In principio fu la Juventus con Dybala. Poi, progressivamente, una serie di veti posti dai club. E fu così che ad un mese dall'inizio del torneo di calcio delle Olimpiadi di Rio 2016 la nazionale Argentina si ritrovò con nove giocatori a disposizione sui 35 convocati inizialmente dal CT Gerardo Martino. Che ieri, per chiudere il cerchio del caos in bellezza, ha rassegnato le proprie dimissioni dopo uno scambio di battute a distanza piuttosto acceso con il presidente del Comitato Olimpico. Chiariamo: i club non sono tenuti, come succede in altre date fissate dalla FIFA, a lasciare andare i propri tesserati per i giochi a cinque cerchi, quindi giustamente possono arrogarsi il diritto di scelta. I calendari interni stilati dalle società hanno poi portato all'ovvia conseguenza di una maggioranza di rifiuti.

Il caso della Selecciòn è ovviamente quello che più risalta in mezzo agli altri, essendo la favoritissima tra le 16 nel lotto in quanto a talento, alla pari con il Brasile. Martino si sarebbe trovato nella scomoda situazione di dover iniziare il ritiro solamente con Rulli, Werner, Gomez, Martinez, Espinoza, Paredes, Lo Celso, Silva e Correa a propria disposizione. Ovviamente, riflettendo a fondo sulla situazione, emergono una serie di giustificazioni per il comportamento dei club, anche senza dover per forza analizzare caso per caso.

"Cedere" un giocatore alla Nazionale significherebbe perdere una propria pedina per (quasi) tutto il ritiro pre-stagionale, ritrovandolo nel migliore dei casi intorno alla metà di agosto. Le ultime annate hanno dimostrato quanto conti per una squadra una condizione fisica uniforme e soprattutto controllata dallo staff tecnico e medico, specialmente in situazioni di rosa accorciata o rotazioni ristrette. Già una competizione come l'Europeo o la Copa America ritarda di qualche settimana l'arrivo in ritiro di alcuni elementi, solitamente peraltro i pezzi più pregiati, condizionandone la stagione sotto il punto di vista fisico.

L'esempio più lampante a riguardo è quello di Arturo Vidal, che ha disputato il Mondiale del 2014 convivendo con un problema serio al ginocchio ed è rientrato alla Juventus con numerosi problemi, tornando ai propri livelli solamente intorno a febbraio/marzo. Caso forse estremo, ma altrettanto probante: immaginando che si ripresenti una situazione simile con un mese di ritardo, il club rischierebbe di perdere quel giocatore per la quasi totalità dell'annata. Potendo evitare una situazione simile, è normale che i club si cautelino, soprattutto coloro i quali hanno prestato giocatori anche per la Copa America Centenario, nel caso dell'Albiceleste.

Il problema di calendario si evidenzia maggiormente considerando anche l'arco di durata delle stagioni, dato che in Europa si comincia a giocare piuttosto presto ad agosto e tanti dei giocatori chiamati inizialmente da Martino sono dei titolari nelle rispettive rose. Non solo preparazione dunque, ma anche eventuali partite di campionato saltate, ed in alcuni casi anche dei trofei (Supercoppe varie). Le Nazionali potrebbero fare leva sulla volontà dei giocatori, i quali però difficilmente si schiererebbero contro la società di appartenenza, mettendo di conseguenza sul piatto anche i loro minuti in campo durante la stagione.

Viene dunque a crearsi una situazione paradossale, ambigua e soprattutto evitabile: la FIFA non ha più voce in capitolo per Rio 2016 e, in accordo con le altre federazioni continentali (e di conseguenza anche con le varie leghe ed i club), non si è "permessa" di inserire tra le date obbligatorie di rilascio dei giocatori anche quelle del torneo di calcio olimpico, al quale prendono parte selezioni under-23 con possibilità di aggiungere dei fuori-quota. I club, la maggior parte, sostengono le proprie ragioni in maniera non biasimabile, anteponendo i propri preziosi interessi (e patrimoni economici, i tesserati) alle richieste delle varie Selezioni. 

Va da sé che la situazione creatasi arrechi disagi e non faccia altro che peggiorare i rapporti, già normalmente tesi, tra società e nazionali. Disagi evitabili da una collaborazione tra il CIO ed una FIFA che, dopo l'elezione di Infantino a presidente, non ha logicamente potuto modificare i propri regolamenti per questioni di insufficiente tempo a disposizione. Gli ultimi strascichi della sciagurata gestione Blatter tornano a manifestarsi, in attesa di un cambiamento concreto ed efficace e con la fioca speranza che l'Argentina possa volare in Brasile. Lo spettacolo di certo ne risentirebbe.