Italia-Spagna rappresenta ormai un must per gli amanti del calcio e della tattica: da un lato la solida difesa azzurra della BBC, dall'altra il raffinatissimo palleggio dei maghi del pallone iberici. Dal 1994 l'Italia non batte la Roja in competizione ufficiali. Dalla sfortunata lotteria dei rigori di Vienna 2008,la Spagna é cresciuta sempre più toccando il suo apice quattro anni più tardi: il 4-0 in finale proprio contro gli Azzurri ha rappresentato uno storico tris Europeo-Mondiale-Europeo, frutto di una generazione d'oro e di una disposizione tattica innovativa ed efficace-. L'Italia di Conte non è certamente la squadra più forte del torneo né la più bella da vedere ma, al di là dello scetticismo diffuso, ha carattere e una fase difensiva di spessore (la vittoria capolavoro contro il Belgio alla prima giornata docet). Non ci sarà Candreva, costretto a rinunciare al match per infortunio, il più temuto dagli spagnoli sulla corsia destra.
La Spagna è senza dubbio una delle nazionali più forti degli anni recenti; ha saputo cambiare pelle dopo il flop in Brasile e prova a rinviare l'idea generale che il proprio ciclo sia finito, grazie all'innesto di ottimi giovani come De Gea, Morata, Thiago e Koke, ma anche di outsider esplosi tardi come Nolito e Aduriz, uniti ai veterani del blocco Barcellona e Real Madrid (Iniesta, Pique, Ramos, Casillas, Fabregas, Busquets e tanti altri ancora). Senza dubbio una squadra formidabile ma non per questo priva di lacune, proviamo ad analizzare i pregi e difetti di questa nazionale.
FURIE ROSSE OLÉ - Alieni. Questo soprannome può essere attribuito a poche squadre, se parliamo poi di nazionali la Spagna del 2012 é quella che merita maggiormente questo epiteto: un gruppo che giocava letteralmente a tenere palla, muovendosi per il campo con zero (o quasi) riferimenti e senza schemi precisi ed automatici, d'altronde ciò era possibile solo con gente come Xavi, che non perde mai il pallone, o come Xabi Alonso, capace di trovare linee di passaggio non solo sicure ma anche efficaci. Senza due giocatori di questo tipo, la Roja si è dimostrana più "umana" e meno impenetrabile e ciò ha aumentato in Del Bosque la consapevolezza del bisogno di un'organizzazione tattica che desse equilibrio ai suoi senza snaturare per questo le loro ottime qualità di palleggio.
La Spagna “normale” ha bisogno di struttura. E questa sembra essere la novità dell’ultimo Del Bosque, soprattutto dopo il flop del Mondiale 2014: il passaggio dal calcio di possesso e solo possesso (tiki-taka trito e ritrito) a un gioco con riferimenti e posizioni che tendono a ripetersi a seconda della zona in cui si gioca il pallone. Un 4-3-3 che conta ancora sul blocco Barça, senza dimenticare i perni di Real e altre squadre. Questa è la Spagna più offensiva della gestione di Del Bosque, con tre giocatori che a turno si muovono nell'ultimo spazio di campo avversario: possono essere i tre attaccanti oppure, se uno di questi è impegnato nella rifinitura, una delle due mezzali che si inserisce (quasi sempre Cesc), o addirittura, su eventuali cross, il terzino della fascia opposta che attacca il secondo palo come se fosse una vera punta (Jordi Alba per indole e talento; Juanfran per un sistema che, con Silva falsa ala destra, spesso lo lascia unico uomo esterno su quel lato). Il rischio maggiore risiede nell’avanzare tantissimo entrambi i terzini ad inizio azione. Considerato ciò, il possesso palla si può considerare efficace e relativamente sicuro soltanto nel momento in cui trovando la profondità le Furie Rosse impediscono ogni possibile ripartenza avversaria. A conferma dell’impossibilità di separare le due fasi difensiva ed offensiva, i momenti in cui la Spagna si è sentita più sicura difensivamente son stati quelli in cui ha attaccato meglio. In particolare, nei momenti di maggior ispirazione del lato sinistro composto da Jordi Alba (terzino), Iniesta (mezzala) e Nolito (ala): vedasi la partita contro la Turchia. Tutto parte dal dominio del gioco di Iniesta, in una posizione appena defilata e non troppo arretrata: dà lì Don Andres dà tranquillità e tempi giusti a Nolito per tagliare dentro e a Jordi Alba per sovrapporsi. Contro due squadre, Turchia e soprattutto Repubblica Ceca, che hanno proposto un 4-5-1 privo di qualsiasi pressing e fin troppo attendista nella metà campo difensiva, per Jordi Alba è stato come andare a nozze.
Il fatto di far collassare gli avversari su quel lato ha regalato alla Spagna palloni su palloni forzando i rinvii avversari e dando il tempo a Ramos, Busquets e Piqué di alzare al massimo la linea difensiva, quasi fino alla trequarti, regalando quella sensazione di sicurezza che, se nella Spagna precedente di Del Bosque arrivava da un palleggio infinito e due uomini a coprire in mediana (Busquets e Xabi Alonso), ora invece si cerca come frutto di un'attacco martellante ed ossessiva. Questa filosofia si può sintetizzare nella frase: "La miglior difesa é l'attacco". Va detto però che tale gioco martellante si é visto in modo sporadico nella prima gara contro i cechi. Se il lato sinistro è la base di un dominio ad intermittenza, sul lato destro invece i dubbi sono parecchi. La figura chiave da questo lato è David Silva, con dei movimenti "ribelli" che rompono la simmetria del 4-3-3: é lui il miglior socio di Iniesta, non Cesc Fàbregas, che dopo una prima partita mediocre si è progressivamente limitato nella costruzione bassa della manovra per avventurarsi sempre di più in inserimenti e verticalizzazioni (Fàbregas ha un’attitudine da Premier League: spesso, appena ricevuta palla, la prima cosa che guarda è se c’è la possibilità del lancio a ribaltare l’azione). Cesc si butta negli spazi e Silva lo lancia, come nell’azione del vantaggio contro la Croazia. Silva è il giocatore con maggior libertà di movimento nell’undici titolare, e quando scorazza sulla trequarti aiuta Iniesta a dare il tempo ai compagni di accorciare le distanze.
Nel 4-3-3 di Del Bosque Silva ha quasi la stessa libertà che Messi ha nel modulo del Barça, ma è qui che Silva pone gli interrogativi più seri: laddove Messi, anche circondato da avversari, sulla trequarti può girarsi e decidere con un’azione individuale, Silva è un giocatore esclusivamente da collettivo, non può dare nessun vantaggio individuale diretto, ed è possibile che contro avversari di buon livello questo suo gravitare in zona centrale, generando una chiara asimmetria che lascia il solo Juanfran (sottotono finora, mai mostratosi autosufficiente dal punto di vista offensivo) a coprire tutta la fascia, rappresenti un rischio eccessivo in fase difensiva, sommato a Cesc che abbandona spesso e volentieri il centrocampo per inserirsi davanti. Si è visto contro la Croazia, quando la Spagna ha finito con i due terzini come unici riferimenti laterali ultra-avanzati ed è arrivato il contropiede di Perisić. E potrebbe rivedersi contro squadre che giocando con due punte (ad esempio l’Italia) possono ripartire defilandone una su quel lato scoperto.
Ora che la Spagna è capitata nella parte più dura del tabellone (se anche l’Italia venisse superata, ai quarti potrebbe toccare una Germania che uno spazio così non può non sfruttarlo), viene da pensare alle possibili soluzioni a questo squilibrio offerte dalla panchina. Una potrebbe essere l’impiego, al posto di David Silva, di Lucas Vázquez: esterno puro, il madridista potrebbe riportare una certa simmetria e ampiezza offensiva, senza dover scoprire tanto a palla persa lo spazio alle spalle di Juanfran. Ma la perdita di qualità nel possesso per l’assenza di Silva sarebbe evidente, e quindi Lucas sembra più un ricambio spendibile a partita in corso (di fatto è la sostituzione che, vedendo la dinamica del gol di Perišić, molti hanno rimproverato di non aver fatto a Del Bosque contro la Croazia).
Tornando a Silva, pure fra i migliori spagnoli contro la Croazia, non si sa poi quanto il suo ruolo di vice Iniesta possa compensare i possibili squilibri del 4-3-3 fittizio anche per un altro motivo: la Spagna “normale” ha sì più possesso dell’avversario, ma al 70% del totale la Spagna ci arriva solo quando un avversario come la Repubblica Ceca decide di disinteressarsi completamente della palla difendendosi ad oltranza, contro una squadra più spregiudicata come l'Italia è inevitabile vedere fasi in cui la Spagna debba difendere schierata nella propria metà campo. Qui vengono le note dolenti, perché Cesc e Iniesta non hanno nelle corde questa fase del gioco. Anzi, quanto più cercano di impegnarsi, tanto più le loro corsette aumentano le distanze da Busquets, in certi momenti abbandonato a se steso sulla trequarti, a ciò vanno aggiunte uscite errate di Ramos. Il rimedio che la panchina offre a questo scompenso è, per qualità individuale, il migliore possibile: Bruno Soriano.
La sensazione insomma è che la coperta per la Spagna sia ancora un po’ corta, che laddove aumenta la profondità offensiva, lo sbilanciamento difensivo aumenti proporzionalmente. Una squadra capace di giocare anche più tipi di partite rispetto alla Spagna del passato, e quindi pericolosa in tutti le circostanze (che sia giocando in ampiezza, in profondità) per la qualità e la varietà delle alternative, ma che, a differenza del passato, non ha ancora la possibilità di affidarsi a un piano completamente affidabile e che debba sistemare alcune problematiche tattiche. Una Roja più umana e meno aliena quindi.
L'Italia ha tutto per provarci e sognare l'impresa, servirà coraggio, tanto, ma le basi solide ci sono, in un collettivo privo di grandi nomi davanti e che latita nella costruzione del gioco dal centrocampo, la presenza della triade bianconera unità all'esperienza di De Rossi e capitan Buffon sarà vitale. Loro c'erano nel 2012, e la voglia di rivalsa sarà tanta.