Sono serviti altri 120 minuti (i quinti su otto ottavi disputati) per decidere chi meritava per davvero il quarto di finale contro l'Argentina del signor Messi. Il cuore statunitense non è bastato contro la maggior qualità tecnica e fisica del Belgio che, inoltre - anzi - sopratutto, può attingere a piene mani dalla panchina. Chadli, Dembelé, Vermaelen, Mirallas e Lukaku inizialmente non titolari sono un lusso che solo i fiamminghi possono permettersi.

Il Belgio , dopo il 2-1 di stasera ai supplementari, è la quarta squadra europea ai quarti di finale del Mondiale dopo Francia, Germania ed Olanda. Affronteranno l'Argentina a Brasilia. Fra le prime otto squadre del mondo si laureano le prime otto di ogni gruppo, fuori tutte le seconde.

I 90 minuti sono uno spettacolo molto bello, giocato ad alti ritmi ed a viso aperto. Nè gli Stati Uniti né il Belgio hanno paura. Gli USA, schierati con un 4-3-3 con la novità dell'assenza di Beckerman, rimpiazzato da Cameron, alzatosi in mezzo (Fabian Johnson terzino), rimangono compatti, sopratutto a centrocampo, dove non si fanno sorprendere ed accolgono i tre centrocampisti belga (de Bruyne, Fellaini e Witsel) nella trappola della parità numerica.

Sono principalmente due i giocatori a prendersi tutte le luci dei riflettori nei tempi regolamentari. Il primo è Origi, oggi titolare al centro dell'attacco di Wilmots (solo panca per quel Lukaku che poi risulterà decisivo): l'attaccante classe 95 nonostante le leve lunghissime possiede capacità atletiche e tecniche fuori dalla norma in proporzione alla sua stazza. Scatta come un antilope nonostante assomigli al più scoordinato degli arieti. Arretra ed è capace di essere l'architetto di deliziosi passaggi per i tagli dietro i centrali delle sue ali: Hazard a sinistra e Mertens a destra. Prova ne sono i modi e le maniere diverse in cui Origi sforna occasioni. Per sè o per i compagni. Entra praticamente in ogni azione offensiva belga ed in ordine cronologico taglia davanti al suo marcatore ricevendo il filtrante di de Bruyne, colpisce la traversa superiore con un colpo di testa, si allarga e mette in mezzo per Mirallas ed il suo tacco, impegna Howard con un tiro forse troppo telefonato, arretra come Ibrahimovic e serve Mirallas mandato a tu per tu col portiere avversario.

L'altro protagonista è proprio lui, Tim Howard, eccentrico veterano, di mestiere portiere degli USA. Sono 7-8 le parate di ottima fattura in cui l'estremo difensore dell'Everton si prodiga prima di capitolare all'1-0 di de Bruyne.  Le più belle e importanti avvengono nell'assalto finale del Belgio, quando ferma i sogni di gloria di Hazard che incrocia e Kompany.

E' una partita difficile da spiegare perché gli USA nel primo tempo fanno girare palla per più tempo rispetto a quanto faccia il Belgio. Il numero dei passaggi completati è maggiore, così come la percentuale di possesso palla. Il Belgio si gode le praterie concesse dalla Nazionale di Klinsmann e su quei prati si diverte con accelerazioni improvvise dei suoi funamboli, oggi anche al servizio della squadra (vedi il lavoro difensivo di Hazard). Le statistiche raccontano di una Nazionale statunitense superiore nella gestione della palla. Ma lì davanti non spinge nessuno la palla dentro. Dempsey, ricordiamolo, è una seconda punta chee con il tempo si è ricilato quasi centrocampista. Non è un centravanti. Dov'è Altidore, recuperato a tempo di record? Dov'è Johannsson, uno dei migliori bomber in Eredivisie l'anno scorso? Se Klinsmann allenasse l'Italia sarebbero queste le colpe su cui il popolo si divertirebbe a ballare.

Jurgen, dalla panchina pesca anche bene, volendo. Quando nel primo tempo deve rinunciare a Fabian Johnson ed inserisce il giovane Yedlin la squadra ne giova in spinta esterna, vista la latitanza di Zusi e Bedoya qualche metro più avanti. Meno felice - invece - l'ingresso della punta Wondolowski che sarà ricordato per il gol sbagliato a tempo scaduto con il guardalinee che gli fischia un fuorigioco inesistente. Il terzo ed ultimo cambio per Klinsmann sarà quello giusto. Esordisce al Mondiale un ragazzino che vaga fra fascia e trequarti come di questi tempi fanno tanti. E' un '95, come Origi. E' Julian Green, il giocatore più giovane di Brasile 2014. Quando Bradley lo trova con un pallonetto a scavalcare Kompany-van Buyten lui si coordina e sporca il pallone quanto basta per battere Courtois nonostante la marcatura di Alderweireld.

Peccato per lui e per gli USA che ad inizio supplementari Wilmots abbia optato per far uscire Origi, stremato nonostante i ricami di bellezza rara, mandando in campo il criticato dalla stampa, il fuoriclasse che sta fallendo l'appuntamento con la ragazza più bella che gli possa capitare in vita sua. Lukaku fa molto in fretta a cambiare il verso del suo Mondiale. Mirallas gli serve la palla e lui, in contropiede, con una spallata poderosa, butta giù il suo rivale e si avvia verso la porta. Palla all'accorrente de Bruyne che insacca e fa 1-0 al 93°. Dodici minuti dopo un'altra scossa tellurica, l'epicentro è sempre Romelu. 2-0 non difficilissimo ma potente. Un bolide che racconta di un giocatore che si ribella alla sorte e manda ai suoi ai quarti di finale. Lukaku.