Un derby è sempre un derby, comunque lo si voglia intendere. Il derby porta fibrillazione, palpitazioni, accende gli animi e le rivalità. Un derby spesso spacca le famiglie, ma ci sono derby e derby. L'origine della parola, utilizzata per indicare manifestazioni sportive di elevata importanza, è da ricercarsi in una particolare corsa equestre inglese (chiamata appunto The Derby), organizzata dall'allora conte di Derby (Edward Stanley) il 4 maggio 1780 presso l'ippodromo di Epsom.
Riferimenti ippici a parte, la sfida che ci apprestiamo a degustare tra qualche settimana in Champions League, al Bernabeu, metterà di fronte la massima espressione concettuale, tattica e organizzativa del calcio di questo millennio. Entrambe le squadre, Real Madrid e Atletico Madrid, mirano ad impadronirsi del gradino più alto del piedistallo, lasciato libero dalla caduta del Barcellona. Entrambi i tecnici propongono modi diversi di leggere la stessa partita, nonostante non siano troppo distanti l'uno dall'altro. Il carisma del 'Cholo', da un lato, il dispotismo silenzioso e illuminato di Zidane, dall'altro. La capacità di far convivere egregiamente ogni singolo elemento di uno scacchiere dorato contro l'esaltazione massima del sacrificio e del mutuo soccorso, prevaricanti sulle grezze qualità tecniche. La stracittadina di Madrid non ha mai toccato picchi più alti degli ultimi tre-quattro anni. Ora, che il derby non è più soltanto occasione di rivincita per gli 'eterni perdenti', ma è una vera e propria sfida ad armi pari in cui qualsiasi accorgimento tattico può andare a farsi benedire da un momento all'altro. 'Merengues' e 'colchoneros' non sono mai stati più consapevoli della propria forza, non hanno mai guardato così vicino negli occhi il loro avversario, non gli hanno mai sussurrato così forte:"Ancora tu?!" Si, ancora loro...
COME ARRIVA IL REAL
La squadra di Zidane è probabilmente nel momento migliore della sua stagione. Ai blancos sembra aver fatto bene il risveglio primaverile, che spesso fa rima con Champions League, dopo una transizione autunno-inverno non troppo esaltante soprattutto dal punto di vista delle prestazioni. Ronaldo e compagni sembrano aver ritrovato quella vecchia linfa che ha permesso loro di portare a casa la décima e l'undécima nell'arco di tre anni, mantenendo ben nascosta ogni forma di potenziale appagamento. La squadra ha dimostrato di avere una grande affinità con le partite che contano, schiantando un Bayern probabilmente favorito, probabilmente penalizzato dall'arbitraggio, ma curiosamente ingenuo, nonostante fosse abituato a questi palcoscenici. Il momento-chiave del quarto di finale contro i bavaresi è da ricercarsi nel primo gol siglato da Ronaldo all'Allianz Arena.
In quell'azione c'è tutto, sia a livello tecnico che a livello di personalità e carattere. I madrileni, trascinati sotto l'ala protettiva del loro campione, hanno saputo colpire nel momento più complicato e duro dei 180 minuti. L'adattamento camaleontico ai singoli avversari e alle singole fasi del match rappresenta uno dei leitmotiv introdotti dalla gestione Zidane. La pressione mediatica e ambientale che stritola il tecnico delle merengues spesso e volentieri è un'arma a doppio taglio, poiché impone un utopico controllo costante e dominante di tutte le partite. 'Zizou', nonostante la sua apparente inesperienza, è riuscito a portare novità cruciali sia dal punto di vista tattico (si veda la gestione di Casemiro, Isco e James) sia da un punto di vista mentale. La filosofia dell'allenatore francese si basa su un controllo illusorio del gioco, soprattutto con avversari meno blasonati, che non disdegna l'adattamento e la modificazione in corsa anche contro questo tipo di sfidanti. Sotto la sua gestione, il Real ha migliorato approccio e lettura delle singole partite, 'picchiando duro' quando c'è da picchiare duro e affondando il colpo quando c'è da affondare il colpo. Nonostante l'iniziale diffidenza, nei confronti di un allenatore alle prime armi, Zidane si è preso la scena non soltanto a livello di trofei ma anche e soprattutto grazie alla sapiente gestione delle situazioni individuali. Il Real, attualmente, è un arsenale completo e disponibile a colpire in ogni momento, con le modalità più disparate.
Le innumerevoli alternative e lo stato di forma eccelso di alcuni protagonisti coprono le inevitabili lacune di una squadra tormentata dagli infortuni. Un Ronaldo superlativo (5 gol al Bayern tra andata e ritorno) maschera la pessima forma di Bale e Benzema, i quali sembrano ben lontani dall'essere quelle macchine schiacciasassi di poco tempo fa. La chiave di lettura tattica dei blancos è da ricercarsi proprio nella trasformazione, graduale, del Ronaldo esterno d'attacco nel Ronaldo punta centrale. Il tutto plasmando un giocatore letale, che attacca l'area come nessuno e in più svaria su tutto il fronte d'attacco. La sua evoluzione personale ha portato alla nascita di un nuovo concetto di 'centravanti', ancora indecifrabile per le difese avversarie. L'equilibrio, garantito dalla cerniera Casemiro, combinata con la tecnica raffinata di Modric e Kroos, dà vita ad uno dei pacchetti di centrocampo più temibili d'Europa, capace di dettare i ritmi come pochi su questo pianeta. Proprio la variabile ritmo potrebbe risultare fondamentale per questo tipo di match, soprattutto se l'Atletico dovesse mantenere alta l'intensità per tutti i 180 minuti, a quel punto il Real potrebbe perdere il pallino e andare in difficoltà, soprattutto dietro.
La difesa, infatti, è forse l'unica potenziale nota dolente di una squadra costruita per far sì che i singoli lavorino per loro e per gli altri. In realtà, per 3/4 del pacchetto arretrato, parliamo di giocatori indispensabili alla fase offensiva della squadra di Zidane: Sergio Ramos con i suoi gol (che hanno già fatto piangere l'Atletico in due occasioni), Carvajal e Marcelo con le loro sgroppate. Le assenze contemporanee di Pepe e Varane lasciano un buco enorme (mal ricoperto da Nacho) accanto all'onnipresente Ramos. Se il Real Madrid ha un punto debole è proprio la gestione di alcune situazioni difensive, ma quando i blancos devono colpire hanno tempi e uomini per farlo alla perfezione.
COME ARRIVA L'ATLETICO MADRID
Piangere sul latte versato equivale a fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Sembra una banalità, ma il 'Cholo' Simeone ha imparato sulla propria pelle a far tesoro dei momenti negativi. Spesso, però, la sorte e il destino si uniscono in un connubio mortale, che non lascia spiragli di gloria a chi meriterebbe almeno una parziale rivincita nei confronti della propria storia. L'ennesimo derby europeo, contro gli odiati cugini, mette l'Atletico di fronte al proprio passato. Non solo. Il riflesso, nelle divise bianco candido dei propri avversari, sembra accarezzare anche un presente vivo ed esaltante a fronte di un futuro indecifrabile e ancora tutto da scrivere. Già, perché un'altra occasione sprecata, a pochi metri dal traguardo, sarebbe imperdonabile e allo stesso tempo inconcepibile, nonostante quattro lunghi (e miracolosi) anni ad altissimi livelli. Organizzazione di gioco e di squadra, sacrificio singolo e collettivo, volontà di sovvertire i pronostici e scardinare le attese. Il 'cholismo' non è un banale catenaccio filo-nostrano. Il 'cholismo' è un modo diverso e unico di inquadrare l'avversario, metterlo a fuoco adattandosi ad esso.
Il 'cholismo' ha portato frutti concreti e risultati insperati ad una piazza profondamente segnata da complessi di inferiorità. E' ovvio e ineluttabile che il confronto tra bianchi e biancorossi, almeno sulla carta, non regge. Fatturato, risorse, organico, qualità tecniche. L'ago della bilancia pende, da 110 anni di storia, dalla parte più comoda. E oggi, dopo tutto questo tempo, il pronostico non ha alcuna voglia di cambiare bandiera viste a priori le parti in causa. Il Real dei galacticos, alla settima semifinale di Champions consecutiva, contro un Atletico mangia-polvere e mangia-avversari, un Atletico che stressa, stanca, lavora, soffre ma alla fine porta a casa la pagnotta. Se dev'esserci disequilibrio, disequilibrio ci sarà poiché è la storia a imporlo. Il 'cholismo', dunque, è un modo diverso di intraprendere una battaglia persa in partenza, combattendola (almeno per 90 o 180 minuti) ad armi pari. Se il Real ha cambiato modo di concepire e affrontare l'avversario, negli ultimi anni, lo deve proprio agli innumerevoli scontri con l'Atletico di Simeone.
L'accortezza tattica, con cui il tecnico argentino prepara ogni singola partita, hanno portato prima Ancelotti e poi Zidane a formulare una strategia diversa per adattarsi all'Atletico che a sua volta si adattava precedentemente al Real'. Questo gioco trasformistico, apparentemente senza senso, è come una partita a scacchi senza fine dove le precauzioni tattiche non sono altro che i pezzi della scacchiera, pronti all'uso, ma mossi inaspettatamente dai singoli (e decisivi) episodi nell'arco di una partita. Saper interpretare i momenti, cogliere gli attimi, e 'incanalare' gli episodi dalla parte giusta è il modus operandi necessario per competere ad un livello così alto, dove ogni dettaglio finisce per fare la differenza. Se il Real ha Cristiano Ronaldo come valore aggiunto, l'Atletico ha Griezmann. Le 'petit diable' ha completato il suo processo di maturazione tecnica e caratteriale, calandosi alla perfezione nella mentalità del 'Cholo', nonostante un'interpretazione un tantino diversa del ruolo di centravanti. Nel 4-4-2 'colchonero', infatti, Antoine ricopre un ruolo più 'alla Mertens' per intenderci, legando il gioco con movimenti incontro (ma anche in profondità), sfruttando alla perfezione il lavoro sporco della sua 'spalla'. Proprio la scelta dell'individuo da mettere accanto al francese sta creando non pochi problemi a Diego Simeone.
Siviglia e Gameiro apparentemente incompatibile col numero 7 biancorosso. Tuttavia, nonostante gli evidenti problemi, il 'Cholo' Simeone ha le taumaturgiche capacità per riuscire a spremere il massimo da ogni giocatore mandato in campo, e questa è senza dubbio una buona ragione per essere ottimisti. Come già detto in precedenza, la gestione del ritmo (e di conseguenza delle energie, sarà fondamentale nell'arco dei 180 minuti e in questo l'Atletico non ha nulla da invidiare a squadre più blasonate. La vitalità e la tecnica di Koke, abbinate con la saggezza tattica del sempreverde Gabi, garantiscono copertura e impostazione in egual misura, preoccupandosi di mantenere le giuste distanze tra i reparti. Questa squadra, oltre al grande cuore, ha anche qualità tecniche importanti e da non sottovalutare. Oltre al già citato Griezmann, non possiamo non sottolineare gli strappi di Ferreira Carrasco e Saul Niguez, con quest'ultimo sempre più 'uomo-Europa', mentre il belga ha già fatto male al Real nella finale di San Siro.
La difesa e l'organizzazione senza palla della squadra rasentano costantemente la perfezione, sia come qualità che come numeri (al pari della Juventus, per farci un'idea). Se l'altra sponda di Madrid, quella vecchia sporca e brutta, potesse scegliere undici giocatori per essere rappresentata contro i cugini, sceglierebbe senza dubbio l'Atletico di Simeone, con tutti i suoi pregi e i suoi numerosi limiti. Sceglierebbe i 'colchoneros' senza dubbio, perché il loro cuore, la loro grinta e il loro carattere vanno al di là di ogni dimensione umana, almeno per 180 minuti. Giusto quel che serve, per tentare un'impresa storica.