Quando si pensa all'Islanda, intesa come nazione a tutto tondo, le prime cose che affiorano alla mente sono gli splendidi paesaggi di una terra magica ma quasi del tutto sconosciuta ai più, racchiusa tra ghiacciai spettacolari, cascate, geyser, l'aurora boreale e distese immense di roccia interrotte da villaggi di pescatori e, più raramente, di città intese alla nostra maniera. Un paradosso, in questo contesto, soprattutto guardando alla temperatura ed al periodo di gelo vero e proprio che condiziona più di metà dell'annata, guardare al panorama calcistico di una nazione che da una decina di anni a questa parte ha visto fiorire e letteralmente esplodere in maniera esponenziale una passione viscerale per alcuni sport di squadra, tra i quali il calcio.
Già, paradossi, quelli che hanno accompagnato lo sviluppo del calcio nella 'terra dei ghiacci' e che hanno condizionato gran parte del cammino della squadra di Lars Lagerback verso i prossimi Europei di calcio che si terranno in Francia tra un mese circa. Il primo, grosso, paradosso, è quello legato ai motivi dello sviluppo di uno sport che fino a quindici anni fa era sì praticato ma in maniera del tutto dilettantistica o quasi. La lotta al tabagismo ed all'alcolismo ha fatto sì che l'Islanda cambiasse radicalmente l'idea di politica attorno allo sport, promuovendo centri al chiuso e non dove, tra le altre cose, giocare a calcio e dare una nuova speranza ai giovani.
Ne è scaturita una passione nei confronti di una nazionale che, nata in quegli anni, ha scalato la classifica Fifa dal 130 posto al 35 di quest'anno. Nasce, in parte, da qui l'avventura degli islandesi nel mondo del football, che dopo quasi quindici anni (era il lontano 2002 l'anno della legge) si sono ritrovati davanti al paradosso più grande: la Cenerentola per eccellenza si è trovata tra le mani il destino di una delle nazioni europee con maggiore tradizione calcistica, l'Olanda, eliminata anche in virtù della doppia sconfitta contro gli islandesi nel girone eliminatorio. Insomma, questi i presupposti: la favola ha inizio.
L'età dello sviluppo calcistico
Da Eidur Gudjohnsen al duo Sigurdsson e Sightorsson il passo è breve, fondato su strutture ma anche su programmazione e lungimiranza che ha portato, in tempi molto più brevi di quanto si pensasse, la Nazionale locale a giocarsi traguardi di primissimo livello. Se nei primi anni 2000 affrontare l'Islanda voleva dire una passeggiata di salute nel Nord Europa, alla scoperta delle bellezze naturali del luogo, da metà decennio scorso in poi lo sviluppo, delle strutture e di conseguenza tecnico, è stato esponenziale e repentino. Così come il numero di centri tecnici è aumentato, anche il numero di allenatori e di calciatori è cresciuto a dismisura. Tuttavia, se il campionato locale stenta ancora a decollare, i beniamini della selezione con maggiore qualità hanno tutti spiccato il volo verso nuove destinazioni, che hanno contribuito alla crescita personale di questi ultimi ma non solo, diffondendo e non poco il movimento islandese nel Vecchio Continente.
Il santone
Difficile, per una nazione senza alcuna esperienza internazionale, affidarsi ad un tecnico locale. Per questo motivo la Federazione ha puntato tutto su chi, come Lars Lagerback, potesse svolgere un ruolo di guida, tecnica ma soprattutto spirituale, per crescere in campo e fuori. Detto, fatto. Il cinismo ed il pragmatismo che avevano portato la Svezia di Ibrahimovic a risultati spesso clamorosi ed esaltanti, sono alla base della filosofia calcistica del quasi settantenne allenatore svedese. Dopo aver mancato, di un soffio agli spareggi, il primo obiettivo (la partecipazione allo scorso mondiale), il tecnico ha trascinato i suoi al primato nel gruppo eliminatorio di Euro 2016, facendosi beffe di Repubblica Ceca, Turchia e soprattutto Olanda.
La rosa
Portieri: Hannes Halldórsson (Bodø/Glimt), Ögmundur Kristinsson (Hammarby), Ingvar Jónsson (Sandefjord)
Difensori: Ari Skúlason (OB), Hordur Magnússon (Cesena), Hjörtur Hermannsson (PSV Eindhoven), Ragnar Sigurdsson (Krasnodar), Kári Árnason (Malmö), Sverrir Ingi Ingason (Lokeren), Birkir Sævarsson (Hammarby), Haukur Heidar Hauksson (AIK)
Centrocampisti: Emil Hallfredsson (Udinese), Gylfi Sigurdsson (Swansea), Aron Gunnarsson (Cardiff), Theódór Elmar Bjarnason (AGF), Arnór Ingvi Traustason (Norrköping), Birkir Bjarnason (Basel), Johann Gudmundsson (Charlton), Eidur Gudjohnsen (Molde), Rúnar Már Sigurjónsson (Sundsvall)
Attaccanti: Kolbeinn Sigthórsson (Nantes), Alfred Finnbogason (Augsburg), Jón Dadi Bödvarsson (Kaiserslautern)
Come gioca
Quadrata e compatta la squadra che Lars Lagerback ha spesso schierato nel girone di qualificazione. Un 4-4-2 discretamente malleabile (può diventare all'occorrenza 4-3-1-2 o 4-2-3-1) che si adatta alle qualità individuali dei calciatori, facendoli esprimere al massimo soprattutto in mediana, dove risiede il centro nevralgico del gioco islandese. A Gunnarson e Sigurdsson vengono affidate le chiavi del gioco, in impostazione come in ripartenza. Al loro fianco Gudmundsson e l'ex Pescara Bjarnason, che si è espresso ad altissimi livelli anche con la maglia del Basilea. Davanti spazio a Finnbogason, protagonista con la maglia dell'Heerenven qualche stagione fa di un'annata pazzesca, e Sightorsson, ex Ajax. In difesa, davanti ad Halldorsson, ci sono i due solidi centrali Sigurdsson e Arnason, accompagnati sulle fasce dagli affidabili Saevarsson e Skulason. Il tutto condito dall'esperienza di Emil Hallfredsson, veterano del campionato di Serie A, protagonista con la maglia della Reggina prima, e di Verona ed Udinese successivamente, e di Eidur Gudjohnsen, che non poteva mancare all'appuntamento più importante della sua Nazionale.
Il sogno
Ed ora, provate a fermarli. In quel che sembra l'ultimo traguardo per chiudere una favola quasi perfetta, sognare non costa nulla. Urna benevola per gli islandesi, che dopo l'upset delle fasi di qualificazione cerca il secondo smacco al girone eliminatorio francese: se il Portogallo di Cristiano Ronaldo sembra poter avere una marcia in più, ma soltanto sulla carta, non sembra proibitivo pensare al passaggio del turno guardando ad Austria e Ungheria, con i primi che rispetto ai magiari potrebbero opporre una concorrenza maggiore in vista degli ottavi di finale. Un percorso, ed un movimento in generale, che sembra destinato a crescere ancora di più nei prossimi anni, e che vede negli Europei francesi soltanto la prima tappa di un lungo, lunghissimo viaggio.