Dopo Leo Messi anche Cristiano Ronaldo lascia, a distanza di qualche ora, la scena del Mondiale di Russia 2018. Dopo i segnali non propriamente confortanti del girone di qualificazione, il Portogallo di Fernando Santos si è sciolto sotto i colpi della Celeste uruguagia di Oscar Washington Tabarez, la quale ha dimostrato maggiore cinismo e solidità, pragmatismo ed equilibrio, armi che avevano fatto della nazionale lusitana la squadra campione d'Europa qualche mese fa in Francia. Quella impermeabilità difensiva che oltre le Alpi aveva fatto grande Ronaldo e soci - 1 gol subito in 4 partite - è diventata invece il motivo della disfatta russa dei portoghesi, travolti dalle folate di Cavani e Suarez.
I mali dei portoghesi arrivano da lontano e, i primi sentori che qualcosa non andasse per il verso giusto si sono avuti dopo la prima partita del raggruppamento, quando i tre gol subiti dalla Spagna - e le svariate occasioni per la Roja - hanno fatto suonare un primo campanello d'allarme, parzialmente spento dalle roboanti prestazioni di Cristiano Ronaldo. I gol del fenomeno di Madeira non sono bastati però a cucire del tutto le ferite e la mezz'ora di interminabile sofferenza contro l'Iran ha rappresentato la radiografia perfetta di una squadra non ancora pronta a quel salto di qualità che le si chiedeva dopo l'Europeo. Detto, fatto. Al primo banco di prova di un certo rilievo è arrivata la sconfitta, meritata, contro l'Uruguay.
Due disattenzioni fatali, quelle di una difesa in bambola in occasione delle due marcature dell'ex centravanti del Napoli. Prima un larghissimo triangolo firmato Cavani-Suarez che nessuno tra centrali e terzini è riuscito a leggere, poi un rinvio di Muslera a mettere a soqquadro un reparto intero fino all'assist di Bentancur per il Matador, il cui destro a giro ha tagliato le gambe ai portoghesi nel momento di maggiore spinta e sforzo emotivo. Non è bastata la reazione di nervi dell'intervallo: dieci minuti furiosi che sono valsi il pareggio ed un'inerzia quasi del tutto ribaltata. Non sono bastati i nervi perché l'organizzazione difensiva dell'Uruguay ha messo a nudo i limiti strutturali di un attacco, quello lusitano, che poggia le basi sulle accelerazioni di Ronaldo, ingabbiato perfettamente da Torreira, Vecino, Caceres e dai due centrali.
Il Fenomeno non ha mai trovato spazi, andandoli a cercare spesso sulle fasce oppure sulla trequarti, a distanza siderale dalla porta, riuscendo raramente a mettersi in partita e dando pochissimo apporto alla causa - non per colpe proprie. L'atteggiamento del sette è stato in ogni caso encomiabile, al quale soltanto il funambolo Bernardo Silva ha saputo accostarsi in termini di sforzo: l'esterno del City è risultato il più pericoloso e costante per tutta la durata della contesa, ma le sue percussioni sono rimaste spesso fini a sé stesse, quasi mai concretizzate da uno sciupone Guedes e da un impresentabile Pereira sulla destra. Dalla parte opposta Guerrero ha dato sì sfogo ad una manovra troppo spesso lenta e compassata, ma non è riuscito a ripetere le clamorose prestazioni offerte in terra transalpina.
Il Portogallo lascia la Russia con qualche rimpianto di troppo, ma consapevole che il cammino fatto non è stato all'altezza delle attese. Disattenzioni fatali, che costano a Fernando Santos l'eliminazione e a Cristiano Ronaldo l'addio - forse ultimo - alla manifestazione continentale per Nazioni.