L'Argentina del fútbol si è risvegliata dal convulso mese di Brasile 2014 con un insaziabile desiderio di vittoria: la drammatica sconfitta in finale contro la Germania e il sogno sfumato di diventare campioni nel tempio degli eterni rivali, hanno lasciato qualcosa in più che le lacrime del fallimento. Le motivazioni per sollevare un trofeo al cielo sono altissime, sia per riscattare la finale persa, che per riportare nella terra dei porteños un trofeo che manca dal 1993. In più, contando il disastroso Mineirazo del Brasile contro la solita Germania e il gradino tecnico inferiore su cui si collocano le altre rivali, le premesse indicano l'Argentina come favorita numero uno della Copa América 2015.
La Selecciòn che si giocherà il titolo di campione continentale in Cile è in parte differente da quella dello scorso Mondiale, a partire dalla guida tecnica: fuori Alejandro Sabella, dentro Gerardo "El Tata" Martino. Allenatore esperto, svezzato a ogni tipo di situazione: dalla realtà delle nazionali, in cui ha ottenuto un secondo posto alla guida del Paraguay nella scorsa edizione della Copa América, al calcio dei top club, sia sudamericani come il suo Newell's Old Boys campione d'Argentina nel Final 2013, che europei, come il Barcellona del post-Tito Vilanova. Allievo di Marcelo Bielsa, el Tata è senza dubbio un top del Sudamerica e in quanto tale costituisce una marcia in più per gli Albiceleste nella corsa alla Copa. Martino mette in campo le proprie squadre con il 4-3-3, con la variante del 4-2-3-1 per sfruttare la presenza di un trequartista fra le linee, come era lui stesso da giocatore. La sua grande attenzione tattica si manifesta nell'organizzazione del possesso palla, caratteristica che ha spinto in passato i dirigenti del Barça a puntare su di lui, nonostante la sua manovra in fase di possesso fosse molto meno logorante e continua del tiqui-taca blaugrana. El Tata è un uomo saggio, come suggerisce l'apodo, e sa quando è il momento di tessere l'azione con pazienza e quando arriva quello di disfare le maglie della difesa avversaria con verticalizzazioni taglienti. Nella faretra di questo grande uomo di fútbol troviamo anche il "turnover scientifico", un sistema di rotazioni studiato minuziosamente, in modo da consentire una tenuta atletica adeguata ai propri giocatori controllandone meticolosamente il minutaggio. Quando le seconde linee sono formate da gente come Tevez e Lavezzi, questo aspetto potrebbe tornare molto utile nell'economia di una competizione di un mese.
Le convocazioni di Martino non si discostano eccessivamente dalla rosa vice-campione del Mondo, ma el Tata ha apportato alcuni cambiamenti, per una Selecciòn che aspira alla vittoria finale. Tra i pali si punta ancora su Sergio Romero, l'enigmatico portiere lanciato da Maradona nel Mondiale 2010, che di lì in avanti ha difeso la porta della Nazionale Argentina, ma ha sempre faticato a emergere nei club, tanto da finire spesso nello scomodo ruolo di numero 12. In Albiceleste, invece, si cimenta spesso in parate spettacolari, pur non essendo un portiere che dà grande sicurezza in tutte le occasioni. Con lui Nahuel Guzmàn, portiere del Tigres e del vecchio Newell's del Tata. Grandi abilità tra i pali e minore sicurezza con i piedi anche per el Patòn, che si giocherà il posto di vice-Romero con Mariano Andujar del Napoli. Il reparto difensivo è composto da buone individualità, anche se non si avvicina ai livelli stellari dei giocatori offensivi. Il centrale reduce dalla stagione migliore è sicuramente Nicolas Otamendi, colonna del Valencia, reduce da una stagione ricca di prestazioni individuali di grande livello talvolta coronate da gol (5 in 36 partite), e premiata con il quarto posto in Liga. A completare la coppia difensiva con l'ex Porto, ci sarà un ex Benfica: Ezequiel Garay, fresco campione di Russia con lo Zenit San Pietroburgo, da diverse stagioni in continua ascesa. I terzini saranno Pablo Zabaleta, esterno di destra del Manchester City che darà grande intensità e aggressività, e Marcos Rojo, jolly di Van Gaal allo United, che può anche disimpegnarsi da centrale. Quattro singoli validi da mettere in campo con ordine, nella speranza di poter presentare un reparto arretrato più solido di quanto fatto in passato. Dietro ai quattro titolari scalpitano le alternative scelte da Martino: il centrale di riserva sarà l'esperto Martin Demichelis, salito nelle gerarchie dopo il gravissimo infortunio alla caviglia della rivelazione Mateo Musacchio. Come vice-Zabaleta fa discutere la scelta di Facundo Roncaglia, reduce da una stagione tutt'altro che brillante al Genoa. Dalla parte dell'ex Boca c'è sicuramente la duttilità che gli consente di giocare anche da centrale e che sicuramente ha influito nelle scelte del tecnico rosarino. Un profilo che avrebbe meritato qualche attenzione in più come esterno basso è Julio Buffarini, terzino del San Lorenzo dall'intensità devastante, anche se un po' sgraziato e molto meno difensore di Roncaglia. L'ultimo posto disponibile, come vice-Rojo, è stato conquistato da un altro pupillo del Tata: Milton Casco, terzino sinistro del Newell's, determinante anche nella vittoria del Final 2013. Per il 27enne il curriculum parla chiaro: 158 partite giocate in Primera Divisiòn e 8 gol segnati, esperienza che in un torneo tutto sudamericano può far comodo.
A centrocampo il valore dei singoli si alza ulteriormente ed entra in gioco l'incognita del modulo: Martino si affiderà a due volanti davanti alla difesa oppure schiererà un centrocampo a tre? In caso di "doble cinco", la linea mediana sarà comandata dal leader difensivo e tattico di questa Nazionale: Javier Mascherano. La fascia, per motivi di peso politico la indossa Leo Messi, ma sul campo non c'è storia: el Jefecito è il condottiero assoluto, lo sceriffo della propria metà campo, pronto a chiudere la porta in faccia a chiunque provi a superarlo. Davanti alla difesa è un valore aggiunto del quale la Selecciòn non può fare a meno. Al suo fianco un giocatore più compassato, abituato a navigare per la linea mediana ma con attitudini più tecniche e lo spirito da regista: Lucas Biglia della Lazio, rivelazione dell'ultimo anno sia in biancoceleste che in Nazionale. Nel caso di centrocampo a tre, el Tata potrebbe proporre l'uomo chiave dell'Argentina 2014: Ángel Di Maria. Ala naturale, negli ultimi anni è stato spostato più volte nel ruolo di mezzala, dove sfrutta la rapidità fulminante negli inserimenti e la tecnica sopraffina per colpire anche da una posizione più arretrata. Di Maria ha saputo trovare il proprio ruolo nello scorso Mondiale, un ruolo da trascinatore che è mancato a Messi e che lo ha reso il valore aggiunto dell'11 di Sabella. Martino riparte da lui, con il dubbio della posizione di partenza: nell'amichevole contro la Bolivia, nella notte tra il 6 e il 7 giugno, il rosarino ha giocato da ala sinistra, complice anche l'assenza di Messi, ma per una risposta definitiva dovremo aspettare ancora. La cerniera di centrocampo Biglia-Mascherano avrà come rincalzo il mediano del Boca Juniors Fernando Gago, convocazione piuttosto discussa dopo le prestazioni scadenti offerte dal numero 5 degli Xeneizes. Molti avrebbero preferito la convocazione di un altro numero 5, quello del River, Matìas Kranevitter, 22enne in orbita Inter in continua ascesa, la cui corsa alla Selecciòn è stata frenata dagli infortuni. Oltre la mediana, fantasia al potere: el Tata chiama Javier Pastore ed Éver Banega, due esempi di estetica applicata al calcio, entrambi ideali per la posizione di trequartista. Completa il reparto di mezzo Roberto Pereyra, jolly della Juve in grado di compiere sia il lavoro da mezzala che da trequartista e di cambiare con i propri guizzi la partita subentrando dalla panchina.
E infine c'è l'attacco. Non solo il più forte del Sudamerica per distacco, ma anche il più forte del Mondo per valore dei singoli. E il fatto di avere Leo Messi non sempre è il motivo principale di questa considerazione. La Pulga è nettamente il giocatore più dotato e sorprendente che sia mai venuto dopo Diego, e probabilmente lo resterà ancora per moltissimi anni: valanghe di gol, record, trofei, prestazioni da extraterrestre, il tutto racchiuso in una bellezza nelle giocate che lo rende un dio del calcio. In maglia Albiceleste, però, questo stato di grazia calcistica in cui versa beatamente dal 24 giugno 1987 non si è mai manifestato in tali misure, e, poichè a 12 anni si è trasferito in Spagna per entrare nella Cantera del Barça, non è ancora riuscito a guadagnarsi l'amore degli Argentini. Un figlio biologico allevato dalla Spagna, senza un minuto giocato in Primera Divisiòn che, siamo certi, sarebbe bastato a rubare il cuore di tutti gli amanti del fútbol, un giocatore che in Europa non ha limiti di talento, ma quando veste l'Albiceleste non riesce a brillare come in blaugrana. Il costante paragone con Diego Armando Maradona è un peso schiacciante per chiunque, non tanto dal punto di vista tecnico, quanto da quello caratteriale: Diego era il Diez, la grazia, ma sapeva sporcarsi le mani. Aveva le spalle abbastanza larghe da sostenere i sogni di una Nazione e i limiti di una squadra. Era il primo nella mischia, oltre che il più forte. Leo è un diamante, tecnicamente si avvicina sempre di più alla leggenda di Diego, ma l'incapacità a prendere in mano la sua Nazionale, che in fin dei conti non è mai stata sua fino in fondo, lo allontana dal mito e lo rende un'incognita agli occhi dei connnazionali. Nello spogliatoio la leadership della Pulga è induscussa, ma agli occhi della hinchada questo conta poco. E' stato detto molte volte, forse troppe, ma questa è l'ennesima occasione per Messi di trascinare l'Argentina a un grande traguardo e prendersi il popolo. E' inutile scendere nel merito delle questioni tecniche, Messi è Messi e finchè giocherà sarà inarrivabile per gli altri mortali, e un top o un flop può dipendere solo ed esclusivamente da lui. Tatticamente, el Tata lo schiererà ala destra, nello stesso ruolo in cui ha saputo tornare al top sotto la guida di Luis Enrique: i presupposti per fare finalmente la differenza ci sono tutti, ma come detto è Leo che decide il proprio destino. Lo spostamento del 10 nel ruolo di attaccante esterno ha liberato il posto per la figura che tutti gli argentini vogliono nella loro Albiceleste ideale: il nueve. Negli ultimi anni, con il dominio del Barça di Guardiola, concepito sull'assenza di un centravanti di ruolo, i ct hanno provato a introdurre la figura del falso nueve anche nella Selecciòn, ponendo Leo Messi al centro dell'attacco. I due contesti di gioco sono troppo differenti e ora, come già accaduto con Sabella, è tornato il nueve puro al centro dell'attacco. La scelta per una maglia da titolare è di quelle che tutti gli allenatori al mondo vorrebbero avere: Gonzalo Higuain o Carlos Tevez. El Pipita è stato titolare anche nel Mondiale 2014 e arriva da una stagione individualmente buona, nonostante stia sviluppando un'incapacità di decidere i match che contano direttamente proporzionale alla sua bravura. E poi c'è Tevez, di nuovo. Tornato dall'esilio voluto da Sabella, el Apache è l'anti-Messi: figlio del barrio, cuore argentino, profondamente radicato nella realtà del suo Paese, anche quella che non piace ricordare. Non ha mai dimenticato le sue origini, e questo, oltre al fatto che possiede un talento fuori dalla norma, unito a una grinta spaventosa, lo ha elevato a idolo del popolo argentino. Negli ultimi anni non ha vestito la camiseta Albiceleste, si pensa a causa di un litigio avvenuto con Messi dopo Argentina-Germania del Mondiali 2010, sconfitta che la Pulga imputò all'Apache, colpevole di aver cercato più volte di cambiare da solo gli equilibri della gara. Lo spogliatoio è sempre stato dalla parte di Messi, e Sabella nella propria gestione, volta ad avere un gruppo coeso per vincere il Mondiale, ha deciso che dalla torre sarebbe caduto Tevez. Puntare tutto su Messi è una decisione comprensibile, ma gli argentini vogliono Carlitos in Nazionale. Dopo la chiamata a furor di popolo a Tevez da parte del Tata, il clima con Messi sembra essere del tutto quieto, con i due giocatori che, almeno di facciata, si scambiano parole di stima. In campo il duo potrebbe essere esplosivo, e l'Apache attende la propria occasione per trascinare la sua Nazionale verso il traguardo più importante. In un parco attaccanti già di per sè devastante, si aggiunge anche uno dei giocatori più forti al mondo: el Kun Sergio Agüero. Il campione del Manchester City è un attaccante dai mezzi straordinari, e il cruccio del Tata può essere solo quello di assemblare questi fuoriclasse in modo da avere equilibrio: el Kun può aggiungersi alla corsa per la maglia numero 9, ma sicuramente parte favorito per il ruolo di attaccante esterno di sinistra, con l'incognita Di Maria che dovrebbe scalare a centrocampo in caso di impiego in ala dell'ex Independiente. Nell'amichevolte contro la Bolivia, Agüero ha giocato da centravanti, segnando tre gol, con di Maria posizione di esterno d'attacco: mancava Leo Messi, ma potrebbe essere una soluzione in caso di emergenza. Questo reparto disumano è inoltre arricchito da due preziose alternative sull'ala: Ezequiel Lavezzi ed Erik el Coco Lamela, giocatori con caratteristiche leggermente differenti, adibiti ad ali opposte, in grado di dar fiato ai titolarissimi in eventuali gare ipotecate (nell'ottica del turnover scentifico del Tata)
Il girone in cui si trova l'Argentina garantisce il passaggio del turno al 99%. L'Uruguay è l'unica vera insidia, almeno sulla carta, nonostante il cambio generazionale abbia portato via alla Celeste alcune colonne delle recenti imprese come Forlan e Lugano, e il fenomeno Luis Suarez sia squalificato. Sicuramente non è l'Uruguay più forte possibile, ma i charrùa non vanno mai sottovalutati. Anche in caso di clamorosa disfatta contro la Celeste, il Paraguay di Ramon Diaz non vive uno dei suoi migliori momenti, e la Giamaica si candida con insistenza a ruolo di squadra materasso. I pronostici in Copa América sono fatti per essere smentiti, ma a bocce ferme l'Argentina è la favorita del girone e del torneo. La vittoria finale della Copa, che manca dal 1993, sarebbe un grande traguardo dopo la disfatta in finale Mondiale, e i presupposti per vincere ci sono tutti.
Che il tango abbia inizio, allora.