Un portiere che pari, un attaccante che segni. Banalizzando all’estremo, è questo ciò che serve per vincere le partite. Non sempre, certo, ma averli aiuta a portare a casa successi complicati ma fondamentali per proseguire il cammino in tornei corti dove la competizione è foltissima. Ed il Portogallo è la sintesi di questo concetto: Cristiano Ronaldo – che sorpresa – è decisivo con i suoi goal, Rui Patricio blinda la porta e respinge gli assalti di un ottimo Marocco.
Poi, poco altro, perché la formazione di Fernando Santos non offre particolari spunti di riflessione, se non inventati dal nulla dal suo fenomeno; anzi, è lo stesso CT che al termine del match si dichiara non contento della prestazione dei suoi al cospetto al contrario di una squadra che ha mostrato buone trame di gioco, una manovra fluida ed una impostazione interessante, studiata da un grande allenatore come Hervè Renard, al quale però manca terribilmente un centravanti che faccia goal. Cosa che invece – per tornare all’inizio del discorso – ha il Portogallo: tempo 4 minuti ed i lusitani timbrano l’1-0 con CR7, bravissimo a sfruttare la marcatura lenta di Da Costa su azione d’angolo e a battere l’incolpevole Munir. Da questo punto in avanti i Campioni d’Europa in carica smettono praticamente di giocare ed il Marocco fa soffrire e non poco i tifosi portoghesi: ci vuole un super Rui Patricio e l’imprecisione sottoporta degli africani per mantenere inviolata la porta. Il numero uno appena trasferitosi al Wolverhampton compie due-tre parate decisive, soprattutto al 57’ su un colpo di testa di Younes Belhanda che aveva fatto gridare al goal. Il Portogallo è anche fortunato perché nel corso del primo tempo l’arbitro Geiger non rileva un fallo netto di Fonte su Boutaib che sarebbe valso un calcio di rigore in favore del Marocco; la mancata freddezza degli avversari – Benatia su tutti – fa il resto ed il triplice fischio finale sancisce la vittoria portoghese e l’eliminazione dei marocchini.
Come detto però, oltre al portiere e all’attaccante c’è veramente poco. A centrocampo Moutinho e Carvalho fanno una fatica tremenda a tenere a bada la mediana nordafricana e spesso vengono sovrastati sul piano fisico – il primo – e di velocità – il secondo. Bernardo Silva e Joao Mario praticamente non si vedono mai e Gonçalo Guedes al fianco di Ronaldo si eclissa totalmente; la difesa si salva più volte per il rotto della cuffia, tra le distrazioni di Fonte ed il solito gioco ai limiti della scorrettezza di Pepe, con Guerreiro sverniciato da Amrabat a proprio piacimento e con il solo Cedric Soares sostanzialmente sufficiente. Capitolo a parte per il portiere che para e per l’attaccante che segna: Rui Patricio, dopo l’ottimo Europeo nel 2016, si conferma protagonista nonostante la situazione complicata con lo Sporting – risolta con il passaggio in Premier League – mentre per Ronaldo è superfluo ogni commento. Bastano i numeri: capocannoniere del torneo in solitaria con 4 goal in 2 match, 85esimo centro con il Portogallo – il che lo rende il miglior marcatore della storia con una Nazionale, meglio del leggendario Ferenc Puskas con l’Ungheria – ed una sensazione di strapotere fisico e tecnico a tratti imbarazzante.