Le luci del Parco dei Principi, i colori del do Dragao, le note della Champions. L'atmosfera elettrica che da Parigi giunge a Oporto, una serata di calcio e spettacolo. 90 minuti che raccontano due storie diverse, inattese per molti aspetti. Psg - Barcellona è, al via, un antipasto di qualcosa di grande, una "finale anticipata" per seguire il filone della stampa, l'assenza di protagonisti di lusso, Ibrahimovic e Verrratti, non intacca la grandeur della sfida. Il Barcellona deve tornare a imporsi in Europa, il Psg deve firmare l'approvazione al tavolo dei grandi con un successo di peso, confermando quanto di buono messo sul prato di Londra. Una prova del nove, per entrambe. A Oporto, è invece una partita diversa, il progetto di Lopetegui si intreccia con il calcio di Guardiola, con il Bayern ricco e potente, vincente in patria e atteso a un riscatto in Champions.

Al termine, il punteggio è il medesimo, a Parigi si impongono gli ospiti, al do Dragao i padroni di casa. Al Parco dei Principi, in uno stadio che trasuda emozione, si esalta l'undici di Luis Enrique e il disavanzo, tra Psg e Barcellona, è evidente, gigantesco. Il Barcellona scende in campo con personalità, gioca la sua partita, fatta di possesso palla, passaggi brevi, semplici, all'apparenza inutili. Accelera solo quando è il momento di farlo il Barca, ed è letale. Busquets è lo schermo davanti a Piqué e Mascherano, Iniesta il tessitore, Rakitic è tecnica e corsa, davanti tre stelle, di prima grandezza. Quando si accende con quei tre, il Barcellona è una gioia. Neymar apre, ispirato da Messi, Suarez spezza in due il Psg, che, nel tentativo di rimettere in piedi la partita, trascinato dal pubblico, si scompone, lasciando qua e là spazi in cui il Barcellona può affondare il coltello. In velocità, Suarez mette nel sacco David Luiz, inerme. Davanti a Sirigu, non sbaglia, due volte. Il fortunato 1-3 di Van der Wiel, deviazione di Mathieu, non cambia lo scenario. In semifinale, andrà il Barcellona, perché più forte, più pronto. Il Psg paga le assenze e una mentalità non ancora europea. La colonna vertebrale, Thiago Silva - Verratti - Ibrahimovic - costretta a guardare, da fuori. L'infortunio del centrale è il colpo conclusivo alle speranze di Blanc, ma non può bastare come spiegazione, perché la rosa del Psg non può essere riassunta in tre nomi. Steccano in molti, campioni o presunti tali. E questo, a Parigi, deve far riflettere. Il Barcellona, leggero, torna a casa, al Camp Nou, tra abbracci, cenni d'assenso, pacche sulle spalle.

Quel che accade a Oporto ha invece dell'incredibile. Per 20 minuti, il Bayern, chiamato a vendicare la scoppola Real della scorso anno, è alla mercè di un gruppo che sembra non avere punti deboli. Il Porto si lancia su ogni pallone, in fase difensiva è perfetto, per tempi e abnegazione, in fase di ripartenza feroce, quando c'è da punire la supponenza in palleggio dei bavaresi. Anche qui, il tema assenze è rilevante, mancano Robben e Ribery, ma anche Alaba e Benatia, per finire con Schweinsteiger. Anche qui, come a Parigi, il principio guida è però un altro. Il Bayern scende in campo dall'alto di titoli e successi. L'undici di Guardiola, comunque composto da campioni del mondo e fior di giocatori, si lascia travolgere, quasi assente. Dante e Xabi Alonso si condedono a Quaresma, il do Dragao esplode. Lopetegui è seduto e osserva i sincronismi perfetti del Porto. Brahimi e lo stesso Quaresma ripiegano, Jackson Martinez, al rientro, pressa tutti i portatori di palla. Guardiola intuisce al volo il tenore della serata, non a caso esulta a pugni stretti quando Thiago mette dentro il cross di Boateng, con la complicità di Maicon. Quel gol permette al Bayern di vedere all'orizzonte la qualificazione. Jackson Martinez colpisce ancora, Neuer è salvifico, il Bayern esce battuto, ma non ancora eliminato e per quel che si è visto è già una vittoria.