Enzo Jannacci cantava 'Messico e nuvole', canzone allegra ma dal testo triste e malinconico, la selezione di Juan Carlos Osorio ha cantato - al debutto mondiale - 'Messico e gioie'. E' senza dubbio il Mondiale delle sorprese, fino ad ora. L'Argentina si è fatta fermare sul pari dalla piccola Islanda, un lezioso Brasile ha impattato 1 a 1 contro la coriacea Svizzera, la Francia solo di Var è riuscita ad avere la meglio dell'Australia. Ma al Luzhniki Stadium è arrivata la più grande sorpresa di Russia 2018: la Germania campione del mondo in carica ha perso di misura, 1 a 0, contro il Messico. Ma d'altronde, come voi tutti ben sapete, siamo in Russia, poteva mai non esserci rivoluzione?
Una vittoria storica quella conquistata dalla selezione centromericana, classificabile come impresa poichè i teutonici non perdevano all'esordio dal 1982, altri tempi, altro calcio. Hirving 'Chucky' Lozano man of the match, frizzante esterno offensivo del PSV Eindhoven che si è guadagnato la chiamata mondiale di Osorio a suon di gol ed assist realizzati nell'ultima edizione dell'Eredivisie. In 29 presenze, il messicano tutta corsa e dribbling ha realizzato ben 17 gol.
Il Messico però ha vinto di squadra, il succeso all'esordio non è da attribuire solamente ai meriti di un singolo, in questa caso il match winner. Probabilmente, questa 'Tricolor' è la più forte di sempre ad essersi presentata ai nastri di partenza di una rassegna mondiale, ed ieri a Mosca ne abbiamo avuto la piacevole riprova. Buona organizzazione di gioco, grande disciplina tattica in cui ognuno degli 11 protagonisti del 4-2-3-1 di Osorio ha saputo svolgere alla perfezione i compiti affidati dal cittì. Dunque, una vittoria di gruppo, ma ad emergere sono stati proprio gli uomini più attesi: Hector Herrera, il direttore d’orchestra, monumentale nel dettare tempi e ritmi di gioco, Carlos Vela, autore di un primo tempo a dir poco poderoso, semplicemente spettacolare, numerose le ‘trenate’ del giocatore di proprietà dell’Arsenal che nella prima frazione hanno messo a ferro e fuoco la non irresistibile fase difensiva della Mannschaft. Progressioni boltiane le sue. E poi il Chicharito Hernandez, protagonista di una partita di grosso sacrificio; si è visto pochino ma ha svolto una grossa mole di lavoro, oscura ma essenziale, 'portando acqua' ai vari Lozano, al motorino di fascia Layun, e allo stesso Vela. Da menzionare, doverosamente, il portiere Guillermo Ochoa, che a livello di club non ha vissuto una carriera scintillante, ma ogni qualvolta indossa i panni della Nazionale, si evolve, diventando insuperabile. Una 'pantera in cantina', sguinzagliata sistematicamente quando 'El Tri' è chiamata a produrre prestazioni sopra le righe.
Idee, gioco e piedi buoni. Il "profe" Osorio sa il fatto suo. Il commissario tecnico colombiano ha messo in campo una squadra forgiata a sua immagine e somiglianza. Capace di soffrire e ripartire velocemente in contropiede. Se solo gli avanti messicani fossero stati più cinici sotto porta, il Messico avrebbe potuto arrotondare il proprio bottino ed uscire dall'Azteca russo con in tasca una vittoria molto più rotonda. E' mancato soltanto il tiro. Nei primi 45’ la conduzione di palla è stata sempre esemplare, gli uomini in verde hanno sofferto il ritorno dei tedeschi soltanto negli ultimi 15/20 minuti, causa stanchezza, ma il sacrificio in campo di ogni messicano, sempre pronto al raddoppio ed all'aiuto al compagno in difficoltà, ha consentito al 90' a giocatori ed alle migliaia di messicani accorsi nella Capitale russa di poter alzare le braccia al cielo.
E' già spianata la strada verso il passaggio del turno, ma il Messico vorrà a tutti i costi sfatare un tabù, il maledetto ostacolo degli ottavi di finale, dove si sono sempre fermati nelle ultime sei edizioni dei Mondiali. Chi ben comincia è a metà dell'opera, con la squadra vista all'opera ieri ed un pubblico commovente alle spalle, tutto può accadere, specie in un Mondiale - fino ad ora - senza certezze.