Da Valencia al Valencia. A inizio gennaio il pareggio sul campo del Mestalla segnò la fine dell'avventura di Rafa Benitez sulla panchina del Real Madrid, oggi - a tre giorni dalla sfida di ritorno in Liga contro i pipistrelli - i merengues hanno ribaltato una stagione che sembrava compromessa. Sono in finale di Champions League (ancora contro l'Atletico, esattamente come due anni fa) e hanno qualche residua chance di giocarsi il titolo di campione di Spagna nelle ultime due partite di campionato. L'uomo copertina di questa rivoluzione blanca è senza ombra di dubbio Zinedine Zidane, catapultato quasi per caso alla guida del Real, in mezzo alle durissime contestazioni della aficiòn contro Florentino Perez e alle prese con uno spogliatoio in subbuglio. Zizou si è dimostrato allenatore vero, sia dal punto di vista tattico che psicologico, ha gestito le energie e ricaricato le pile di tutti i componenti della rosa, dando tranquillità a un ambiente sull'orlo di una crisi di nervi. Il Real Madrid di questi anni è stato spesso considerato un insieme di grandi calciatori messi sul campo come figurine, l'opposto di quanto fatto dai grandi rivali del Barcellona, ma sia con Ancelotti prima che con Zidane poi il lavoro sul campo dello staff tecnico è stato sottovalutato. Rispetto a Benitez, Zizou ha ricucito il rapporto con il vestuario, per poi attuare la sua rivoluzione silenziosa in dieci semplici mosse.

1) Ha delineato una linea di difesa titolare, facendo subito trasparire la sua preferenza per Dani Carvajal rispetto a Danilo e scegliendo Pepe e non Varane come centrale accanto a Sergio Ramos. Si è affidato insomma alla vecchia guardia, andando sull'usato sicuro.

2) Ha dato un significato concreto all'aggettivo "imprescindibile" per la BBC, stimolando Gareth Bale e mettendolo più nel vivo del gioco, non solo confinandolo sulla fascia destra, senza fare drammi quando uno dei tre fuoriclasse d'attacco è venuto a mancare per infortunio.

3) Ha chiarito i ruoli di Isco e James Rodriguez, per lui solo centrocampisti (mezze ali nella fattispecie) e non esterni d'attacco, lasciandoli spesso fuori, ma ricevendo ottime risposte nelle gare in cui li ha impiegati (perfetta la gara del malagueno ieri contro il City).

4) Ha compreso l'importanza del turnover, ruotando i suoi giocatori in maniera quasi scientifica (Cristiano Ronaldo escluso), dando una chance a tutti, da Lucas Vazquez a Jesè, da Kovacic a Borja Mayoral.

5) Ha individuato in Casemiro il perno di centrocampo, il giocatore tattico davanti alla difesa, spostando Toni Kroos come intermedio sinistro, salvo rimetterlo nella sua posizione naturale quando serviva di più.

6) Ha immediatamente ricostruito atleticamente la squadra, varando una seconda preparazione fisica al momento del suo insediamento. 

7) Ha ricomposto la frattura esistente non solo con i tifosi, ma anche con la stampa, fortemente ostile anche con Perez nel semestre di interregno di Rafa Benitez. 

8) Ha dato importanza alla fase difensiva, riuscendo nell'impresa di subire solo due gol in Champions nelle gare ad eliminazione diretta (nessuna al Bernabeu, con Keylor Navas imbattuto in tutta la competizione).

9) Ha mantenuto la calma dopo la sconfitta nel derby di ritorno, punto più basso della stagione merengue, e ha convinto i suoi di poter rimontare anche in campionato, espugnando il Camp Nou dopo anni dall'ultima volta.

10). Si è affidato a centrocampo a Luka Modric, principino croato vero leader tecnico di questo Real Madrid, l'uomo che dà i tempi alla manovra e che non teme di palleggiare anche in zone pericolose del campo, esprimendo un calcio offensivo ma equilibrato, in pieno stile ancelottiano, di cui non a caso è stato vice.

Il rischio che il Real Madrid rimanga a mani vuote a fine stagione c'è però ancora tutto. L'Atletico parte favorito in finale di Champions, per precedenti e accoppiamento favorevole con i merengues, e in campionato solo un miracolo potrebbe consentire ai blancos di superare in due turni sia blaugrana che colchoneros. Forse al Bernabeu non arriverà l'Undecima, ma in cambio il Real ha ritrovato la strada, perduta esattamente un anno fa quando Florentino Perez decise di esonerare Ancelotti contro tutto e tutti per ingaggiare un allenatore noto per la sua difficile gestione dei grandi giocatori come Rafa Benitez.