"A por la Undecima". E' questo lo slogan al momento più popolare tra i tifosi del Real Madrid, attesi in massa a Milano per la finale di sabato a San Siro contro i cugini dell'Atletico. Eppure, nonostante dieci Coppe dei Campioni alzate nella loro gloriosa storia, i merengues non partono da favoriti nel derby, replay della sfida - beffarda per i colchoneros - di Lisbona 2014, quando fu Sergio Ramos a prolungare ai supplementari una partita a schacchi che sembrava ormai vinta dal Cholo Simeone.
Dalla notte del Da Luz di due anni fa molto è cambiato dalle parti di Chamartin, a partire dall'allenatore. Non più Carlo Ancelotti (unico ad eliminare l'Atletico in Champions nell'ultimo triennio, se si considerano anche i quarti di finale della scorsa stagione), ma il suo vice dell'epoca Zinedine Zidane. Salutati Angel Di Maria e Xabi Alonso (oltre a Morata, che però in quel periodo faceva panchina), ecco arrivare Toni Kroos e James Rodriguez. Il resto dell'undici titolare è però quasi lo stesso: eccezion fatta per Keylor Navas, tra i pali per un crepuscolare Iker Casillas, la difesa dovrebbe essere formata anche a San Siro da Dani Carvajal, Pepe (Varane è infortunato), Sergio Ramos e Marcelo. Luka Modric continua ad essere il faro del centrocampo, in cui Casemiro ha preso possesso del ruolo di giocatore davanti alla difesa, con conseguente spostamento di Kroos come mezz'ala. Tridente sempre composto da Gareth Bale, Karim Benzema e Cristiano Ronaldo. Il Real che arriva a San Siro è una squadra molto più quadrata di quanto si ritenga comunemente (non a caso Keylor Navas non ha subito neanche un gol in casa in questa edizione della Champions League), che preferisce avere il pallino del gioco in mano, ma mai a costo di squilibrarsi in avanti. Epurati James Rodriguez e Isco - quantomeno per le partite decisive - Zidane ha varato un 4-3-3 di sostanza, il cui simbolo è il brasiliano Casemiro, non un fine dicitore, ma un perno su cui far ruotare il talento che gli sta intorno.
Il nuovo Real si affida molto alla spinta degli esterni di difesa, in particolar modo a Marcelo sull'out sinistro, ma anche a Dani Carvajal (o Danilo come riserva) sulla corsia opposta. Il brasiliano non ha problemi a diventare pericoloso con sgroppate palla al piede, mentre il canterano predilige salire quasi a fari spenti. Il palleggio a centrocampo, gestito da Modric, cerca in alternativa la prima punta Benzema, con il chiaro intento di trovare triangolazioni di qualità con Ronaldo e Bale al limite dell'area, per poi sfruttare l'inserimento di una delle mezze ali. Il portoghese parte largo per poi accentrarsi, mentre il gallese rimane più sull'out destro del campo, salvo diventare pericolosissimo una volta entrato in area di rigore, dove è ormai una sentenza sui palloni aerei. Dalla panchina Zidane può permettersi di inserire non solo Isco e James, ma anche i giovani Jesè e Lucas Vazquez, con Mateo Kovacic finito invece molto indietro nelle gerarchie del tecnico transalpino.
Fedele a se stesso il Cholo Simeone, che nell'ultimo triennio ha continuato per la sua strada. Via Courtois, Miranda e Diego Costa, l'Atletico ha prima puntato su Mandzukic come prima punta, poi si è affidato all'hombre de casa Fernando Torres per affiancare il giovane e guizzante Antoine Griezmann. I sostituti non hanno fatto rimpiangere i partenti, con Oblak divenuto una certezza in porta e il giovane Josema Gimenez nuovo partner di Diego Godìn come difensore centrale. Juanfran è l'esterno di destra che fa il paio con il brasiliano Felipe Luis, tornato alla base dopo l'esperienza disastrosa al Chelsea. A centrocampo l'allenatore in campo resta Gabi, uomo che conosce nel dettaglio i meccanismi di gioco del suo allenatore, mentre all'infortunato Tiago (appena recuperato, ma non sarà della partita) è subentrato quest'anno Augusto Fernandez, argentino tignoso e maratoneta. Koke rimane l'elemento di maggior qualità dell'intera rosa, spesso dirottato sull'esterno sinistro per motivi tattici, con il canterano Saul Niguez cresciuto esponenzialmente sulla fascia opposta. Yannick Ferreira Carrasco è il jolly offensivo di Simeone, utilizzabile come ala ma anche come seconda punta, in una squadra che ha gerarchie ben definite, quasi immodificabili (i vari Thomas, Kranevitter, Correa, Oliver Torres, Savic partono in seconda fila).
Come già accaduto nelle eliminatorie precedenti contro Barcellona e Bayern Monaco, l'Atletico si disporrà tutto dietro la linea della palla, andando inizialmente a pressare alto, per poi scalare velocemente all'indietro nel caso in cui la prima ricerca del pallone non vada a buon fine. Il poco talento che Simeone ha a disposizione (per scelta) viene utilizzato sugli esterni di centrocampo, dove spesso si viene a creare una superiorità numerica grazie alla sovrapposizione dei terzini, mentre sono generalmente molto bloccati i due mediani, quasi mai oltre la trequarti avversaria. Con qualche cross, iniziativa personale o calcio piazzato i colchoneros hanno finora stappato le partite più importanti, per poi chiudersi a riccio nella propria area di rigore, dove è Godin a comandare una linea difensiva che diventa foltissima in virtù dei movimenti ad elastico dei centrocampisti. Sono infatti Koke e Saùl a stringere il campo e ad allargarsi a seconda delle circostanze, secondo il principio tattico per cui va portata pressione sul lato dove c'è il pallone, per poi recuperare in caso di eventuale cambio di gioco avversario. Anche i due attaccanti partecipano nella propria metà campo alla fase difensiva, secondo un sistema collaudatissimo e difficile da scardinare. Ecco perchè il Real non potrà permettersi di scoprirsi o di commettere errori che possano mandare in vantaggio i cugini: in quell'ipotesi recuperare potrebbe essere ancor più complicato di quanto avvenuto due anni fa, quando il testone di Sergio Ramos sbucò a dieci secondi dalla fine dei regolamentari per violare il bunker dei colchoneros.