I padri fondatori, i primi a far rotolare la palla sull’erba e calciarla verso una porta, coloro che vantano il campionato più moderno e più ricco del mondo. Con una Nazionale che nella propria storia si è tolta poche, pochissime soddisfazioni. Il paradosso dell’Inghilterra calcistica è, da anni, un punto interrogativo al quale in pochi sono in grado di dare risposta. Com’è possibile che l’english football possa vantare un solo mondiale vinto, nel 1966, e mai un’altra finale disputata? Mai un cammino davvero soddisfacente in una grande competizione, mai una vera gioia. Eppure, nella loro patria si disputano i match di quella meraviglia che è la Premier League.
I fatti storici della Nazionale parlano di tre qualificazioni mancate ai mondiali, nell’era post 1950, e addirittura salgono a cinque se consideriamo gli Europei; numeri inammissibili, soprattutto valutando che nella competizione continentale la selezione dei tre leoni non è mai stata finalista. Non vale nemmeno la pena menzionare l’edizione 1968: terza piazza, sì, ma su quattro partecipanti totali. Ci andò invece vicina, vicinissima nel 1996, quando in semifinale venne sconfitta dalla Germania: decisivi quel giorno furono i tiri dal dischetto, in particolare l’errore di Southgate.
I rigori sono un tema ricorrente nella storia recente anglosassone, essendo stati l’arma delle ultime eliminazioni, entrambe ai quarti di finale: per mano del Portogallo nel 2004, via cucchiaio italiano nel 2012. Non poteva ovviamente mancare il naufragio completo del 2008, targato umbrella-man, al secolo Steve McClaren, con tanto di mancata qualificazione, messa dietro da Croazia e Russia, con anche Israele vicinissimo al miracolo. Memorabile fu la partita del 21 novembre 2007 a Wembley, vinta 3-2 dall’allora Croazia di Bilic, già qualificata e senza pretese. E agli inglesi sarebbe bastato un pareggio.
Il capolavoro al contrario è una macchia da cancellare al più presto, e questo potrebbe essere l’anno buono per riuscirci, visto il ricambio generazionale che si va completando, con una consacrazione ancora attesa. I Lampard, i Gerrard e i Terry non sono più membri della squadra, hanno passato il timone a un gruppo tanto giovane quanto determinato a fare bene, cercando di arrivare dove i predecessori non sono giunti.
A fare da contrappeso alla carica esiste però la pressione, arma letale che la squadra deve essere in grado di sostenere. L’età media molto bassa potrebbe implicare poca esperienza in campo internazionale, ed è tale in molti casi, al pari di chi si è affacciato tardi ai grandi palcoscenici. L’idea base è che quest’Europeo potrebbe rappresentare l’inizio di un ciclo, anche analizzando le convocazioni, tra rinunce forzate e assenze.
Jack Butland, il futuro numero uno della nazionale dei tre leoni ha dato forfait per infortunio, ma comunque Hodgson non casca male. Joe Hart sarà il titolare, con Fraser Forster pronto a garantire un cambio affidabile, mentre Tom Heaton, estremo difensore del Burnley fresco di promozione, ha dimostrato anche nella stagione 2014/15 nella massima categoria di essere un validissimo elemento, meritevole di convocazione.
L’assenza che invece risalta nel reparto arretrato è quella dello sfortunato Luke Shaw, fuori da settembre dopo la frattura di tibia e perone: sulla sinistra sono stati chiamati Bertrand e Rose, giocatori di spinta che hanno trovato continuità di rendimento, sfruttando il momento positivo delle loro compagini. A destra, convince la scelta di Clyne, mentre Walker lascia ancora qualche dubbio, ma è frutto della mancanza di alternative credibili. Posti Smalling e Cahill titolari in mezzo, come prima alternativa è stato selezionato Stones, a scapito del suo compagno di squadra e reparto Jagielka. Premiata la gioventù.
Premettendo che Dier può anche giocare da centrale difensivo, il centrocampo conta su una buona varietà di elementi e caratteristiche. Nella testa di Hodgson, sarà Wilshere il regista, con Drinkwater primo cambio, affiancato da uno o due faticatori, a seconda del modulo scelto. La rosa fornisce certamente una serie di variabili che Hodgson dovrebbe sfruttare: Milner può, ad esempio, correre in fascia o giocare centralmente, così come Lallana, mentre Alli e Barkley sono i giocatori che sanno muoversi meglio tra le linee e inserirsi, partendo soprattutto dalla trequarti. Imprescindibile è Sterling, uno dei pochissimi che salta l’uomo, così come Henderson, in forte dubbio per le condizioni fisiche precarie. A rischio taglio sono Townsend e Delph, decisione su quest’ultimo surrogata però alla situazione del capitano del Liverpool.
Davanti sembrava tutto già scritto, e così è (quasi) stato. Con buona pace per Marcus Rashford, che rappresenta il futuro di questa Nazionale ma verrà quasi sicuramente escluso dai 23 finali. Rooney non si discute, è l’unica certezza anche sotto il punto di vista di rendimento e impegno; al suo fianco una poltrona per Kane, con Vardy e Sturridge a rappresentare alternative credibili. Avrebbe potuto trovare spazio Welbeck, ma il ginocchio capriccioso gli ha tolto la possibilità.
A conti fatti, Roy Hodgson è stato coerente con le decisioni prese nell’ultimo anno, andando a considerare anche i meriti stagionali. Non esistono particolari esclusi che fanno notizia, forse solamente Walcott e Chamberlain, molto discontinui nella loro stagione con l’Arsenal. Sarebbe stato utile un veterano come Carrick, per una squadra così giovane, così come avrebbe meritato spazio un jolly offensivo come Lingard. Le scelte, in ogni caso, sono piuttosto convincenti.
La chiarezza della linea rappresenta comunque un punto a favore di un CT decisamente bistrattato ormai da anni. Nominato nel 2012, poco prima dello scorso europeo, in seguito alle dimissioni di Capello e ai risultati poco convincenti di Stuart Pearce nell’immediato post-separazione da Don Fabio, Hodgson ha ottenuto risultati alterni fino al mondiale (fuori ai gironi), per poi trovare continuità nella fase di qualificazione, chiusa a punteggio pieno, risultando la miglior squadra del lotto. Certo, affrontare Estonia, Lituania, San Marino, Slovenia e Svizzera è piuttosto favorevole da questo punto di vista, nonostante il buon tasso tecnico delle ultime due citate.
La squadra ha comunque mostrato buona elasticità dal punto di vista tattico, capacità di cambiare moduli e trovarsi comunque su una buona lunghezza d’onda collettiva, giocando con velocità e passando sia dalle fasce che per vie centrali, limitando adeguatamente i danni anche dietro, subendo solo tre gol, peraltro tutti dalla Slovenia. Insomma, una buona solidità, ma tutta da confermare contro avversarie di maggior calibro, mentre per la fase realizzativa una coppia come quella composta da Rooney e Kane non dovrebbe aver problemi a spedir la palla in fondo al sacco.
È comunque difficile, difficilissimo, menzionare l’Inghilterra tra le favorite. In un’ipotetica griglia di partenza si piazzerebbe intorno alla terza fila: certamente si possono trovare squadre più pronte, ma con un pizzico di fortuna non è da escludere il miracolo. L’aspetto più interessante e più favorevole potrebbe riguardare l’atteggiamento in campo, essendo la squadra composta da due blocchi principali, quello del Liverpool e quello del Tottenham, con poi diverse sfumature di altri reds e sky blues: principalmente squadre che tendono a pressare alto, con un baricentro piuttosto offensivo, mantenendo compatta la squadra, con tanto aiuto da parte della difesa.
Un dato sfavorevole riguarda invece la scarsa internazionalità della rosa: tutti gli elementi giocano in Premier League, nessuno di essi ha esperienza ad alto livello fuori dalla patria della Regina Elisabetta. Solo Eric Dier, che è cresciuto nello Sporting Lisbona, ha sperimentato un campionato diverso. E in pochissimi hanno disputato la Champions League, massimo metro di giudizio per il calcio europeo. Altra insidia è il girone B in cui l'Inghilterrra è inserita: Russia, Slovacchia e Galles. Un'incognita ormai eterna i primi, due outsider col coltello tra i denti le altre. Non partite facili, come capita ad altre big più fortunate nel sorteggio.
La meglio gioventù si trova dunque di fronte al grande punto di domanda: può essere, la nazionale dei tre leoni edizione 2016, una candidata plausibile senza partire tra le favorite? Può sembrare un paradosso, in effetti lo è, sarà tale almeno fino al termine della fase a gironi, perchè con tutti i pregi, ma anche con tutti i difetti che la squadra di Hodgson possiede, esprimere un giudizio ora pare impossibile. Eppure non è un anno come gli altri per i bianchi della regina Elisabetta: chissà che magari il cinquantenario della Coppa del Mondo 1966 possa essere di buon auspicio...