"Mes que un Club". Quattro lettere, solo quattro, ma dotate di un peso specifico che oltrepassa la facciata della Sagrada Familia. Quattro lettere che non compongono uno slogan o un coro, bensì uno stile di vita, un simbolo di appartenenza e di integrazione che solo poche realtà sportive possono vantarsi di avere. Una di queste è il Barcellona, perché ciò che tutto il mondo ha visto ieri va oltre l'aspetto sportivo e oltrepassa quel confine tra storia e leggenda, che si può ammirare nei poemi Omerici o nelle storie che navigano nell'eterno dell'antica Grecia.
Ieri non erano solo "300", ma 11+centomila a scrivere qualcosa che mai nessuno aveva realizzato prima d'ora in 185 precedenti nella storia delle competizioni Europee. Nessuno è stato capace di rimontare quattro gol in una sola notte, mai nessuno sognava di farlo realizzando tre gol negli ultimi sette minuti, nemmeno il miglior Tarantino si sarebbe immaginato di creare un finale cosi epico per un suo film. Si, perchè la partita (se cosi si può chiamare) di ieri è stata un vero e proprio film, in cui ogni sensazione ed emozione è balzata fuori col passare dei minuti. Poi ci pensa il destino, e quando c'è di mezzo lui non ci si può nascondere.
Per raccontare al meglio la folle notte del Camp Nou bisogna partire dall'inizio, dalla genesi del miracolo leggendario, con le scelte tattiche che, tutt'ora, si fa fatica a comprendere, visto che Luis Enrique schiera i suoi con un 3-4-3 che si trasforma, a seconda delle fasi, in 3-3-1-3 o 4-3-3. La tabella di marcia dice che il Barca deve realizzare un gol ogni ventidue minuti e mezzo per poter arrivare ai supplementari, diciotto per passare direttamente. L'inizio è subito bruciante perché da un'azione confusa, non proprio da Barcellona, nasce il vantaggio grazie alla zuccata di Suarez. Ecco la prima emozione: la speranza, perché ci sono ottantasette minuti davanti per poter compiere quello che nessuno ha mai fatto.
La partita è strana, gli uomini di Luis Enrique devono giocare all'attacco ma, al contempo, non devono concedere contropiedi al Psg, perchè Lucas, Draxler e Cavani in campo aperto possono far davvero male. E' un match che la squadra di Lucho imposta molto sulla quantità, sulla ricerca forsennata del pressing che alle volte diventa asfissiante, costringendo Verratti e Rabiot a sbagliare passaggi elementari e, su uno di questi errori, nasce il raddoppio. Ancora una volta, casuale. Una giocata irreale di Iniesta fa carambolare il pallone su Kurzawa per il raddoppio alla sirena della prima frazione. Il Barcellona è in perfetto "orario" con il treno della Remuntada.
L'inizio di secondo tempo è il replay del primo, perché dopo tre giri di lancette Meunier atterra Neymar e Messi butta giù la porta. La speranza diventa bolgia ma è qui che la partita diventa insidiosa per gli uomini di Luis Enrique che, nonostante i quaranta minuti a disposizione, si sbilanciano. Emery capisce che è ora di inserire Di Maria per sfruttare al meglio gli spazi che il Barca lascia soprattutto sulla fascia destra, visto che Rafinha gioca solo da ala e in fase di copertura regge pochissimo. Basta un'avvisaglia e le certezze Blaugrana crollano dopo un'ora: Cavani si riscatta dal palo precedente e insacca sotto la traversa, gelo più totale. La speranza sembra morta.
Il romanzo inizia proprio da qui, dalle certezze Parigine e dal coraggio Barcellonista, il coraggio di Luis Enrique che getta nella mischia Andre Gomes, Arda Turan e Sergi Roberto. E' difficile trovare un momento di svolta del match, ma la sliding-door, forse, è rappresentata dagli errori clamorosi di Cavani e Di Maria, i quali falliscono due occasioni limpide. Sette minuti alla fine, sette come i peccati capitali. E la squadra di Emery ne commette uno clamoroso: superbia. La punizione di Neymar riaccende una piccola fiammella che arde il fuoco del Camp Nou due minuti dopo, quando Marquinhos stende Suarez in area. Stavolta è il Brasiliano che insacca dal dischetto.
Dal romanzo si passa al Thrilling per entrambe le squadre, con cinque minuti che separano il limbo dal paradiso Parigino o l'inferno Blaugrana. Saltano gli schemi, il Psg non riesce più ad uscire. All'ultimo secondo Neymar disegna un arcobaleno, un pallone che non scende mai e che il Camp Nou soffia per trasmetterlo al piede destro di Sergi Roberto, che ringrazia e gonfia la rete, all'ultimo secondo. Nella maniera più incredibile possibile, con il Camp Nou che diventa un catino infernale a cielo aperto. Ma negli inferi ci va il Paris Saint Germain e tutti i suoi effettivi, che sogneranno ogni notte questa partita dai mille volti, dalle mille emozioni. Dalle mille scene con la folle corsa di Luis Enrique, da Messi che va dal suo popolo battendosi il petto in segno di appartenenza, come quelle quattro lettere che valgono molto più di uno slogan: Mes que un Club.