Nonostante il risultato negativo, non è tutto da buttare per l'Italia Under 21, che nella sfida amichevole di ieri ha disputato un'ottima prestazione contro la nazionale spagnola di categoria. Affrontando un avversario di livello superiore, gli azzurrini hanno spesso messo alle corde gli iberici, sfiorando a più riprese il 2-2 e confermando quanto di buono visto in tutta la gestione Di Biagio. La voglia di rivalsa degli atleti italiani, mista ad un bacino tecnico non indifferente, ha colmato infatti il gap con gli spagnoli, più forti e sicuramente esperti, come evidenziato fin dai primi minuti di gioco.
Differentemente dai nostri colori, infatti, la Spagna ha subito impressionato per la solidità mentale dei propri interpreti, atleti abituati ai grandi palcoscenici grazie anche alla fiducia riposta in loro dai maggiori club europei. In ogni zona del campo, la Rojita ha potuto schierare giocatori esperti e talentuosi, come per esempio Bellerin o Saul, da tempo titolari, rispettivamente, di Arsenal ed Atletico Madrid. O Denis Suarez, che si sta ritagliando sempre più spazio al Barcellona. Se poi a questi aggiungiamo gente come Inaki Williams o Asensio, particolarmente coccolati da Bilbao e Real Madrid, ecco che la differenza teorica si manifesta in tutta la sua evidenza.
Certo, così come per quelli spagnoli, anche i nostri colori hanno schierato giocatori già abituati alla nostra Serie A, lontani, però, dallo sguardo protettore delle big. Se si esclude il solo Mandragora, di fatto mai schierato dalla Juventus anche a causa di un infortunio che lo ha visto protagonista, nessun calciatore azzurro milita in club di prima fascia, con i soli Benassi, Pellegrini e Berardi titolari di Torino e Sassuolo, club che hanno in qualche modo saggiato l'Europa negli ultimi anni. In difesa, poi, la differenza appare più netta, soprattutto se si paragona ruolo per ruolo i calciatori. Mentre infatti la Spagna, nella serata di ieri, schierava titolari fissi di Gijon e Bilbao, Lopez e Mere, Di Biagio sceglieva Biraschi e Mandragora, appunto, tutt'altro che protagonisti con la maglia di Genoa e Juve.
A centrocampo la differenza è stata meno marcata, anche se la Rojita ha impressionato con Llorente, titolare dell'Alaves, Suarez e Saul, a cui non servono presentazioni. A confronto, Benassi e Pellegrini quasi impallidiscono, nonostante l'ottima stagione con Sassuolo e Torino. Senza citare Cataldi, riserva nella Lazio ed utilizzato maggiormente dal Genoa, che lo ha prelevato in prestito a gennaio. Addirittura in attacco, la forbice non si è ridotta. L'attaccante spagnolo Mayoral, infatti, ha già giocato diciassette volte con il Wolfsburg, mentre Cerri ha trascorso buona parte di stagione come riserva della Spal, trovando solo ora spazio, seppur minimo, al Pescara di Zeman.
Messa così, quest'analisi sembrerebbe una distruzione ingiusta di quanto visto ieri, una sfida dove due belle squadre si sono affrontate colpo su colpo, senza risparmiarsi e scendendo in campo con la voglia di vincere. Notare quanta differenza sia intercorsa tra le due squadre, ieri, dimostra però ancora una volta diversi modi di intendere il calcio. Se da un lato, infatti, la realtà spagnola scommette sempre più sui propri giovani, detenendone il cartellino e lanciandoli senza "perderli" nel turbinio dei prestiti, dall'altro quella italiana ancora fatica, preferendo ancora calciatori stranieri rispetto ai nostri talenti.
Un cambio di passo sarebbe dunque opportuno, considerando soprattutto il valore dei giovani che stanno lentamente affermandosi, atleti molto dotati che potrebbero aprire un nuovo ciclo del nostro calcio, se supportati però anche dai grandi club che, senza pressioni o l'obbligo di fare tutto bene e subito, potrebbero consentir loro di acquisire quella consapevolezza utile per affermarsi definitivamente nel calcio che conta.