Tra le tante distorsioni del calcio moderno, una delle ultime, e strettamente legata a questioni economiche, è il possesso del cartellino di un giocatore da parte di un fondo d’inversione. La presenza degli hedging funds nella gestione dei calciatori è una delle conseguenze della crisi economica. Fondi  e banche,  stanchi di perdere denaro in borsa e avendo magari esaurito le persone da truffare, decidono di investire in uno dei settori che continua a muovere grandi quantità di soldi, il calcio.

Contro questa pratica ha deciso di schierarsi apertamente il presidente della UEFA Platini, che in questi giorni si trova a Bilbao per una serie di incontri. “Non possiamo accettare che i giocatori siano proprietà di queste entità finanziarie” ha detto Platini, che in questi anni ha preso di mira diversi elementi del “calcio moderno” e non è nuovo a crociate del genere.

“Credo che sia una vergogna e non condivido il pensiero del presidente della Federazione Spagnola” ha ribadito Platini. Javier Tebas, massimo rappresentante della LFP (Liga de Fútbol Española) che si era detto favorevole. “Lotterò per cambiare questo sistema ed evitare che i fondi d’inversione possano compiere queste operazioni; anche la FIFA sta studiando la cosa e stiamo aspettando che prendano una decisione; se non lo faranno loro, ci muoveremo noi”.

“Abbiamo il dovere di proteggere il calcio da queste situazioni: capisco che i fondi vogliano recuperare i soldi investiti nei club, ma quel denaro non torna alle società e non viene investito nei settori giovanili”. Platini ha citato Real Madrid e Barcellona come un esempio di club che mantengono la propria essenza.

In Sudamerica è una pratica in voga da anni: i primi nomi noti sono stati quelli di Tevez e Mascherano, i cui cartellini erano gestiti in passato dalla Msi, società appartenente a Kia Joorabchian, un iraniano dall’opaca biografia. Secondo Wikipedia, Joorabchian controlla una settantina di giocatori in Europa e Sudamerica.

Altre società specializzate in questo business sono la Traffic e la Sonda, che aveva in mano il 40% del cartellino di Neymar. La proprietà dei calciatori, e non quella dei club che è molto più complessa, sta diventando un bene rifugio in tempo di crisi.