Il 3-1 subito dall'Italia nell'amichevole contro il Belgio allo stadio Re Baldovino di Bruxelles ha riportato alla luce fragilità difensive che gli azzurri non mostravano da qualche tempo. Abituata a giocare nell'ultimo anno e mezzo con sistemi di gioco come il 3-5-2 o il 4-3-3 (4-5-1 in fase di non possesso), la nazionale con due attaccanti e due esterni offensivi ha retto solo un tempo di fronte alla maggiore qualità del Belgio che, pur in assenza di un giocatore come Mertens, ha avuto la possibilità di schierare giocatori del calibro di Axel Witsel, Eden Hazard, Kevin De Bruyne e Ferreira Carrasco, riuscendo ad uscire alla distanza per talento e migliore capacità atletica. Il c.t. Antonio Conte si è detto "abbastanza soddisfatto" della prestazione dei suoi, e per una volta è possibile credergli, senza che le sue parole possano suonare come semplici espressioni di circostanza.
Un'Italia a trazione anteriore rispetto a quella delle precedenti uscite (gara con l'Azerbaijan esclusa) ha fatto vedere movimenti interessanti in attacco nel primo tempo, con Candreva e Florenzi a costante supporto delle due punte Eder-Pellè, stavolta schierati da attaccanti veri e non come esterni costretti a ripiegare ad ogni azione avversaria. E' così giunto il primo gol, un lampo di Candreva che ha finalizzato una giocata in velocità ben orchestrata da Florenzi e non conclusa subito da Pellè. Il vantaggio è stato però vanificato da una dormita collettiva su calcio d'angolo belga, con Vertonghen libero di colpire di testa e di trafiggere l'incolpevole Buffon. Marchisio e Parolo hanno tenuto botta finchè la condizione atletica li ha sorretti, in un reparto che a centrocampo era spesso in inferiorità numerica, con De Bruyne ad agire tra le linee e Witsel e Nainggolan pronti ad inserirsi nell'area azzurra. In assenza di Pirlo e Verratti, è stato proprio il nuovo assetto in mediana a costituire il principale elemento di novità della nazionale di Conte: sparito il sistema a tre - o a cinque, a seconda degli schieramenti - gli azzurri sono andati in difficoltà dopo i primi 45 minuti, tanto da indurre il commissario tecnico a intervenire sostituendo Parolo con Soriano a inizio ripresa. La tendenza a giocare sempre e comunque il pallone, evitando la palla lunga di Buffon, ha poi definitivamente cambiato volto alla gara, con l'errore di Bonucci (solitamente il migliore tra i nostri difensori nell'impostare l'azione) decisivo per il gol del 2-1 del Belgio, poi dilagante nel finale di partita. A Conte rimarrà il rimpianto per la doppia occasione capitata a Eder (traversa e poi colpo di testa alto nella ricerca di un difficile tap-in) quando il punteggio era ancora in parità, ma il fatto che il c.t. non abbia modificato il modulo nonostante le evidenti difficoltà delle ripresa sembra confermare una svolta offensiva della nazionale, che potrebbe portare al definitivo passaggio al 4-4-2.
Un'occasione per rivedere all'opera gli azzurri sarà offerta dalla prossima partita di Bologna contro la più abbordabile Romania, test che potrebbe chiarire le reali intenzioni di Conte quanto allo schieramento da adottare da qui all'Europeo. Il 4-4-2 visto ieri a Bruxelles rende senza dubbio la nazionale più pericolosa in fase offensiva, con due punte di ruolo a fare i classici movimenti opposti (uno incontro e l'altro in profondità), valorizzando peraltro anche gli esterni a disposizione del commissario tecnico, da Candreva a Florenzi, da El Shaarawy a Bonaventura, mentre ridurrebbe di contro lo spazio per i vari centrocampisti centrali utilizzati nell'era Conte (Pirlo, Verratti, Parolo, Marchisio, De Rossi, fino ad arrivare a Soriano e Montolivo). Verrebbe meno anche la spinta dei terzini (ieri Darmian e De Sciglio), più bloccati rispetto alle varazioni sui temi del 4-3-3 e soprattutto del 3-5-2. Infine resta da sottolineare come la coppia di difensori centrali debba abituarsi a giocare in una difesa a quattro, senza l'ausilio di Barzagli come terzo di retroguardia, opzione comunque già da tempo sperimentata dalla Juventus di Allegri. Ai tifosi azzurri non resta che seguire l'evoluzione di una nazionale ancora in cerca di un'identità, con l'augurio che, una volta battezzato un modulo, lo si persegua con convinzione, onde evitare bruschi cambiamenti di rotta in corso d'opera, quando in Francia non ci sarà più tempo per le improvvisazioni.