Come nel 2010 e come nella scorsa edizione, Pep Guardiola si troverà a disputare l'accesso alla finale di Champions League in casa recuperando lo svantaggio iniziale. Se nel 2010 e nel 2014 la remuntada appariva possibile quest'anno, molto probabilmente, il Bayern di Guardiola dovrà inchinarsi per lesa maestà dinnanzi alla sua ex-creatura ora come mai perfetta.

Nell'Aprile del 2010 José Mourinho realizzò l'impossibile eliminando il Barcellona, che a detta di tutti era la squadra più forte del pianeta e una delle più vincenti di sempre, spianando di fatto la strada alla vittoria nella finale di Madrid proprio contro il Bayern Monaco allora allenato da Luis van Gaal. Lo scorso anno gli uomini di Pep scesero in campo col passivo di 0-1 contro il Real di Carletto Ancelotti, ma anche in quel caso le speranze di remuntada si infransero. Si infransero contro una partita giocata perfettamente dalla squadra di Carletto, con un Di Maria in versione "mondiale" e quattro contropiedi che stesero all'angolino il Bayern in versione pugile frastornato e intimorito. Ancelotti rispose, alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se avesse definitivamente ucciso il "Tiki Taka", che il bel calcio non muore mai.

E il Barcellona, che nell'ultima stagione e mezza sembrava la copia morta e sbiadita dello squadrone in grado di vincere in qualunque campo giocasse, è rinato dalle sue ceneri presentandosi ancora più forte di come potevamo ricordarcelo. 74 minuti di, precario, equilibrio retti da un super Manuel Neuer e interrotti e distrutti dalla luce di Leo Messi che come dichiarò Guardiola "Se il piccoletto si mette in testa di vincere, per l'altra squadra non c'è partita". Ieri Pep Guardiola, in conferenza stampa, ha sorprendentemente dichiarato che "E' una merda essere il migliore allenatore del mondo", facendo leva sulle critiche piovutegli addosso visto che per la seconda stagione di fila non riuscirà a portare il suo Bayern nella finale della massima competizione europea. La remuntada non avrebbe neanche senso di essere tirata in bello, il tridente del Barcellona (oltre ad essere vicino al record di tridente più prolifico in una stagione della storia blaugrana) sembra essere un cliente fuori portata per qualsiasi squadra.

E se Pep piange, c'è una sua controparte in Catalunya che ride e ride abbastanza. Luis Enrique, allenatore del Barcellona B nella stagione della sestina di Guardiola (unico caso nella storia del calcio), dopo l'esperienza sfortunata in Italia sulla panchina della Roma e la più fortunata sulla panchina del Celta di Vigo della scorsa stagione si prepara a mettere un piede in finale di Champions, dopo aver prenotato la Liga e la finale di Copa del Rey contro l'Athletic di Bilbao. Luis Enrique lanciato verso un triplete possibile, con un tridente da favola. A Luis Enrique va dato il merito di essere stato un grande "normalizzatore", un Allegri catalano. Non era facile far risorgere una squadra perfetta, priva (apparentemente) di motivazioni. Certo il gioco diventa facile quando la squadra in questione ritrova "la gana" perduta di ricordare a tutti di essere i più forti del pianeta. Non si può sapere cosa sarà passato nella testa di Pep il giorno che seppe di rincontrare il suo Barcellona invincibile. Il Dio Pallone ha voluto che il Barça per ritrovare se stesso avrebbe dovuto sconfiggere i "demoni" del passato; tanto se hai Leo Messi in palla puoi battere anche gli alieni di "Space Jam" giocando a Baloncesto. 20:45, Allianz Arena per vedere se il Barcellona si accontenterà di una sconfitta su misura o di un pareggio, anche se la sensazione è che per Pep Guardiola ci saranno altri 90 minuti di inferno.