Non era una finale qualunque ieri sera tra Juventus e Barcellona. Chiunque avesse vinto, infatti, avrebbe scritto la storia del calcio. La Juventus aveva la possibiltà di centrare il triplete (campionato, coppa nazionale e champions) e per come era stato accolto Allegri nessuno del mondo bianconero si aspettava una stagione così trionfale. Tuttavia, anche dopo il risultato di ieri sera la stagione juventina rimane di altissimo livello.
Il Barcellona il triplete lo aveva già centrato, nel 2009. In quell'anno la squadra blaugrana di Guardiola fece incetta di trofei, in sei mesi vinse tutto quello che c'era da vincere: Liga, Coppa del Re, Champions, Supercoppa spagnola, Supercoppa Europea e Mondiale per Club. In Italia il triplete è riuscito solo all'Inter di Josè Mourinho nel 2010 ed in Europa sono solo 7 i club che possono vantarsi di aver centrato le triplici vittorie: PSV Eindhoven, Bayern Monaco, Ajax, Manchester United, Barcellona e Inter, una cerchia di club di primissimo livello.
Il club catalano è sulla strada per ripetere quel fantastico 2009: affronterà nelle due Supercoppe prima l'Athletic Club Bilbao in quella spagnola, poi il Siviglia il quella Europea, per poi disputerare il Mondiale per club. Dopo averli visti giocare ieri sera, come in tutto l'arco di questa stagione, potrebbe essere una pura formalità aggiudicarsi tutte le finali.
L'artefice di questo ennesimo miracolo sportivo è Luis Enrique, che è entrato di diritto nella storia del Barcellona. All'inizio del suo mandato, così come per Allegri, era stato criticato da tutta la stampa catalana, non gradito da Lionel Messi che all'inizio della stagione si è ritrovato più di una volta rilegato in panchina. Ci vuole gran coraggio per non far giocare il numero uno al mondo in questo momento, ma il trainer sapeva dove voleva arrivare e soprattutto cercare di far capire ed infondere nella mentalità dei calciatori che il suo gioco non si poteva basare solo sulle magie dell'attaccante argentino. Inviso dalla stampa che gli imputava l'anna sabbatico preso dopo l'esperienza con la Roma, tutti erano convinti della mancanza di polso in uno sopogliatoio dove stelle e prime donne dettano leggi.
Luis Enrique non ha mai risposto, ha sempre e solo lavorato, il campo gli ha dato ragione prendendosi tutti i meriti con gli interessi. Da calciatore non ha mai vinto la Champions, con la sua nazionale ha giocato 11 anni poi ha intrapeso la carriera di allenatore: 3 anni nel Barcellona B, poi un anno deludente a Roma, dopo essersi fermato un anno ritorna in panchina al Celta Vigo sempre con scarsi risultati.
La fortuna è dalla sua parte, il Tata Martino che guidava il club catalano dopo il dramma di Tito Villanova, porta solo delusioni, la dirigenza blaugrana decide di puntare e scommettere su Luis e le paure di non riuscire a tenere lo spogliatoio unito svaniscono, anzi succede proprio il contrario, i senatori non sopportano che Enrique non abbia flessibilità, che non guardi in faccia a nessuno, maniacale nel rispetto degli orari in campo e fuori, non sono state rose e fiori all'inizio. Solo quando la squadra ha capito cosa voleva il proprio mister le cose sono migliorate.
L'umiltà di Luis Enrique è rimasta intatta nonostante i successi, ieri sera dopo aver conquistato la Champions ha avuto un pensiero gentile per i tifosi e la squadra della Roma, salutandoli tutti" saranno molto contenti della nostra vittoria sulla Juve" oppure molto furbamente ha mandato messaggi in codice verso chi non ha avuto fiducia in lui.