La sensazione che circumnaviga il Castelao di Fortaleza, si inerpica sui piloni laterali e scende sugli spalti intorno all'80° è di quelle forti. Quì il Brasile rischia davvero di diventare l'unica big a confermare le attese. Sono uscite Italia, Inghilterra, Portogallo e Russia che di certo big non sono ma di aspettative ne avevano. E' uscita la Spagna, detentrice del trofeo e sta per uscire anche l'Olanda, l'altra finalista di Sudafrica 2010. In Brasile sta accadendo quanto di più assurdo.
Il risultato è fermo sullo 0-1 in favore del Messico. La firma l'ha apposta Giovani dos Santos, ex promessa del calcio mondiale, eclissatosi come tante altre stelle nell'orbita Messi. Adesso gioca nel Villarreal ed ha appena bucato Cillessen con un tiro fantastico, da posizione simile a quella dalla quale ieri ha dipinto James Rodriguez. Ha eluso la marcatura di Blind ed ha lasciato partire il fendente. Blind, suo marcatore, aveva da 40 minuti preso residenza lì, davanti alla difesa. Daley Blind, sì, colui che fa il terzino o la mezzala senza distinzione. Il giocatore dell'Ajax oggi funge da regista dai tocchi semplici e puliti visto che de Jong non è andato oltre l'ottavo minuto ed ha dovuto abbandonare il centro del ring. Al posto di Blind, terzino, entra Martins Indi che insieme a de Vrij e Vlaar centralmente e Verhaegh a sinistra - perché Janmaat è finito in panchina? - completa la retroguardia. L'Olanda, dopo l'uscita di Nigel, è passata dal 4-3-1-2 iniziale (giocano Kuyt e Wijnaldum ai lati di de Jong) al 3-5-1-1 con Kuyt esterno totale.
Van Gaal stavolta rischia di sforare. Più tardi, nel secondo tempo, il santone si inventa Kuyt prima e Wijnaldum poi, terzini. La duttilità che aveva permesso agli olandesi di avere la meglio sulla Spagna sta portando alla deriva gli Oranje. C'è disordine dietro, dove l'isoltato Vlaar viene più volte infilato da destra o sinistra a piacimento dal pimpante Peralta, dove Martins Indi si ritrova in avanti quando deve stare dietro e dietro quando deve stare avanti, dove Verhaegh non sale né chiude bene le diagonali. Il risultato di questo soqquadro tecnico-tattico è il predominio del Messico nei primi 60 minuti.
Il Tricolor, per contrappasso, è di un ordine maniacale. Tutto organizzato e strutturato. Per la prima volta stasera Miguel Herrera ha cambiato un giocatore all'interno dell'undici titolare: al posto di Vasquez c'è Salcido, anche lui riciclato mediano dopo aver passato una vita in fascia come Blind. Gerarchie ed ordini precisi. Layun scavalla come quinto di sinistra, Aguilar copre sull'altra fascia. I tre centrali sono puntuali nelle chiusure: Rafa Marquez è duro come un caporale e guida i suoi soldati. Uno di essi cade in battaglia: è Hector Moreno che esce dal campo al 45° lasciando spazio a Diego Reyes. Oltre al vivace Peralta, a mettersi tanto in mostra nel Messico, è Hector Herrera. Mezzala demoniaca per conformazione del viso e per caratteristiche tecniche: magrolino, veloce, bravo nel dribbling. Assomiglia, con le dovute proporzioni, al Fideo Di Maria. Nel primo tempo sfiora il palo prima e poi quasi non approfitta del "vado io o vai tu?" fra de Vrij, Cillessen e Vlaar. L'Olanda, nonostante in campo abbia idee poco chiare, prova a mettere il naso fuori con Robben , irriducibile nel dribblare anche i raccattapalle con la solita finta.
Poco prima delle chiusura dei primi 45 minuti, Giovani dos Santos prende le misure con un tiro a giro. Al 58° le prove generali partoriscono la rete dello 0-1. E' chiaro come Van Gaal abbia bisogno di un'altra freccia da aggiungere all'arco per rimontare. Quando la necessità si è presentata ha sempre chiesto a Depay di togliere la casacca delle riserve. Al 56°, Memphis, ripete l'azione e si avvia in campo. Van Gaal vara il 4-2-3-1 con Martins Indi e Kuyt terzini, Blind e Wijnaldum mediani, Sneijder fulcro principale del tridente dietro RVP composto sulle ali da Robben e Depay stesso. Conseguenza tattica del cambiamento è la maggior libertà della quale Wesley può godere. Sneijder si rende pericoloso due volte in pochi minuti mentre nel Messico Giovani dos Santos si è accomodato in panchina per il suo compagno di squadra al Villarreal Aquino, esterno. Miguel Herrera si copre e fa 3-5-1-1. L'ultimo "uno" del modulo della Tricolor, Peralta, attivissimo (probabilmente il Club America non lo venderà per meno di 15 milioncini) è sostituito da Chicharito Hernandez, carta dalla panchina al 75°.
Il tempo passa, Wijnaldum scala terzino e Kuyt mediano, Van Gaal sconfessa van Persie e lancia Huntelaar, rispolverato nel momento giusto. Intanto, in porta nel Messico c'è Ochoa: lo ricordate, il portiere eroe del pareggio col Brasile? Bene, lo svincolato al 45° ha chiuso il negozio. "Signori, passare domani. Esercizio chiuso!". Saracinesca bloccata e parate enormi su de Vrij da calcio d'angolo (un po' di fortuna ma che istinto) e Robben (Arjen sgomma, ancora una volta, salta benissimo il suo marcatore e da destra cerca il tunnel sul riccio portiere). Sneijder, liberato finalmente dall'asfissiante compito difensivo di doversi occupare della regia di Salcido, però, intravede uno spiraglio nella saracinesca usurata. Su calcio d'angolo all'87° il Messico chiude in area ma appena fuori non ha nessuno: Sneijder ha tempo per innescare il missile imprendibile. E' 1-1 e l'Olanda attacca all'arma bianca. E' assedio. Per la seconda giornata consecutiva ci avviamo ai tempi supplementari dopo Brasile - Cile.
No, no. Robben che scorre fluido come l'acqua, veloce come un ruscello e potente come una cascata, ha ancora una goccia di sudore da spendere. Marquez, la pietra, la roccia invecchiata, cede come il più comune minerale sotto i colpi dell'acqua che colpisce ripetutamente nel tempo. Al 91° Robben entra in area con gli occhi di fuoco, salta Marquez e lo costringe al fallo. E' rigore. Dagli undici metri va Huntelaar, The Hunter. Un cacciatore da 11 metri la differenza la fa sempre. Huntelaar batte Ochoa. L'Olanda è ai quarti di finale.