato nel migliore dei modi le proprie qualità di pilota mago della pioggia. Poco meno di due anni dopo, ecco un altro podio ed ecco un altro secondo posto. Ma questa volta la storia sembra diversa, e lo si legge proprio nel volto, negli occhi e nelle parole del pilota nativo di Terni. Non sembra esserci grande gioia o euforia per un secondo posto che vuol comunque dire molto nell'economia della sua carriera e nello specifico di un Mondiale che lo ha visto più di una volta in preda alla sfortuna.
Sembra esserci piuttosto della rabbia, dello scoramento per quella seconda posizione che in realtà avrebbe potuto essere migliore, con quel successo che ora Petrucci dà l'impressione di voler seguire con maggiore brama rispetto al passato. Danilo Petrucci non vuol più dare l'impressione di essere un pilota che capita nelle prime posizioni per caso, bensì vuole rappresentare una vera e propria minaccia per chi si gioca la vittoria, e perchè no, anche per chi si gioca il titolo iridato nella classe regina. Del resto, due podi in tre gare non possono essere frutto del caso. Non certo in circuiti che hanno caratteristiche diverse tra loro. E se il Mugello poteva essere visto come una prova che la Ducati non poteva sbagliare, ecco che l'esame svolto presso l'università delle moto, in quel TT Assen che ha sempre incoronato i campioni più grandi della storia del motorsport, rappresenta dunque la prova di maturità che l'Italia che va su due ruote si aspettava da Danilo Petrucci. E lo scoramento che è emerso nell'immediato post-gara dal volto del ternano, la dice lunga.
Danilo Petrucci è stato protagonista non solo di una gara fantastica, ma di tutto un weekend in cui ha dato l'impressione di potersela davvero giocare con i migliori, e a prescindere dalle condizioni climatiche e della pista. L'azzurro in sella alla sua Ducati del team Pramac è stato performante fin dalle prove libere del venerdì per finire alle qualifiche, dove si è piazzato al terzo posto e già in quel caso aveva dimostrato di sentirsi di poter fare di più. Colpa di un paio di sbacchettate che gli hanno precluso la via che portava ad una posizione ancor più succulenta e goduriosa, nonostante fosse comunque arrivata la terza volta consecutiva in prima fila (anche se al Mugello il suo terzo posto gli fu tolto e tramutato in nona posizione). Poi è arrivata la gara: bella, vibrante e ricca di colpi di scena anche quando sembrava che a giocarsi la gara fossero solo in quattro, con Danilo che era lì con due veri mostri sacri come Valentino Rossi e Marc Marquez. Poi una leggera pioggia che ha ristretto il campo dei concorrenti ai due azzurri, al pesarese e al ternano, in un derby del centro-Italia appassionante e ricco di suspence.
Alla fine ha vinto il 46, alla fine per Petrux è arrivata una seconda posizione che va a bissare quella ottenuta in Gran Bretagna due anni fa, che rappresenta l'incipit del nostro racconto. Ma come abbiamo già detto, in quel volto, in quello sguardo e in quelle parole che sono arrivate da Danilo c'è tutta la rabbia di quel che avrebbe potuto verificarsi, ma che in realtà non è avvenuto. Colpa del difficile doppiaggio di Rins? Può darsi. Ma purtroppo per Petrucci non è dimostrabile quanto da lui detto a fine gara. "Senza quel doppiaggio avrei potuto sorpassare Valentino". Probabile, tanto quanto è plausibile la risposta data da Rossi sul podio al suo connazionale: "Sei sicuro?". Di una cosa, noi, siamo sicuri. Cioè del fatto che finalmente l'Italia può presentare qualcosa di nuovo. Il fatto che ci siano due piloti di casa nostra, di grande manetta ma dal cuore enorme, e per giunta in sella a una moto che rappresenta nel migliore dei modi lo spirito italiano, ci rende particolarmente orgogliosi. E siamo orgogliosi soprattutto per Petrucci, rappresentante fiero di quella classe operaia che conosce ancora la via che porta al Paradiso.