Il giallo e il rosso. Il rosso e il giallo. La gara di Austin della Motogp sta tutta nel gioco di questi due colori, simili eppure opposti, affini, sicuramente caldi. Marquez e Lorenzo, Rossi e Dovizioso, sono i protagonisti di una corsa prevedibile e imprevedebile allo stesso tempo, di una cavalcata faticosa e tosta, parsa una passerella trionfante da una parte e una caccia alla sopravvivenza dall'altra.
Simboli di Spagna, simboli delle opposte fortune degli spagnoli, simboli del solare e raggiante Marc, nonché del furioso e rabbioso Jorge. Il piccolo diavolo, come è stato ribattezzato, scherza, rischia, balla da solo. Dichiara di preferire la competizione di gruppo, ma intanto se la ride a trentadue denti, forte dei 50 punti in classifica, della sua Honda e soprattutto del suo status di dominatore. Sarà pure la pista texana particolarmente a lui gradita, resta un cannibale affascinante che spruzza e dispensa gioia ogni dove, così come la doccia di champagne riservata sul podio a chiunque fosse nelle vicinanze. Il maiorchino, invece, non ha ancora capito se essere rosso di rabbia oppure di vergogna: passino le tribolazioni e gli scuotamenti di testa della vigilia, la partenza anticipata non ha e trova spiegazioni logiche. Sconsolato e irritato, inizia lontano e finisce altrattanto, epilogo di un week end nato male e finito pure peggio. Il torero è stato incornato così nella terra dei rodei, perde il confronto con il compagno (almeno prima dei problemi di gomma di Rossi) e il palese nervosismo preoccupa molto più di un feeling con la moto non ancora ritrovato.
In un gemellaggio atipico, vestono il giallo e il rosso anche gli italiani, sebbene con significati differenti e ruoli invertiti. Il giallo del 46 vive la beffa, pregusta un podio facile e poi rimane in braghe di tela, con più di un pensiero sul passo del gambero subito. Cercava conferme di competitività, da lui forse arrivate, un po' meno dalla sua compagna di avventura. Il rosso Ducati, al contrario, diventa fuoco ardente, scoppietta e fa centro: Dovizioso non brilla ma porta sostanza, mentre Iannone consolida e si consolida, malgrado vittima come Rossi di Bridgestone imbarazzanti, improponobili, per l'appunto, da bollino rosso.
In tutto questo meritano una postilla i ragazzi della Moto3, un manipolo di ragazzotti "terribili" guidati dal duo Miller-Fenati, con il primo perfettamente calato nella parte del "bull rider" e una vena da show man e il secondo risorto e rilanciato, autore di un sorpasso esterno che farà storia.