Qualcosa si era inteso già pochi anni fa, ma pensare si arrivasse a tal punto era davvero, davvero complicato. La Cina è diventata una potenza calcistica economica. Un campionato mediocre, ma con disponibilità di cash clamorosamente alta. Non è una novità che in Oriente le società calcistiche si possano permettere spese folli, basti vedere tutti i vari giocatori passati negli Emirati Arabi Uniti, basti pensare alle parole di Harry Redknapp a Fox Sports: "Mi offrirono un contratto per allenare in Kazakistan. Erano molti soldi, ma è anche il Kazakistan...", spiegò. Insomma, il calcio non è più tra i maggiori interessi solamente nelle americhe e, ovviamente, in Europa, ma si sta espandendo verso l'Est. Com'è normale che sia.
Non stupisce quindi che chi abbia i cosiddetti big money li voglia utilizzare nel calcio, anche perchè non è una storia a noi nuova: Abramovich, Al-Khelaifi, Mansour... Non serve aggiungere altro. I ricchi spendono e spandono per il pallone, che piaccia o meno. D'altro canto ognuno i suoi soldi li consuma come meglio crede. Fin qui, dunque, tutto normale.
Quando emergono le stranezze? Nel momento in cui i giocatori cominciano a volare verso la Cina, per militare in un campionato il cui livello si può definire estremamente basso. Diamo un numero, innanzitutto, fornito da Transfermarkt: il valore medio di mercato di un giocatore corrisponde a 613mila euro. In Serie B la quota è di 535mila euro. Una differenza "minima". Per rendere l'idea, in Serie A il valore medio di mercato di un giocatore è di 4,69 milioni, in Ligue 1 2,85 milioni, in Eredivisie scendiamo ulteriormente a 1,12 milioni.
Queste cifre, pur restando dati puramente statistici, possono dare un'idea del livello del campionato cinese. Se poi qualche coraggioso volesse cimentarsi nel guardarsi una partita, auguri.
Quel che lascia a bocca aperta è come tanti (troppi) giocatori accettino la destinazione Cina, ovviamente col placet delle società, le quali non rifiutano certamente le offerte milionarie che giungono in sede. L'ultimo caso, fresco di poche ore, è quello riguardante Jackson Martinez. Parliamo di un centravanti reduce sì da 6 mesi difficili con l'Atletico Madrid, ma anche di uno che ha segnato 7 gol in 8 partite di Champions League lo scorso anno e che in carriera firma un gol o un assist ogni 109 minuti, cioè che in 4 partite su 5 con lui in campo si parte già da 1-0. Numeri, ma non solo: sempre incisivo nelle competizioni europee, tenuto stretto dal Porto (che sa vendere come nessun altro in Europa), giocatore fisico e con un gran fiuto del gol.
In estate aveva attirato per l'ennesima volta le attenzioni di tantissimi grandi club. Il Milan era vicino al suo acquisto, così come le inglesi, che avevano chiesto informazioni. Poi scelse l'Atletico. Di stamattina è la notizia che il giocatore ha firmato con il Guangzhou Evergrande per la modica cifra di 42 milioni di Euro. Qualche stranezza? Ovviamente sì. Il cartellino di Martinez è stato infatti anche di proprietà del fondo Doyen, quello del famigerato mr. Bee, il misterioso broker tailandese in trattativa da ormai un anno e mezzo per l'acquisizione del 48% del Milan. Fu il fondo a essere la terza parte della cessione del colombiano ai Colchoneros.
In che modo il fondo controlla questi giocatori? Prestando soldi alle società che acquistano il calciatore, acquistando di fatto una parte del cartellino, cercando di produrre un utile con una futura cessione, come accaduto ad esempio con Neymar: comprò una parte del cartellino quando il giocatore militava nel Santos, incassando poi una percentuale di quanto pagato dal Barcellona per acquistarlo. Sul sito ufficiale della Doyen Sports si possono trovare tutti i nomi dei giocatori controllati.
L'interesse è più che chiaro, dunque. Far girare i giocatori, cercare ogni volta di rivenderli a cifre più elevate. E chi in questo periodo può garantire cifre folli per giocatori che non sono top mondiali (senza nemmeno essere scarsi)? Le società Cinesi, o degli Emirati.
Non ci è dato sapere come siano avvenuti tutti gli ultimi trasferimenti (non esiste solo il fondo Doyen, ma molti altri), ma è immediato e altrettanto logico pensare che dietro a questo esodo verso l'oriente ci siano ovviamente i fondi e anche i procuratori, i quali beneficiano di una buona percentuale che si intascano. Insomma, quando Raiola "pompa" il prezzo di Pogba, lo fa anche (e soprattutto) per le commissioni che le società sborserebbero per farle finire sul suo conto in banca.
Restiamo comunque in Cina, perchè Jackson Martinez è l'ultimo di una lunga, lunghissima serie di giocatori che hanno scelto di provare questa nuova esperienza. Un caso eclattante riguarda Ramires, mediano del Chelsea che quest'anno ha trovato poco spazio, ma che con Mourinho era spesso titolare, specialmente nei big match. Un giocatore in grado di fare la differenza in Europa, che non avrebbe faticato a trovare una squadra in grado di garantirgli un discreto ingaggio e la titolarità. Banalmente, all'Arsenal avrebbe fatto comodo, come al Liverpool, giusto per citarne un paio. Ma gli oltre 30 milioni di euro proposti dal Jiangsu (lo stesso di Luiz Adriano) erano troppo ghiotti per non essere accettati.
Lo stesso club sta per chiudere un altro acquisto non da poco, un altro brasiliano: Alex Teixeira. Cercato insistentemente dal Chelsea e dal Liverpool, al quale non sarebbe andato a fare la comparsa, volerà in Cina. 50 milioni allo Shakhtar, 9 annui al giocatore. Continuiamo con la lista di giocatori in grado di dire la loro in Europa o in Sudamerica ma che sono volati in Cina: Guarin, Gervinho, Goulart, Demba Ba, Montero, Paulinho, M'Bia, Gil, Renato Augusto, Asamoah Gyan, Elkeson, Tardelli, Robinho...
La domanda che viene spontaneo porsi è: perchè? Facile, per i soldi, i tanti soldi. Eppure le precedenti esperienze non hanno insegnato molto, a quanto pare. Diamanti e Gilardino sono durati molto poco, per non parlare di Drogba, che con lo Shanghai Shenhua ha una causa ancora aperta per non aver ricevuto lo stipendio (faraonico). Alla lunga, ad un calciatore ancora nel pieno della propria carriera, gli stimoli cominciano a mancare, disputando un campionato così di basso livello. Beh, certo, si potrebbero vincere trofei come l'Asian Champions League o come il campionato.
E' inutile però negare l'evidenza: il calcio si vive diversamente in Cina rispetto che in Inghilterra, Spagna, Italia, Brasile, Argentina e in tutti gli altri paesi. Il calore dei tifosi, la competitività. Aspetti che alla lunga si fanno sentire. E i giocatori che volano in Cina potrebbero perdersi tutto questo. Diventerebbero delle icone di un paese che conta quasi un miliardo e mezzo di abitanti, ma di uno sport che non sarà mai ai livelli del tennis tavolo o della pallacanestro (che, comunque, sta raccogliendo giocatori in esubero dalla NBA e particolarmente "vivaci", quali Jason Maxiell e Michael Beasley).
Permangono dunque tanti, tantissimi dubbi riguardo al mercato cinese: l'ombra dei fondi, uno sperpero di tempo, di carriera e possibilità da parte dei calciatori, che potrebbero tornare presto nel "calcio che conta" (e non me ne voglia il buon Alessio Cerci, ma in questo caso è quello che si gioca in Europa e in Sudamerica, in my humble opinion). A noi osservatori resta la speranza, probabilmente vana, che il calcio possa immischiarsi il meno possibile con il guadagno di chi c'entra poco con il gioco.