Carlos Caetano Bledorn Verri, semplicemente Dunga. Il Brasile guarda al futuro scegliendo il passato. Sarà l'ex centrocampista della Fiorentina a guidare la Selecao verso il nuovo quadriennio mondiale. Dopo l'esperienza, fallimentare, in Sud Africa, Dunga siede nuovamente sulla panchina del Brasile, superando sul filo di lana Tite, il prescelto, fino a qualche giorno fa, per il dopo Scolari. Scelta improvvisa, per certi versi inspiegabile.
Le similitudini tra il prescelto, Dunga, e il silurato, Felipao, sono evidenti. Entrambi dal carattere forte, con un'idea e sol una, figli di una scuola che tutto sottomette al gruppo e alla compattezza. Cambia il modulo, dal 4-2-3-1 del baffuto Scolari al 4-4-2 classico di Dunga, non l'impostazione tattica. Il genio è prostrato alla quadratura, l'estro al bilanciamento. Non a caso la scelta ha sollevato mugugni in patria e altrove. Durante la rassegna iridata, anche nelle uscite vincenti, prima del tonfo teutonico, il Brasile ha subito critiche e fischi per una manovra povera di idee, legata al talento, purissimo, di Neymar Junior.
Con Dunga il panorama non muta, anzi si rafforza. Il suo Brasile dal 2006 al 2010, ha vinto, Coppa America e Confederations Cup, ma mai ha entusiasmato. Non a caso i fedelissimi del tecnico erano Gilberto Silva e Luis Fabiano, nomi sinistramente associabili ai Paulinho e ai Fred visti nella rassegna verdeoro appena conclusa.
A spingere la federazione brasiliana verso Dunga la presenza di Gilmar Rinaldi, nuovo coordinatore tecnico delle Nazionali, vicino a Carlos nell'esperienza all'Internacional e forse le parole di Neymar, il simbolo della caduta. Il suo infortunio ha piegato le speranze del Brasile, acceso le lacrime del pubblico di casa. Lui, accovacciato inerme in panchina, l'immagine più triste. "Il calcio brasiliano è indietro e dobbiamo ammettere che siamo in ritardo rispetto a Germania e Spagna. Dobbiamo essere abbastanza maturi nell' ammetterlo. In Brasile ci si allena con meno intensità e meno determinazione rispetto all'Europa (dove lui è arrivato un anno fa, ndr). Ma noi siamo fatti così...". Proprio la grinta di Dunga sembra essere l'antidoto alla tendenza al divertimento insita nei giocatori brasiliani.
Non ha funzionato la cura Scolari, può funzionare la cura Dunga? Il calcio insegna che non esistono leggi scritte, che la porta del destino muta rapidamente, ma ad oggi è difficile appoggiare il cambiamento scelto. Nel paese del calcio ancora una volta si sceglie il non calcio. Si sceglie di non essere il Brasile, copiando altrove tecniche vincenti. Forse la cura migliore era essere semplicemente se stessi.