Una partita, 90 minuti, tra le mura amiche, per cambiare il destino, per non tornare all'infausto '94. Allora fu la Bulgaria a spegnere i sogni dei galletti, oggi potrebbe essere l'Ucraina. Kiev ha freddato le manie di gloria dei blues. La Francia si è scoperta fragile. Arginata da un undici disciplinato, commovente per abnegazione e coraggio, non certo infarcito di talento. Due ali, schegge impazzite, capaci di mettere a ferro a fuoco la retroguardia di Deschamps, e tanta organizzazione difensiva. Questo il piano, vincente, proposto da Fomenko. Spento Ribery, accerchiato Pogba. La corrente d'oltralpe intermittente e nebbiosa.
Sembra uno scherzo riscritto dalla storia del calcio. Uno scherzo tremendamente serio. Il pallone par aver scelto, attraverso una delle sue leggi non scritte, di punire la superbia francese. Dal mani galeotto di Henry all'inferno ucraino. Da quella qualificazione usurpata all'Irlanda del Trap alla punizione divina quattro anni dopo. 0-2 e un cappio al collo. Questo lo scenario a Saint Denis, con il tecnico ex Juve che prova a crederci, a caricare una squadra non certo sconfitta in partenza, se non altro per il divario di storia e talento tra le due compagini, quanto messa spalle al muro da un'identità di uomini e vedute che resta impalpabile. La Francia, agli occhi dei più, appare un agglomerato di ottimi giocatori, slegati gli uni dagli altri. Forti, ma incapaci di creare un flusso comune. E in Francia, che non amano errori e "tradimenti" non hanno mancato di farlo notare. La stampa ha messo alla ghigliottina la performance dell'andata. Per tutti spacciata, la nazionale transalpina cerca di chiudersi nel guscio sempre più piccolo di una corazza minata da problemi importanti. L'Equipe e Le Monde hanno parlato di miracolo, Le Libération ha addirittura sarcasticamente chiosato "I blues ridono giallo".
Deschamps, costretto, non può che ostentare calma "Manca ancora la seconda tappa. I tifosi devono essere i primi a credere nella rimonta". Benzema "Passeremo noi". Proprio l'attaccante del Real potrebbe essere la mossa di Didier. Costretto a recuperare il pesante 0-2, non è detto che il tecnico non scelga di schierare due punte. Karim con Giroud, per variare quel classico 4-2-3-1, che l'Ucraina ha dimostrato di conoscere e interpretare, o meglio limitare, così bene. Fomenko non inventerà nulla. Solita partita fisica, aspra, fallosa anche. Poi ripartenze feroci, con Yarmolenko e Konoplyanka. Mancheranno Koscielny e Kucher i protagonisti della rissa finale dell'andata, ma la sensazione è che la partita prescinderà dagli effettivi in campo. Dalle qualità tecniche. Una battaglia sul filo della latente psicologia mentale. L'obbligo del risultato, ampio, a formare una spada di Damocle sopra la testa di Lloris e compagni. La foga, l'esigenza, a fungere da nemico. Le lancette a segnare il tempo che separa dall'eliminazione più inattesa.
Occhi ovviamente puntati su Frank Ribery. Invischiato nella lotta per il pallone d'oro, nel triumvirato con Ibrahimovic e Cristiano Ronaldo, cerca la consacrazione anche fuori dalla Monaco amica. Il Bayern tritatutto di Heynckes, ora rivestito e modellato dal filosofo Pep, si è issato sul mondo guidato dal genio continuo di Boulogne sur Mer. Ora un palcoscenico ancor più prestigioso. Una sfida che non ha domani, con una casacca che è appesantita da evento, tradizione, attesa spasmodica. La voglia matta della Francia di rivincere nel Mondo sulle spalle di Ribery.
A rincuorare il doppio precedente a favore. Nel 2007 Ribery e Anelka trascinarono i blues in fase di qualificazione, mentre nel 2012, durante l'Europeo, furono Menez e Cabaye a garantire il successo ai galletti. Il fantasma dell'ennesima delusione porta invece le vesti di un'infernale tradizione in sede di spareggi mondiali. Da Cajkovski a Kostadinov, quarantacinque anni di insuccessi e cocenti delusioni.