Dottore mancato, allenatore di mestiere, mago per vocazione: il ritratto di Jürgen Klopp, quello che meglio lo descrive, è semplice, categorico a tratti stabile come l'economia tedesca ma colpisce appunto per tutto ciò. Colpisce nella sua essenzialità, ma anche e soprattutto nel suo carisma e nei suoi sbalzi d'ira durante le gare, soltanto il contorno di quel che è e di come lui stesso si è definito, ovvero un "normal one".
Termine, normal one, pronunciato poco meno di due mesi fa, alla sua prima apparizione da tecnico del Liverpool. Ai pendii del mese di Ottobre, il team orfano di Rodgers e della sua deludente quarta era, si ritrovava a lottare in una zona poco piacevole di classifica con appena tre vittorie in otto gare di campionato. L'avvento sulla panca di Anfield Road del Mago ha rigenerato letteralmente la rosa, ossigenandola e rendendo la conquista del pallone quasi una lotta per la sopravvivenza. Il primo mini bilancio fin qui è assolutamente positivo: sei vittorie, tre pareggi ed una sola sconfitta tra campionato e coppe: il risorgimento, (ancora parziale, possono crescere smisuratamente il gioco e i risultati) dei Reds può essere analizzato in alcuni aspetti:
1. Il cambio modulo
Si sa, il più delle volte, la personalità di un individuo influisce e fa la voce grossa in più circostanze, fattispecie in quelle lavorative: accade, il più delle volte, nel coach di Stoccarda, che rimane fedele alla sua generale linearità caratteriale e predilige schierare il suo undici ideale nell'assetto che ha incantato per oltre un lustro il pubblico del Westfalenstadion: il famigerato quattroduetreuno. Il cambio dal predecessore è tangibile, radicale a partire dalla difesa: spodestato il numero tre, quello dei difensori centrali, per il quattro con la coppia di terzini a giocare un ruolo a dir poco rilevante con sovrapposizioni e cross per gli attaccanti a centro area. Un regista atipico nella cerniera di centrocampo: c'era Ilkay Gundogan in giallonero, c'è, per necessità, Emre Can in rosso (il testimone passerà probabilmente a breve al rientrante Henderson). Il trio «fantasia» ma non troppo, con l'innesto di un tuttofare come Milner che garantisce solidità e sostiene il centrocampo rendendolo a lunghi tratti a tre. A volte Lallana, altre Firmino sulla trequarti, raggiungono l'intoccabile Coutinho e assistono il bomber belga Chris Benteke.
2. "Rock" 'n' roll
I numeri nel calcio non dicono tutto, ma sicuramente molto. La statistica che concerne le reti subite dalla squadra stupiscono in positivo, il salto netto tra le due gestioni ha impennato, sin dal primo match contro il Tottenham (0-0), le quotazioni del tecnico infondendo sempre maggior fiducia nei calciatori. Roccaforte non imperforabile certo, ma sfiderei chiunque a fare meglio del nuovo corso, presentandosi su campi come lo Stamford Bridge e l'Ethiad e incassare appena due reti, rifilandone ben sette. La difesa ha sicuramente una marcia in più, con la spinta e l'ignoranza, che non guasta mai, del baluardo Martin Skrtel letteralmente rigenerato dalla cura del medico Jurgen e la propulsione di laterali veloci come Clyne e Moreno, importanti anche per evitare beffardi contropiedi. La gestione della palla, la cerniera di centrocampo che funge da schermo e consente di riproporre le azioni, aiutano non poco Mignolet a tenere la porta inviolata o quanto meno a inchinarsi un minor numero di volte (rispetto a tempi recenti) nel raccogliere il pallone dalla rete.
3. Cou-centricità
Centricità probabilmente non corrisponde a pieno alla posizione naturale che assume Philippe Coutinho nello scacchiere disegnato dal tecnico. Il brasiliano, esploso già la scorsa stagione sotto l'ala di Brendan Rodgers (inappuntabile sulla crescita dei giovani, vedi Sterling&Henderson), ama sconfinatamente essere un calciatore fuori dalle righe provando il più delle volte a scardinare le retroguardie avversarie partendo largo sulla sinistra. L'abilità di palleggio, di dialogo con i compagni e la visione di gioco gli consentono di intingere di prodezze i pomeriggi di quasi ogni sabato di Premier, togliendo spesso le castagne dal fuoco sbloccando partite ostiche con tiri dalla distanza o illuminazioni per i compagni. Procedendo sull'onda dei paragoni (odiosi, ma rendono meglio l'idea) con il vecchio Dortmund, il numero 10 sarebbe paragonabile al primo Mario Götze, che non avendo una posizione predefinita all'epoca sguazzava sulla trequarti libero e selvaggio nell'inventare le giocate.
L'azione magnifica della rete contro il Man City: Lallana riceve da Coutinho, il brasiliano va nello spazio, Lallana illumina con il tacco per il numero 10 che appoggia a centro area per il liberissimo Firmino e segna.
4. Il recupero degli infortunati
Jordan Henderson, il capitano, e Daniel Sturridge, falcidiati da più infortuni negli ultimi tempi sono finalmente tornati a disposizione della squadra. Recuperi importanti, giocatori chiave con cui Klopp forgerà e consoliderà l'assetto fisso, garantendo anche una maggior incisività nei cambi a partita in corso e una supplementare freschezza atletica con il turnover. Proprio quest'ultimo aspetto, il turnover, potrebbe rivelarsi arma decisiva per mantenere vive le ambizioni dei reds: agguantare uno dei quattro posti disponibili per la Champions (ad appena quattro lunghezze dall'Arsenal quarto) e proseguire nel cammino verso il St. Jakob-Park di Basilea, teatro della finale di Europa League.
Insomma, Jürgen ha davvero molto materiale a disposizione per cavare gran belle soddisfazioni in questa stagione. Fin ora molto bene, indiscutibilmente con le redini tra le mani e una posizione di classifica più congeniale, grazie a prestazioni di alto livello come quelle con Chelsea e Manchester City o partite meno rilevanti, ma pesanti nel risultato (vs Swansea). Se, e dico se, la squadra continuerà a seguire le istruzioni del mago (magician da quelle parti) , allora l'alchimia potrà continuare e ripetere un nuovo ciclo come quello con le Die Wespen giallonere non sarebbe così utopistico.