Di passaggio, di ritorno in quel di Firenze, per un pomeriggio. Fatih Terim nel capoluogo toscano ha lasciato un pezzo di cuore, nonostante la breve permanenza (solo 20 giornate). Un'esperienza terminata per screzi con Vittorio Cecchi Gori, ma il suo ricordo del calcio italiano rimane limpido, avendo lasciato comunque un segno importante, soprattutto alla Fiorentina.

"Sono stato a Firenze solo dieci mesi eppure i tifosi viola ancora mi adorano perché ero diventato più fiorentino dei fiorentini. Volevo vincere perché questa città deve vincere: vince ogni giorno nel mondo per la sua bellezza, deve vincere anche nel calcio", afferma il tecnico turco, in un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport. Tra passato e presente viola, l'allenatore sottolinea soprattutto due aspetti della compagine toscana: il possesso a volte sterile e i talenti a disposizione, uno su tutti. "La Fiorentina ha buoni giocatori ma non ha ferocia: 'titic­titoc' e poi? Bernardeschi ha colpi interessanti e il piccolo Chiesa è un progetto da non perdere di vista, deve diventare più forte del padre: io ho inventato Enrico Chiesa prima punta, anche se all’inizio non ci eravamo capiti".

In Italia, però, Terim asseconda la teoria per cui la Juve è senza rivali ("può giocare con qualsiasi modulo perché ha un organico troppo più ricco"), mentre a livello Europeo identifica nel Real Madrid la squadra da battere, anche per l'organico e per i due principali campioni che il tecnico identifica: "In un calcio pieno di turnover e di infortuni, Sergio Ramos e Cristiano Ronaldo giocano sempre. Anche le amichevoli più inutili. Perché oltre a essere due campioni hanno una cura maniacale del loro corpo, della loro 'macchina'. A tutti i giovani dico: imparate da loro".

Terim, oltre ad essere un attento osservatore del calcio europeo, è anche impegnato con la sua Nazionale della Turchia, in vista delle qualificazioni a Russia 2018. "Girone terribile, la Croazia è una squadra di fenomeni: forse andrò ai play­off, spero di non incrociare l’Italia che rischia di arrivare dietro la Spagna. La Turchia deve crescere, cambiare passo. Ho fatto togliere il limite di calciatori stranieri, ma deve arrivare gente di valore per alzare il livello del campionato". Attualmente, la nazionale risiede dietro anche Ucraina e Islanda.

Aldilà dei problemi calcistici, però, si nascondono anche problemi di natura ben diversa. "Siamo un Paese complicato - afferma l'allenatore, parlando del difficile momento storico e politico che la sua terra sta attraversando - Quando c’è stato l’attentato all’aeroporto Ataturk ero decollato da appena sei ore. Ci sono continui attentati. Ora c’è un momento di tregua perché nei prossimi mesi ci sarà un referendum costituzionale. Chissà cosa succederà dopo. Ai miei figli ho detto: 'Questa è la mia terra, qui ci sono le mie radici: io non me ne andrò mai ma se voi scegliete un’altra vita vi capisco'. Molti giovani stanno lasciando la Turchia. Ho fiducia in Erdogan, ma la paura è una brutta compagna di viaggio e molti calciatori importanti non vengono a Istanbul perché le loro famiglie non vogliono".