Giunto agli Europei di Francia 2016 dall'alto della posizione numero due del ranking Fifa, il Belgio di Marc Wilmots era dato da appassionati e addetti ai lavori come una delle squadre favorite per la conquista del titolo continentale. Sorpresi all'esordio a Lione dall'Italia di Antonio Conte, i Belgian Red Devils hanno approfittato di un girone non impossibile (regolate senza troppi affanni sia Irlanda che Svezia nel gruppo E) per qualificarsi agli ottavi di finale della parte alta del tabellone (quella sulla carta più agevole), dove hanno poi incontrato e strapazzato la sorprendente Ungheria. 

E l'Europeo sembrava mettersi davvero bene per gli uomini di Wilmots, in vantaggio anche ieri dopo una decina di minuti contro il Galles di Gareth Bale e Aaron Ramsey, grazie a una sassata di Radja Nainggolan, sempre più leader anche della sua nazionale.

Contro una squadra meno talentuosa ma nettamente più organizzata come quella allenata da Chris Coleman, il Belgio si è progressivamente spento sotto la pioggia del Pierre Mauroy di Lille, a una ventina di chilometri da casa, quasi a renderne più facile l'uscita dagli Europei. Nazionale traboccante qualità dalla cintola in su (Witsel e Nainggolan in mediana, Hazard, Ferreira Carrasco, Mertens e De Bruyne come mezze punte, Lukaku, Origi e Batsuhay in attacco), i diavoli rossi sono spariti dal campo, facendosi sorprendere dal gioco razionale e senza fronzoli dei gallesi, capaci prima di agguantare il pareggio con il ruvido difensore centrale Ashley Williams, colpevolmente perso a centro area su calcio d'angolo, per poi passare al sorpasso con Robson-Kanu a inizio ripresa. Novanta minuti in cui tutti i limiti dell'improvvisazione tattica di Marc Wilmots sono venuti a galla, stavolta con minori attenuanti rispetto al match contro l'Italia, comunque esordio di una grande competizione e sempre partita a rischio. Distanze errate tra i reparti, mancata comunicazione in fase difensiva e marichiani errori individuali hanno segnato il destino del Belgio, definitivamente steso dalla zuccata di Vokes in un finale di partita all'arma bianca ma che ha sorriso alla maggiore solidità del Galles, ora in semifinale con il Portogallo contro ogni pronostico.

Eppure, al netto di qualche infortunio di troppo nel reparto arretrato - Kompany neanche convocabile, poi Vermaelen e Veronghen k.o. nel corso della competizione - i vicini di casa della Francia avevano tutto per poter sfondare, dal talento con muscoli in mediana di Axel Witsel e Radja Nainggolan, alla classe di Eden Hazard e Kevin De Bruyne, fino ad arrivare all'estro imprevedibile di Dries Mertens e Yannick Ferreira Carrasco. Niente che fosse però adeguatamente connesso, in un 4-2-3-1 che ha mostrato le difficoltà dei terzini a coprire tutta la fascia e del trio dietro l'unica punta Lukaku a ricompattarsi con il resto della squadra in fase difensiva. A completare il disastro ci ha pensato il commissario tecnico Wilmots, che ha fatto più volte sfoggio di arroganza senza poterselo concedere, inabissando il Belgio con scelte tecniche e tattiche discutibili. Come l'inserimento nell'intervallo di ieri di Marouane Fellaini, centrocampista sopravvalutato per qualche golletto segnato in carriera, messo davanti alla difesa con l'avanzamento di Nainggolan. A farne le spese il giovane Ferreira Carrasco, rimasto senza un perchè negli spogliatoi, e Kevin De Bruyne, costretto ad agire sull'esterno nonostante prediliga giocare centralmente e a tutto campo.

Ecco un altro dei paradossi di questa edizione del Belgio: con a disposizione una batteria di velocisti di qualità, la squadra di Wilmots non ha mai avuto un'alternativa al possesso di palla con qualche spunto personale di Hazard, mentre sarebbe stato più efficace nelle ripartenze negli spazi, anche per aiutare la linea difensiva, lenta e in difficoltà contro attaccanti veloci e con molti metri da coprire all'indietro. Invece, ogniqualvolta i Red Devils si sono abbassati nella loro metà campo, lo hanno fatto in maniera passiva, concedendosi alle iniziative avversarie, sulle quali nemmeno Thibaut Courtois ha potuto granchè. Con ogni probabilità termina qui l'avventura di Wilmots sulla panchina della nazionale di Bruxelles, ancora giovane e con grandi margini di miglioramento, da colmare in fretta prima di trasformarsi in una grande incompiuta.