Messi, Neymar, non Cristiano. Il Portogallo, in una delle sue peggiori versioni, saluta il Mondiale e lo sguardo di Ronaldo, racconta di un campione che sa di aver appena concluso l'ultima recita da protagonista. Il Portogallo è sempre stato a un passo dal sogno, europeo o mondiale, ma non ha mai trovato la zampata vincente. Impossibile compiere l'impresa qui, con una squadra oggettivamente inadeguata. Il Pallone d'oro lascia, zoppicante. Il tendine rotuleo, spinto al limite in una stagione coronata dalla Decima, reclama cure e riposo. Ci ha provato Cristiano, ha anche trovato il primo gol, ma ha sbattuto contro la realtà dei fatti. Senza la cresta di Ronaldo, il Mondo volge lo sguardo all'altra cresta più seguita, quella del figliol prodigo, Neymar da Silva Santos Junior.

La Selecao si affida al suo giovane campione, appena ventiduenne, con le spalle appesantite dalla pressione di un popolo. Neymar, il campione criticato, discusso, osannato. Amato in Brasile, ripudiato altrove per quella tendenza all'esagerazione, allo "sfottò", alla simulazione. Quattro gol, per trascinare un Brasile, fin qui modesto, nel girone di qualificazione. Con la Croazia ha risolto Neymar, nell'esordio segnato dagli errori di Nishimura e dalle incertezze di Pletikosa. Contro il Camerun una recita per la folla. Ora il Cile, altra storia.

Leo Messi di anni ne ha qualcuno in più. A Rosario, il 24 giugno 1987 ha visto la luce la Pulce. Con il Barcellona ha insegnato al Mondo un modello di calcio bellissimo e non replicabile. Il ciclo catalano, increspato dall'addio di Guardiola, si è spento, come quello della Roja, con l'avvento del Tata Martino. Leo, che viene dalla stagione più difficile, ha puntato sulla rassegna iridata. Da anni grava su Messi l'accostamento con Maradona e a differenziare i due non è tanto lo status individuale, quanto la capacità di affermarsi oltre il club. In Argentina osannano Diego, Dio, la mano di Dio. L'apoteosi del 1986, il gol del secolo. Messi guarda a quello e sa che per avvicinarsi a Diego deve trascinare questa Argentina al titolo. Tra quattro anni in Russia potrebbe essere troppo tardi. Quattro gol per Messi, come per Neymar.

L'Argentina, come il Brasile, stenta. Con la Bosnia ha rischiato, con l'Iran ha risolto nel finale. Aguero, fermato da un infortunio, ha salutato il Mondiale, ma il problema, possibile, dell'Albiceleste non è certo nel reparto avanzato. Fino ad ora ci ha pensato Leo, sempre. All'orizzonte la Svizzera, apparsa modesta, ma guidata da un tecnico coriaceo come Hitzfeld.

Più avanti, in una possibile finale Neymar Junior. Dal Barcellona al Mondiale. Dal Camp Nou al Brasile. Neymar ha scoperto la Liga e l'Europa e al cospetto di Messi ha come subito l'aurea del compagno. L'allievo si è intimorito davanti al maestro, prima di riprendersi la scena in Nazionale, prima di tornare spavaldo, talvolta spocchioso, ma vincente. Messi deve vincere, prima di Neymar, per dare del "tu" a Maradona, perché Brasile - Argentina è in fondo il calcio.