Per 50 minuti, una squadra, il Bayern, appare di categoria superiore, in ogni aspetto di gioco. Al novantesimo, però, Guardiola si ricompone la giacca, stringe rapidamente la mano a Simeone e corre nel tunnel, voltandosi un'ultima volta ad osservare il terreno dell'Allianz Arena. Il commiato europeo di Pep non porta in dote la finale di Coppa. Storia senza Champions, matrimonio senza gloria. In mezzo al campo rimane il Cholo. Lui alza lo sguardo, verso le tribune, mentre i giocatori compongono un cerchio magico, da cui sembra traspirare un'energia travolgente, la stessa energia che l'Atletico riesce a riversare nei minuti di gioco per sopperire ad inferiori qualità.
Il piano partita è noto, non può essere altrimenti. Bayern all'arrembaggio, Atletico in trincea. La prima versione del Madrid manca però di un elemento essenziale. L'undici ospite si difende con due linee strettissime e rinuncia al gioco. Non c'è traccia di ripartenza, tanto che, quando l'Atletico alleggerisce la manovra, non imposta, semplicemente butta la palla in spazi vuoti per poter alzare il baricentro. Torres insegue, vanamente, la sfera, stritolato nella morsa di Boateng e J.Martinez. Simeone richiama Griezmann, perfetto in fase di ripiegamento, assente davanti. La scelta del francese è però obbligata, perché in mediana il Bayern è in superiorità e la coppia Gabi - Augusto Fernandez va in apnea presto. L'Atletico dei primi 45 risiede in due botte da fuori del capitano, solletico per Neuer.
Il Bayern è, invece, perfetto. Xabi Alonso - preferito ad Alcantara, con Vidal a ondeggiare tra mediana e zona offensiva - ha tempo per impostare, si abbassa, prende palla e distribuisce sui due lati, dove ad attendere il rifornimento, ben larghi, si posizionano Ribery e Douglas Costa. Una manovra avvolgente per allargare le maglie dei colchoneros. Il gol nasce da una punizione dal limite e gode del favore della sorte, perché la punizione di Xabi Alonso incappa nella gamba di Gimenez. Oblak non può opporsi. Si attende il raddoppio, non arriva. Muller, dopo un appoggio eccessivo per Lewandowski (il tedesco, ben pescato da Boateng, cerca il compagno e non conclude), batte male il penalty e non piazza il montante decisivo. Quando arriva il fischio di Cakir, Simeone tira un sospiro di sollievo. La situazione è in equilibrio.
Serve un ritocco, per rispondere al ritmo indiavolato del Bayern, per sfruttare un calo naturale nelle fila bavaresi. Il Cholo toglie Augusto Fernandez, un giocatore di contenimento, e inserisce Ferreira Carrasco, un esterno di corsa. Muta anche il modulo, perché Simeone ridisegna l'Atletico. 4-3-3 in fase di attacco, con due giocatori rapidi pronti ad affiancarsi a Torres, 4-5-1 in fase di difesa, con Carrasco a fornire supporto a Filipe Luis. Una cerniera centrale a tre, con Koke e Saul a stringere le maglie per impedire movimenti e inserimenti a Vidal e Muller. L'operazione porta immediati frutti, il Bayern rallenta e l'Atletico, nell'unica occasione, è letale. Griezmann - Torres - Griezmann. Il transalpino si infila poco oltre la metà campo, vola a tu per tu con Neuer e non sbaglia. L'Atletico ritrova le sue peculiarità, alza la linea in pressione, costringendo i tedeschi a lanciare con maggior frequenza, la fisarmonica torna a muoversi alla perfezione, pronta ad allungarsi e a richiudersi, a seconda delle mosse altrui.
Il Bayern impiega qualche minuto per ri-assestarsi. Le energie vengono meno e con due gol da insaccare viene meno anche la lucidità. Serve un singolo colpo per coinvolgere mentalmente nella partita alcuni interpreti. Arriva dalla parte sinistra, quella di assedio, quella in cui Ribery, a dispetto di schiena e acciacchi, gioca un ruolo chiave. Il francese, con personalità, crea sempre superiorità e mette quindi i suoi in una situazione di vantaggio. Spiovente, stacco impetuoso di Vidal, appoggio di Lewandowski. 2-1 e Guardiola che sprigiona la sua rabbia. Manca un quarto d'ora, con aggiunta di corposo recupero. C'è spazio per un balzo di Oblak, felino, per la risposta di Neuer a Torres - giusto così, abbaglio di Cakir - per poco calcio. Diventa, come prevedibile, una tonnara in cui prevale la componente fisica. L'Atletico si rifugia in piccoli stratagemmi - perdite di tempo, scaramucce - il Bayern procede a ondate, senza un disegno preciso, una serie di palle scaraventate nel fortino spagnolo, in attesa di un aiuto dall'alto. Coman se ne ritrova due tra i piedi, le sparacchia. Vince Simeone, Guardiola china il capo.