Glory, glory, Man. United. Non oggi, non stavolta.
Un tonfo fragoroso, reso ancor più eclatante dal blasone che ti porti in grembo: il Manchester United non riesce, dopo essere tornato alla fase a gironi della Champions League, a superare la fase a gironi. Un'onta, una macchia, sia per quello che è stato il mercato estivo fatto di investimenti milionari, soprattutto per il girone che i Red Devils hanno trovato al cospetto. Una squadra incapace di mostrare una propria fisionomia per sei partite, di battere CSKA, PSV e Wolfsburg, ostiche sì, ma non esattamente le prime tre del lotto.
Cosa è successo? Di chi sono le colpe di questo fallimento?
Certo, perché di fallimento si deve parlare, e di primo acchito si guarda inevitabilmente al maestro olandese: genio, semmai se ne fosse potuto parlare dopo il Mondiale con l'Olanda, ed altresì sregolatezza, per la gestione scriteriata in due anni sulla panchina di Old Trafford. Louis Van Gaal non è riuscito ad infondere una mentalità da grande, oltre ad una minima parvenza di gioco, a questo United, assediato ieri sera dal Wolfsburg quanto dai tifosi imbufaliti che chiedono all'allenatore un gioco maggiormente propositivo, spettacolare. Invece anche ieri sera gli inglesi hanno rispecchiato alla perfezione un grigiore costante nella loro prestazione, fatta dei 'soliti alti' scaturiti dall'inerzia e dalle giocate di alcune individualità palesemente sopra la media (vedi Mata, vedi Martial). Tuttavia, ciò che si evince dal tracollo della Volkswagen Arena è la solita immagine di uno United spento, che si lascia andare alla deriva trascinato più dagli avversari che dal proprio volere. E non c'è aspetto più grave per una delle squadre più nobili del panorama europeo degli ultimi vent'anni.
Della partita di ieri sera resteranno indelebili alcune immagini, che fotografano alla perfezione il momento. Van Gaal potrà parlare all'infinito degli errori di misura dei suoi, ma stenta a realizzare una fragilità disarmante tra le proprie linee di difesa e centrocampo: in Premier spesso questa pecca viene nascosta dalle immense qualità di questa squadra, che in Champions forse frutto della poca esperienza dei protagonisti (fatta eccezione per un paio di interpreti), viene invece esaltata ed acuita. Ed allora spazio dopo duecento secondi a Schurrle che tutto solo al limite dell'area spara alto, spazio ad un Draxler formato extralusso e ad un Vieirinha impeccabile nelle scelte quanto ficcante e puntuale in inserimenti e pugnalate nei fianchi ospiti. Il Manchester è alla mercé delle quattro punte di movimento che Hecking schiera: perfetto il Wolfsburg, annientato pochi mesi fa in Europa League, ma capace di mantere intatta mentalità e personalità in campo. Non solo.
Due i gol subiti da Naldo, non tanto per le qualità del difensore brasiliano, ma perché arrivano a poco più di un minuto di distanza dalle marcature di Martial e dell'autorete di Guilavogui. Un aspetto che denota, anzi sottolinea in rosso (come si faceva a scuola per un errore più che marchiano e gravissimo), una mancanza di concentrazione mista a paura di ottenere il risultato: frutto di ansie e pressioni, di giovane età e di una carenza di personalità indiscutibile. Van Gaal avrà inoltre, sulla spada di Damocle che gli penderà in questi giorni sulla testa, la responsabilità di aver cambiato gli unici due undicesimi che avevano qualcosa da dire intermini di esperienza e 'coraggio' in quei momenti difficili: Schweinsteiger e Mata vengono rimpazzati tecnicamente, ma la loro assenza sarà pesante come un macigno per i compagni (così come quella della guida spirituale Rooney). L'ex allenatore dell'Olanda viene tradito anche dal suo pupillo, lasciato in balia della difesa tedesca e delle lacune tattiche del 'suo' mentore: Memphis Depay è l'ombra del funambolo apprezzato ad inizio stagione, in parte per colpa sua. L'unico a salvarsi è Blind, capitano morale di una barca che affonda tra eccessiva gioventù ed una palese instabilità mentale.
De Gea salva punteggio ed eliminazione più volte, la Dea Bendata sorride a Van Gaal (ancora una volta) provocando l'autorete illusoria, prima del crollo. Da Eindhoven l'ultima speranza, altrettanto illusoria quanto frustrante poi, del vantaggio CSKA prima della rimonta del PSV che rende vano persino il pareggio. L'allenatore olandese sembra solo, nel momento dell'illusione come quello della sconfitta e dell'eliminazione: sul banco degli imputati ci va da solo, per quello che è stato lo scorso anno, per quello che è stato il mercato estivo e per quello a cui (non) si è assistito in queste sei partite. Non serve comprare Martial (tra le altre cose, il migliore del Manchester ieri e nell'intero girone), non serve comprare campioni se non hai idea di gioco e capacità di instaurare la mentalità vincente in un gruppo. Il Van Gaal-pensiero ha fallito, e con lui lo United tutto.
Dall'olandese volante a quello cadente: il ritorno in Champions League del Manchester è una ferita lancinante continua, soprattutto per i tifosi abituati all'epopea Ferguson (osservatore ieri alla Volkswagen Arena). Ripartire dall'Europa League (lasciapassare solo nel caso di vittoria per tornare in Champions), oppure pensare solo ed esclusivamente dalla Premier? Al tulipano l'ardua scelta, con entrambe le strade che si presentano di lunghissima percorrenza e piene zeppe di mine anti-olandesi.