Niente di nuovo al Vicente Calderòn. E' questo il verdetto della gara d'andata della seconda semifinale di Champions League, disputatasi in riva al Manzanarre e vinta dall'Atletico Madrid sul Bayern Monaco per 1-0. Altra prestazione difensiva da annali quella della squadra del Cholo Simeone, micidiale nel custodire il prezioso vantaggio creato da uno slalom speciale di Saùl Niguez, sempre più protagonista tra i colchoneros. Dieci minuti di vago equilibrio e altri ottanta di assedio bavarese, che però non hanno prodotto gol, ma solo un possesso palla da esercitazione attacco - difesa e qualche sporadica occasione (traversa di Alaba e paratona di Oblak su sassata di Vidal). 

Pep Guardiola non ha abiurato al suo credo tattico, ha provato ad aumentare il tasso tecnico in mezzo al campo inserendo Thiago Alcantara dall'inizio lasciando seduto Thomas Muller, generalmente grimaldello efficacissimo contro i catenacci avversari. La mossa non ha però cambiato granchè dal punto di vista tattico, anche a causa del gol subito praticamente a freddo da Saùl, fenomenale nel saltare come birilli i vari Xabi Alonso, Alaba e Bernat per poi freddare Neuer con un colpo da biliardo che ha giocato di sponda con il palo. La rete del vantaggio non ha cambiato lo spartito della gara, suonato dal Bayern con un andamento lento, tanto monotono quanto scontato nella sua conclusione, se si eccettuano un paio di assoli di Douglas Costa e Vidal. Il resto sono state barricate in puro stile colchonero, corsa, contrasti e protezione dell'area come accade ormai scientificamente nelle grandi occasioni, con Simeone intento ad arringare una folla peraltro già in delirio. L'Atletico non ha sbagliato nulla, forse neanche il Bayern. Ed è questo il punto. Guardiola ha elogiato i suoi giocatori per la partita disputata, evidentemente soddisfatto del possesso palla e delle occasioni create, ma è caduto interamente nel trappolone del Cholo, ormai strategia nota ma che continua a mietere vittime illustri. Piuttosto che provare qualche variazione sul tema tattico della gara, come qualche lancio lungo o cross in area per un intristito Lewandowski, i campioni di Germania hanno continuato a far girare palla da destra e sinistra, quasi assecondando il movimento ad elastico delle linee avversarie, in cui si sono distinti l'infaticabile Augusto Fernandez e l'eclettico Koke.

Il Bayern avrebbe potuto rinunciare (quantomeno nel finale) al suo calcio a orologeria per tentare di fiondarsi su qualche palla sporca, avendo a disposizione un fenomenale interprete dell'assalto da dietro come Arturo Vidal. Invece non è stato difficile per l'Atletico montare una guardia attentissima intorno al fortino costruito davanti a Oblak, con Josema Gimenez esaltatosi in contumacia del capitano e connazionale Diego Godìn. I due esterni di difesa hanno macinato chilometri, sbuffato, picchiato e intimidito Douglas Costa e Coman, disinnescati dal puntualissimo raddoppio portato dal centrale di centrocampo di turno. In avanti Fernando Torres e Antoine Griezmann si sono dedicati a giocare le poche palle avute a disposizione (e il numero nove stava per ipotecare la qualificazione con una gran giocata finita sul palo), mentre Saùl e Koke stringevano sempre più le loro posizioni con il trascorrere dei minuti. Simeone ha effettuato una sola sostituzione (Thomas per l'esausto Saùl), a dimostrazione di quanto il suo piano partita abbia funzionato. Guardiola ha provato a cambiare qualcosa con il suo trasformismo (nel finale dentro Benatia per Bernat, con difesa tre e Alaba largo), ma modificando l'ordine dei fattori il prodotto è rimasto lo stesso, un 1-0 che sarà molto difficile ribaltare martedì prossimo all'Allianz Arena, Robben o non Robben. Il Cholismo ha invece ormai assunto una dimensione nuova e consolidata, ha ridisegnato i vecchi stereotipi del catenaccio, aggiungendovi una rabbia agonistica degna di una squadra argentina. Piaccia o meno, è un calcio (sarebbe meglio dire un modo di coprire il campo) vincente, se sol si considera che l'unico ad aver fermato Simeone nelle ultime tre campagne europee è stato Carlo Ancelotti (beffa di Lisbona e quarti lo scorso anno). Un altro dato da tener presente, per chi vorrà ribaltare un risultato che ieri è apparso immodificabile già al momento del gol di Saùl.