Considerata da molti la favorita della parte alta del tabellone di Euro 2016, la Croazia del commissario tecnico Cacic si lecca ancora le ferite per la beffarda eliminazione di Lens, subita dal Portogallo e materializzatasi solo a una manciata di minuti dai calci di rigore. Il colpo di testa a porta sguarnita di Ricardo Quaresma ha infatti spento i sogni di gloria della nazionale a scacchi, mai così competitiva dal 1998, quando furono giocatori del calibro di Boban, Prosinecki e Suker a sfiorare la semifinale mondiale (sempre in Francia, in quel caso contro les Blues di Lillian Thuram).

Dopo un girone eliminatorio praticamente perfetto, macchiato soltanto dalle intemperanze dei propri ultras nel finale del match contro la Repubblica Ceca, la Croazia si era candidata per un posto in semifinale in questi Europei, anche se l'ottavo di finale contro il Portogallo di Fernando Santos si era da subito presentato come un'avversaria impegnativa. Per una squadra che ha nel centrocampo il suo reparto migliore - per talento il più profondo dell'intera rassegna continentale - recuperare Luka Modric dopo il forfait con la Spagna pareva essere un segnale positivo, quantomeno a livello di buona sorte. E invece è stato il palo colpito da Ivan Perisic a costituire l'istantanea più fedele dell'ottavo del Felix Bollaerts, con i lusitani lestissimi a ripartire con il trio Ronaldo-Renato Sanches-Nani e a freddare il povero Subasic con una rete che è valsa la partita.

Nelle ventiquattro ore successive alla vittoria del Portogallo si è (giustamente) celebrata la strategia di Fernando Santos, pronto a fare retromarcia rispetto a una tradizione calcistica consolidata come quella lusitana, per ricompattare la squadra in fase difensiva e preoccuparsi di bloccare le fonti di gioco avversarie, con Adrien Silva buttato nella mischia per togliere spazio vitale a Modric e Cedric dirottato sulle orme di Perisic. Tattica che alla lunga ha pagato eccome per il Portogallo, che però ha ricevuto un consistente aiuto dai croati, a loro volta eccessivamente attendisti e timorosi di subire la velocità di Nani e Ronaldo contro i propri centrali Corluka e Vida.

Ne è scaturita così una partita eccessivamente tattica, scandita per di più dai classici ritmi di fine stagione, novanta minuti all'insegna dell'equilibrio, quasi una lunga processione verso l'ineluttabile esito dei calci di rigore. Almeno fin quando Cacic non ha inserito in campo Nikola Kalinic, più brillante e vivace di un Mario Mandzukic imballato, e soprattutto Marko Pjaca, talentino della Dinamo Zagabria che ha sostituito un Ivan Rakitic in serata storta, con conseguente spostamento centrale di Marcelo Brozovic. Gli ultimi dieci minuti dei tempi supplementari sono diventati così improvvisamente accesi, con Dario Srna a sfornare cross a ripetizione dalla destra verso il secondo palo della porta difesa da Rui Patricio. Palloni su cui si è avventato almeno in un paio di occasioni Perisic, fermato dal palo sullo stacco più imperioso contro il più basso Cedric. L'ingresso di Pjaca, oltre ad allagare il campo (Brozovic sull'esterno lasciava tutta la corsia a Srna), ha dato imprevedibilità a una manovra illuminata dal solo Modric e che non aveva prodotto un tiro in porta in quasi due ore di gioco.

Proprio quando il fortino eretto da Pepe e compagni sembrava sul punto di capitolare, ecco invece il contropiede vecchio stampo del Portogallo, che ha sfruttato la salita dei terzini avversari (soprattutto Strinic ha finito il match con la spia della benzina accesa) per imbastire l'azione decisiva, con Renato Sanches imprendibile anche per un giocatore tattico come Badelj. L'assedio finale alla porta di Rui Patricio non ha fatto altro che aumentare i rimpianti per quello che poteva essere e che invece non è stato e non sarà più. Eppure il futuro sembra essere dalla parte dei croati, che hanno in Jedvaj, Rog, Pjaca e Kovacic solo alcune delle nuove leve pronte a condurre la campagna mondiale di Russia 2018.