Una squadra tradizionalmente di possesso e di giropalla che decide di giocare una partita chiusa, difensiva, rispettando forse eccessivamente l’avversario, dimostrando coraggio al contrario. Il Portogallo fornisce la prima vera prova di forza di questo Euro 2016, dopo delle partite ben giocate ma con pochi frutti raccolti. Fernando Santos stavolta ha deciso di invertire il trend: conta il risultato? Sì, è un play-off-game. Come si batte la Croazia? Non concedendo spazi. Il Portogallo è una squadra difensiva? No, affatto, ma può sfruttare le proprie capacità di rottura in mezzo al campo e la duttilità tattica dei propri elementi. E così, "meglio un uccello in mano che due che volano", ennesimo pareggio ("dove devo firmare per vincere pareggiando sempre?"), gol ai supplementari e quarti conquistati.

CONTROMISURA DIFENSIVA - Per l'occasione, spazio a Cedric sulla destra al posto di Vieirinha, un terzino puro al posto di un’ala adattata, con l’obiettivo (positivamente conseguito) di contenere Ivan Perisic, il più devastante tra i croati nel girone di qualificazione essendo il migliore nello sfruttare gli spiragli che concedono gli avversari. Una marcatura quasi individuale che ha limitato vistosamente la pericolosità in fase di spinta del terzino del Southampton, le cui avanzate si contano sulle dita di una mano, ma il lavoro difensivo sull’esterno dell’Inter è rimarchevole. Santos ha di fatto rinunciato alla spinta sulla destra, mentre sulla sinistra Guerreiro ha intrapreso qualche cavalcata in più, garantendo comunque solidità dietro. Gli esterni bassi sono stati ottimamente supportati dai centrali difensivi, quasi protetti da una gabbia composta dai terzini e dalla linea mediana. Azzeccata la decisione di puntare per l’occasione sul gruppo dello Sporting Lisbona più Gomes prima e Sanches poi, scegliendo l’affiatamento sia tecnico che tattico, risultato particolarmente di successo in particolare per il duo William Carvalho – Adrien Silva, quasi perfetti nel controbilanciarsi a vicenda, con il primo deputato al controllo di un Rakitic parecchio sotto tono e il secondo con il compito di staccarsi dalla linea per andare su Luka Modric, anch’egli condizionato da un recupero troppo affrettato per essere in campo in questo ottavo di finale.

La festa dei giocatori del Portogallo a fine partita. (fonte immagine: Twitter @IExpressSports)
La festa dei giocatori del Portogallo a fine partita. (fonte immagine: Twitter @IExpressSports)

AVVICENDAMENTO MEDIANO - Il primo tempo lusitano con Andre Gomes largo a sinistra nel 4-4-2 è caratterizzato da un baricentro eccessivamente basso e tanto rispetto verso l’avversario, che ha la liberta di fraseggiare fino ai 30 metri senza alcun problema, prima di trovarsi di fronte il muro color verde acqua. Il risultato è ovviamente una partita prevalentemente noiosa, così come nelle intenzioni di Santos: la Croazia narcotizza il gioco con un possesso lento che frutta poco, non trovando quasi mai la seconda impostazione, ben arginata dal centrocampo portoghese. Nella ripresa le carte in tavola cambiano parzialmente, perché Santos non vuole che i suoi si schiaccino così estremamente, senza trovare possibilità di ripartenza. Dentro dunque un portatore di palla fisico come Renato Sanches, mossa vincente sotto ogni aspetto, visto che il Portogallo ritrova una buona fluidità offensiva, mantenendo una certa pericolosità in contropiede con il classe 1997 da sparigliatore in mezzo al campo, per la capacità di condurre l’azione palla al piede. La partita resta comunque bloccata e si trascina nel vero senso della parola fino ai supplementari con la Croazia incapace di cambiarla, complice soprattutto un ingiustificato immobilismo nelle sostituzioni, tant’è che a ravvivarla è l’inserimento di Pjaca al 105’.

LE MOSSE VINCENTI - L’ultimo quarto d’ora restituisce infatti allo spettacolo tutto quello che era stato tolto nei precedenti minuti, il gioiellino della Dinamo Zagabria è ripetutamente pericoloso con le sue incursioni che fanno saltare il tatticismo, forse anche eccessivamente, tant’è che il contropiede sul quale arriva il gol contiene una serie di errori di posizionamento difensivo, anche se i meriti di Renato Sanches, magistrale nell’avanzamento rapido palla al piede e nella scelta del destinatario del passaggio, non sono assolutamente da sminuire. Il resto è storia. Santos ha avuto il merito di snaturare la propria squadra, di chiederle un tipo di lavoro totalmente diverso da quello abituale, di rinunciare a due senatori come Alves e Carvalho per scegliere l’affidabilità di José Fonte, di inserire Quaresma al momento giusto, trovando un immediato bilanciamento diverso dal precedente, con il classico 4-3-3 anziché il 4-4-2 iniziale. L’interpretazione degli esterni ha aiutato tutta la squadra, soprattutto i movimenti perfetti di Joao Mario, bravo a stringere e ad allargarsi sempre con la stessa puntualità.

A Santos è riuscita ogni mossa, invertendo il motivo e ponendo il Portogallo tra le più ostiche, specialmente in una parte di tabellone meno complicata del previsto. Ora tocca la Polonia, ora tocca al possesso palla lusitano: dovesse funzionare anche quest’arma, avremo un'altra contender.