Da una sconfitta si impara sempre qualcosa, si analizzano gli errori cercando di ridurli o eliminarli del tutto nei match successivi. Ecco, questo non è successo al Barcellona di Luis Enrique che, dopo la disfatta di Parigi di due mesi fa, è ricaduto nella stessa trappola venendo strapazzato da una Juventus dominatrice in ogni zona del campo e in ogni fase, sia essa difensiva che offensiva. La squadra blaugrana non è stata capace di esprimere il proprio gioco e se qualche volta lo ha fatto il ritmo lasciava molto a desiderare, come le scelte di Luis Enrique che non ha saputo modellare la squadra per evitare la stessa imbarcata, perdonate il gioco di parole, presa a Parigi nel giorno di San Valentino. Un'altra disfatta, l'ennesima di una stagione costellata da alti e bassi e questa volta la rimonta sarà davvero difficile.
Difficile perché la Juventus la conosciamo tutti e, negli ultimi anni, anche l'Europa ha imparato a conoscere e temere una squadra organizzata, coriacea e da quest'anno temibile come le altre big anche in attacco grazie al modulo che ha trovato la sua consacrazione ieri sera. Higuain si è visto poco ma ci ha pensato Dybala con una notte da marziano. Torniamo al Barcellona su la cui prestazione c'è da dire poco e tutto. Luis Enrique decide di perderla già prima del fischio d'inizio quando nell'undici titolare compare il nome di Mathieu in una difesa a tre che non può garantire sicurezza contro l'attacco a cinque stelle della Juventus. Ecco, non ce ne voglia il francese, ma il Barcellona ha bisogno di altri giocatori nel pacchetto arretrato, il numero 24, quando è stato chiamato in causa, ha sempre deluso le aspettative.
Il problema non risiede solo nella terza linea perché nel 3-3-1-3 Sampaolistico, allievo del professor Bielsa, i giocatori non coprono i giusti ruoli tanto che Iniesta e Rakitic sono costretti a fare gli esterni di centrocampo, con Sergi Roberto proposto esterno in un insolito tridente e Messi libero di fare ciò che vuole tra le linee. Una squadra sfilacciata, dunque, e con un centrocampo in cui Mascherano non riesce a fare da collante e in questo caso l'assenza di un giocatore come Busquets pesa come un macigno. L'andamento del match lo si capisce già dai primi minuti quando i portatori di palla blaugrana vengono pressati e raddoppiati quando devono impostare l'azione e in cinque minuti Ter Stegen tocca più palloni della MSN messa insieme, cosi per dire.
Sembra l'inizio dello spartito suonato contro il Psg e la prima nota strapazza le orecchie di Luis Enrique dopo pochi minuti quando, inevitabilmente, sulla fascia destra Cuadrado saluta Mathieu e il solo Dybala ha tutto il tempo di depositare in rete come se fosse al campetto dell'oratorio contro una squadra di over 50, troppo facile. Difficoltà, amnesie difensive ed errori caratterizzano la partita del Barca nei primi venti minuti e il solo Messi non può infilzare la difesa più forte del mondo mentre, dall'altra parte, basta un contropiede e Dybala batte Ter Stegen per la seconda volta, con l'evidente errore di Mascherano nella circostanza, senza senso di posizione in questo caso.
Di Neymar e Suarez si parlerà poco o troppo, sono stati fantasmi nella serata dello Stadium anche se il secondo ha divorato una palla gol non da lui mentre il primo, forse, era scosso dalla squalifica che gli farà saltare il Clasico contro il Real Madrid. Tornando all'aspetto tattico della partita, Luis Enrique nell'intervallo si accorge di aver fatto la frittata ed inserisce Andrè Gomes in un insolito ruolo di regista al posto di Mathieu, spostando Mascherano al centro della difesa con Umtiti a sinistra contro Cuadrado, una follia bella e buona, in panchina siede un certo Jordi Alba che da un mese non vede più il campo ed il motivo, sinceramente, è sconosciuto a tutti.
L'inizio ripresa dei catalani è la classica miglioria prima della morte perché Messi prova ad accendere la fiamma ma nessuno lo supporta ed ecco che dopo dieci minuti Chiellini la spegne con un colpo di testa ed il secondo errore grave di Mascherano. Le mani in faccia di Messi dopo il terzo gol sono l'emblema di una squadra che sembra essere arrivata alla fine di un ciclo. Luis Enrique ha già dato l'addio e la clamorosa rimonta contro il Psg assomiglia a quel colpo di coda finale prima dell'uscita di scena per ritornare sotto altre forme e con altri interpreti, perché in questa squadra qualcuno è di troppo ed il riferimento non va solo ai soliti noti ma anche agli acquisti sbagliati e a chi, forse, ha perso gli stimoli.
La partita va avanti solo per la Juventus che potrebbe segnare il quarto gol infilando una difesa che non esiste più e gli acuti di Messi non sortiscono effetti in una difesa pressoché perfetta dei bianconeri, al contrario di quella del Barcellona. Un Barcellona opaco ma non è una novità, in trasferta i catalani hanno perso 6 delle 7 partite in stagione, di cui 5 solo nel 2017. Nelle varie Coppe le sconfitte contro Paris Saint Germain e Athletic Bilbao sono state ribaltate, ma la sensazione è che questa volta il grido "Remuntarem" assomigli più ad una preghiera vana che a una speranza e quelle mani sul volto rappresentano un'altra maschera, quella della resa incondizionata.