Il pareggio a reti inviolate contro il Portogallo nella seconda partita del girone di qualificazione degli Europei di categoria in corso di svolgimento in Repubblica Ceca ci consegna una nazionale Under 21 a un passo dall'eliminazione. Ultima nel suo raggruppamento con un solo punto in due partite (preceduta da Portogallo a quota 4, Inghilterra e Svezia a 3), la squadra del c.t. Di Biagio deve ora battere i pari età inglesi e sperare un un k.o. degli scandinavi per accedere alle semifinali.
La gara contro i lusitani era una sorta di dentro e fuori per gli azzurrini, che però hanno inspiegabilmente giocato di rimessa, lasciando costantemente il pallino (e il palleggio) in mano agli avversari, finendo a corto di energie nell'ultimo quarto d'ora di partita. Senza dubbio si può recriminare per gli errori sotto porta di Berardi, Belotti e Biraghi, ma resta la sensazione che l'Under avrebbe potuto fare di più, di fronte a un Portogallo più talentuoso ma comunque vulnerabile. Il 4-3-3 di Di Biagio mostra una volta di più tutti i suoi limiti strutturali: fuori Viviani e Sturaro (stangata per quest'ultimo), dentro Cataldi e Crisetig a centrocampo, con Romagnoli finalmente titolare al fianco di Rugani in difesa. Ma la sostanza non cambia, così come l'esito della gara. In sofferenza nel finale contro la Svezia, con le gomme sgonfie ieri contro Bernardo Silva e compagni.
Manca qualità in mezzo al campo, problema ormai cronico per le selezioni azzurre, dalla Nazionale maggiore in giù, capaci di produrre solo incursori di quantità poco abili nel palleggio e nell'impostazione della manovra. E' questo il difetto più facilmente riconoscibile anche nel gioco degli azzurrini, costretti a dipendere dai guizzi di Berardi - sfiancato dal dover percorrere per intero la fascia destra - e da qualche giocata di Belotti, sempre più simile a quegli attaccanti tutta generosità e pochi gol. Il commissario tecnico Di Biagio, già criticato dopo la partita inauguarale, ha le medesime responsabilità di chi costruisce i vivai italiani: troppa poca attenzione alla qualità individuale a fronte di un'organizzazione difensiva che tuttavia non conduce lontano allorchè la linea di retroguardia si attesta continuativamente poco fuori la propria area di rigore.
Difesa e contropiede, le classiche armi del calcio italiano, sembrano non funzionare nemmeno tra i giovani azzurri, chiamati ogni volta ad affrontare avversari tecnicamente più preparati, in grado di far girare la palla velocemente e di mandare a vuoto il pressing dei vari Benassi, Sturaro e Cataldi. Vedremo se il c.t. deciderà di cambiare modulo o se insisterà ancora una volta con uno schieramento con due esterni d'attacco, uno dei quali - Battocchio - del tutto fuori posizione sulla fascia sinistra. Per garantire un minimo di imprevedibilità in più si potrebbe pensare a Bernardeschi nel suo ruolo di trequartista, con Berardi seconda punta al fianco di Belotti. Ma, a prescindere dal risultato, non si intravedono cambiamenti di rotta che possano invertire la tendenza del declino tecnico del nostro movimento calcistico, ufficialmente datato Sudafrica 2010, ma che ha in realtà origini più lontane.