Quando Simeone dirama l'undici, l'impressione è evidente. Non di sola attesa si può vivere in Coppa. La scelta di proporre Carrasco e Griezmann a ridosso di Torres indica la via. Un Atletico guerriero, è la natura del Cholo, ma con caratteristiche precise, di aggressione e ripartenza. La marea biancorossa si muove come una fisarmonica, si apre e si chiude alla perfezione. Nei primi minuti, i movimenti sono sincronizzati, in tre a togliere il fiato al palleggio catalano, con Piquè costretto a rivolgersi a Ter Stegen.
Il Barcellona è sterile, perché riesce ad uscire dal guscio palla a terra, ha predominio territoriale, ma il possesso orizzontale non sortisce effetto, la fisarmonica ospite si chiude su se stessa, a formare due linee, una di quattro e una di cinque uomini, a ridosso dell'area difesa da Oblak. Vani tentativi, giocate pregevoli, ma senza filo di continuità. Nello stretto si evince la tecnica di Neymar, ma triplicato anche O'Ney deve alzare bandiera bianca.
Di contro, l'Atletico sale con i tempi giusti, recupera e ribalta. Il gol nasce da un buco centrale del Barcellona, in cui Koke è maestro ad inserirsi. Alza appena il pallone, ad eludere la gamba larga di Piqué, e infila per Torres, battuta secca che fulmina Ter Stegen, con Mascherano che si rivolge con sguardo interrogativo ai compagni, la chiusura non è con i tempi giusti.
Manca quella feroce verticalizzazione tipica di Luis Enrique, è un Barcellona che sembra ricadere nei dubbi del passato, che si specchia nella tecnica prestata all'estetica, spogliata della sua concretezza. C'è una sorta di rilassamento generale, un calo di intensità che il tecnico rileva e annota con gli assistenti. Griezmann brucia, battendo con anticipo, la difesa di casa, ma è un balzo attento di Ter Stegen a cancellare i fantasmi del Camp Nou.
Questa è la prima partita, la partita del Barcellona, decisa dall'Atletico. Poi, dal minuto 35, inizia la seconda, la partita del Barcellona decisa da Suarez, o meglio da Torres. Un eccesso di foga, il 9 frana su Busquets, intelligente, Brych estrae il secondo giallo. Proteste, mani alte, l'Atletico si infuria, il Cam Nou ribolle. Lo spartito cambia, o meglio, lo spartito si spezza, la fisarmonica non si apre più, Griezmann solo al suo destino, spesso in ripiegamento, non può spaventare il Barcellona, diventa partita a una porta, è questione di tempo.
Il Barcellona non accelera, semplicemente ha più campo e con più campo mette a frutto il talento. Serve qualche minuto per capire dove far male. L'inizio della ripresa mostra il canovaccio dell'incontro. Al largo c'è spazio, per Neymar e Messi, per J.Alba e Alves. Iniesta è il direttore. Il pari è fortunoso - Suarez spinge dentro - il vantaggio è da attaccante, vero. Apre e chiude Suarez, si addormenta l'Atletico. Se vivi in trincea, capita.
Luis Enrique vuol mettere un punto, diventa lotta, selvaggia. Cartellini, falli e finzioni. Proteste. Barcellona - Atletico, insomma. Il triplice fischio, dopo cinque di recupero, chiude le ostilità, non la "serie". Qualificazione che prende la via di Barcellona, ma la fermata del Calderon non è scontata. L'Atletico ha la maglia sporca di "sangue", la bava alla bocca di chi si sente defraudato, combatte contro il potere, Simeone non parla, ma lascia intendere, sette giorni per caricare una sfida che non ha bisogno di ulteriori motivi di interesse.