1-1. 0-0. 3-3. 0-0. 1-1. Una simmetria centrale di pareggi nei 90 minuti che per il Portogallo vale la semifinale di Euro 2016. Una squadra che è stata in vantaggio per soli 22 minuti su un totale di 490 risulta tra le migliori quattro di un torneo continentale; immediatamente, a caldo, è logico pensare al fattore C, definito "fortuna" in maniera più politically correct. In ogni competizione calcistica che prevede gare di play-off e tabelloni formati da sorteggi questo è indubbiamente un aspetto da tenere in considerazione, eppure ridurre solamente all'indice della dea bendata il cammino lusitano può apparire riduttivo.
La Polonia è stata l'ultima vittima in ordine cronologico, caduta dagli undici metri ma graziata varie volte nell'arco dei regolamentari e dei supplementari. Fernando Santos, sagace CT dei lusitani accolto come salvator patriae al momento della firma dopo una serie di delusioni a livello internazionale, ha tolto dal cilindro un altro coniglio, dopo l'ingabbiamento della Croazia: niente orecchie lunghe questa volta, ma piuttosto delle folte trecce, una personalità disarmante e tanto talento. Renato Sanches ha esordito da titolare all'Europeo sfoderando una prestazione a tutto tondo, assumendo il ruolo di leader del centrocampo sfruttando la propria forza fisica e la capacità di muoversi sempre con i tempi giusti.
Il gol del pareggio, un sinistro da fuori deviato peraltro da Krychowiak, è solamente la ciliegina sulla torta di una partita giocata dal neomaggiorenne (la carta d'identità parla di 18 anni e 316 giorni) con il carisma e l'esperienza di un veterano, ancora più evidenti nel rigore durante la lotteria finale: dritto per dritto, all'incrocio dei pali, potente e preciso. Dopo essere sempre stato la prima alternativa dalla panchina, Santos l'ha mandato in campo da titolare trovandosi immediatamente ripagato con il gol... del pareggio. Una X che è perdurata fino al 120', che un Cristiano Ronaldo enormemente sotto tono non è riuscito a togliere dal tabellone, così come non sono riusciti Lewandowski, Krychowiak e compagni, nonostante l'ottima lucidità dei due citati durante tutta la gara.
Un'altra partita non esattamente da annali del calcio per emozioni, come siamo stati abituati dai lusitani, i quali l'unica volta che han divertito è stata contro l'Ungheria, pareggiando per 3-3 aggrappandosi a CR7. Per il resto, risultati deludenti corrisposti a prestazioni di livello: ottimo il giropalla nelle prime due uscite ma con troppe occasioni divorate sotto porta, altrettanto successo ha avuto invece l'assetto difensivo utilizzato contro la Croazia, parzialmente riproposto ieri contro la Polonia, nonostante un errore di troppo sul gol che ha sbloccato il punteggio dopo due minuti. L'impressione è che Santos non punti a vincere le partite, conoscendo soprattutto l'indole dei suoi a sbilanciarsi e farsi sorprendere in contropiede, bensì a non perderle, cercando sempre di mantenere un equilibrio che per ora sta portando frutti.
Se il Portogallo non perde mai è anche per merito di chi non è abituato a perdere. Pepe ne è la prova: bistrattato, spesso apostrofato in modi poco gentili (con parziale ragione), ma anche dimenticato. Ieri sera il centrale del Real Madrid ha disputato una partita perfetta, senza sbavature, riuscendo a contenere le sfuriate di Milik e Lewandowski e proponendosi anche più di una volta in zona gol e con ribaltamenti di fronte puntuali tanto quanto le sostituzioni di Santos. Sì, i cambi, i subentrati. I nomi di chi si è alzato dalla panchina per entrare in campo sono: Ricardo Quaresma, Joao Moutinho, Danilo Pereira. Con Andre Gomes indisponibile e Rafa Silva rimasto seduto. Insomma, il quantitativo di talento lusitano è davvero di rango superiore a quello medio della competizione, quindi il fatto che presenzi al ballo delle semifinaliste dovrebbe sorprendere solo relativamente.
Il centrocampo reinventato a quattro con movimenti ad allargare sugli esterni mantenendo sempre due uomini centrali è una soluzione che per ora sta convincendo, unisce tecnica a solidità. Difficile parlare di un modulo, forse è un 4-4-2, a volte un 4-1-3-2, altre ancora un 4-1-4-1. L'importanza del gioco lusitano passa solo ed esclusivamente dalle letture delle situazioni, una costante che dovrà accompagnare anche nel prosieguo del cammino. E a proposito: attenzione, perchè questo Portogallo non solo non sa perdere, ma dovrebbe anche ritrovare il talento perduto di Cristiano Ronaldo. Realisticamente impossibile pensare che il fenomeno di Madeira sbagli un'altra partita, o forse due. L'appuntamento con la storia si avvicina sempre di più.