Ci eravamo illusi, sedotti dall'atmosfera di due giornate corse sul filo di risultati e successi. L'impresa della Roma a Manchester, la gara giocata a viso aperto dalla Juventus con l'Atletico. Per un attimo la Champions non era parsa l'inferno consueto, ma un accomodante salotto. L'Italia di nuovo protagonista nel calcio che conta, in evidente progresso rispetto alle recenti apparizioni. La terza tornata giunge ad aprirci gli occhi, a ricordarci lo stato di salute attuale del nostro calcio. Pecchiamo in mentalità e in tenuta atletica. La Roma sceglie di dare del "tu" al Bayern di Guardiola, quasi portandosi con cupidigia al livello dei tedeschi, ed esce travolta dal frullare continuo di Robben, Goetze, Muller, Ribery. La Juve ad Atene torna per un attimo contiana, cede un tempo o più all'Olympiakos, squadra tecnicamente modesta, ma ben messa in campo.
Due sconfitte, diverse per proporzioni, diverse per forze in campo, entrambe pesanti. Restano aggrappate alla qualificazione le compagini azzurre, anzi la Roma, colpita da sette frecciate, è addirittura in seconda piazza davanti al City, come sempre modesto in Europa, di Pellegrini. I giallorossi hanno il potere di determinare il futuro, molto dipenderà dalla sfida dell'Olimpico con gli inglesi. I bianconeri possono contare su un girone che, Atletico a parte, racchiude scarsa quantità di talento. Due partite su tre da giocare allo Stadium, due vittorie per archiviare il discorso.
Nel marasma che avvolge il calcio del bel paese due volti, emigrati all'estero, raccontano di un fallimento forse annunciato. Il Galatasaray abbandona Prandelli. Un Prandelli stanco, svuotato, quasi invecchiato all'apparenza. Lontana l'onda lunga dei successi azzurri. Quel che resta nella mente è il fallimento mondiale, la fuga nella ricca Turchia e ora i problemi, reiterati, con il Gala. 0-4, questo recita il tabellone di Istanbul. Il Borussia, senza Immobile, ma con Gundogan, finalmente ristabilito, gioca a calcio e a calcio insegna e segna. Spettacolo e gol, con un uomo al comando, Marco Reus. L'altra istantanea proviene da Anfield. Balotelli esce a testa bassa a fine primo tempo, scambia la maglia con Pepe, causando le ire di staff e compagni. Mario, sempre lui, sempre nell'occhio del ciclone. Non si sblocca e allora si parla e si riparla, è il destino del "campione" più discusso. Di fronte a lui travolgente corre il Real di Ancelotti e Cristiano Ronaldo, l'uomo dei record.
I galattici completano il quartetto che ambisce alla Coppa più bella. Da campioni conducono il trenino a cui si accodano in ordine sparso il Bayern di Guardiola, sette alla Roma come detto, il Barcellona di Messi, reso impenetrabile da Luis Enrique - sabato per palati fini va in scena il clasico - e il Chelsea del serioso Mourinho. Il portoghese pensa alla gara con il Manchester e vara il turnover, attacca le Nazionali, si preoccupa per Diego Costa, ma continua a triturare ogni avversario. Sei gol al Maribor, una corsa senza freni in Premier, la chiara mano del secondo anno di Josè.
Non resta che cercare altrove note liete. Uno sguardo alla ricca Bundesliga porta alla ribalta un giovane di casa Italia. Giulio Donati segna il suo primo gol assoluto in una notte di Champions. La sua conclusione da fuori sblocca la partita, lanciando il Leverkusen con lo Zenit. Scenario apocalittico. Nella sera in cui Mazzarri fa la conta degli esterni per la sfida con il Saint Etienne, nell'Europa dei grandi un ex interista si mette in bella mostra sulla corsia di destra. Da Donati a Cerci. Nella giornata di gala dell'Atletico Madrid, devastante nella ripresa con il Malmoe, spazio anche per l'esterno. Rientra da destra e disegna la traiettoria a giro, due volte. La seconda vale la festa, è il 5-0 colchoneros, ma è soprattutto un calcio a un inizio difficile. Siamo con Cerci e Donati, aspettando buone notizie, magari dall'Europa League.