Bayern Monaco contro Chlesea, o se preferite, Per Guardiola contro Josè Mourinho. Ennesima puntata di una rivalità senza quartiere, che ha infiammato - e aggiungeremmo inquinato per i veleni lanciati dal portoghese nella sua guerra senza quartiere - due anni di Liga spagnola, e i cui strascichi sicuramente si trascineranno anche in questa serata.
Adiòs espana quindi: Guardiola, dopo aver plasmato e guidato a trionfi inimmaginabili lo squadrone dei Marziani, si è preso un anno di riposo prima di dire Ja al progetto bavarese. Un compito non facile il suo, sopratutto perchè Yupp Heinckes, che lo ha preceduto, ha fatto piazza pulita di trofei: campionato, Champions Leauge e Coppa di Germania, mentre Pep al suo esordio veniva preso a schiaffoni dall'irriverente banda di Klopp in Supercoppa.
Josè, che ormai in Spagna si sentiva accerchiato in ogni dove dalla stampa che non ha mai abboccato alle sue provocazioni, è tornato a Londra, sponda Chelsea: "Laggiù mi sento amato" ha più volte ripetuto, e in Spagna non sono mai stati più felici di quelle parole. In tre anni di Madrid solo una Liga, una Coppa del Rey e una Supercoppa di Spagna. Ma non arriverà mai la Champions, quella Decima che a Madrid attendono come la manna dal cielo. Lasciatosi alle spalle le scorie spagnole, Mou è tornato a casa ed pronto per riprendere la sua storia d'amore coi Blues. E stasera il destino gli riserva subito l'appuntamento con il suo arcinemico, una nuova puntata di una rivalità destinata a passare alla storia del calcio.
Il sogno e l'ossessione - San Siro, 20 aprile 2010: è tempo di semifinali di Champions League e a Milano sbarcano i blaugrana. Una trasferta nata sotto una cattiva stella per loro: le bizze di un vulcano dal nome impronunciabile mettono sottosopra il traffico aereo in tutta Europa. Troppo pericoloso volare, troppo il rischio creato dall'eruzione: e così il Barça muove verso Milano con il pullman. Un trasferta d'antan, sebbene con mezzi iper moderni e dotati di ogni comfort. La posta in palio non è semplicemente - ma nemmeno troppo - la finale di Champions League: i tifosi catalani sognano il Grande Sgarbo, andare a giocare la Finale al Bernabeu, nella tana degli arci rivali. E poi il pensiero stupendo: festeggiare la Champions per le vie di Madrid. Troppo per il popolo blanco, che da troppo tempo assiste al dominio dei blaugrana nella Liga.
Per i tifosi interisti invece sarebbe un ritorno alla grandeur dei tempi di Herrera: la Grande Inter che dominava il mondo intero del calcio. Troppo distanti quegli anni in bianco e nero, che i più giovani han vissuto solo nelle immagini delle teche RAI o nei racconti dei nonni. Anni e anni di sfottò da parte dei cugini milanisti, sette volte campioni d'Europa: e ora la grande possibilità di cancellare tutto in un solo colpo. L'inizio di gare sembra però spegnere sul nascere gli entusiasmi dei tifosi interisti: al minuto diciassette Pedro insacca il gol dell'1-0. Un gol pesante, perchè segnato in trasferta. Pesante il doppio perchè il Barça ha messo la partita come voleva lui: passare in vantaggio per poi controllare tranquillamente e sferrare i colpi letali al momento giusto. Ma quella di Milano è la grande notte dell'Inter: Snejder impatta, Maicon mette la freccia, Milito assesta il colpo decisivo per un 3-1 da leggenda.E' una vera lezione di calcio quella imposta agli uomini di Guardiola, che escono dal campo a testa china: Messi annullato da Capitn Zanetti, Ibra che si annulla da solo come spesso fa quando conta e che esce fra i fischi degli ex tifosi.
C'è ancora il ritorno da giocare però prima dicantare vittoria, due gol da difendere nella bolgia infernale del Camp Nou. Prima della partita Mou sa toccare le corde giuste: "Per noi la finale di Champions è un sogno, un obiettivo da raggiungere. Per il Barcellona è una vera e propria ossessione. Loro sono ossessionati dall'idea di giocare la finale al Bernabeu di Madrid". Il Barça le prova tutte prima e durante la partita: Busquets reisce a ingannare l'arbitro e far espellere Thiago Motta, poi i blaugrana cingono d'assedio la porta dell'Inter. Un assedio sterile, tanto possesso palla ma poche occasioni di spaventare Julio Cesar. L'Inter diefende con tutti gli uomin che ha, compreso Eto'o, soldatino diligente che per il Condottiero di Setubal fa anche il terzino. Non si passa da quelle parti: Bojan lo fa sul finire del match, poi Keita buca ancora Julio Cesar per il 2-0 a un secondo dalla fine della partita. Tutto inutile, l'arbitro aveva fermato il gioco e il gol non vale. Al triplice fischio esplode la gioia di Mourinho e del popolo nerazzurro: il coro "Ce ne andiamo a Madrid" rieccheggia in città come un nuovo tormentone estivo. Musica soave per le orecchie interiste, cacofonia per i milanisti. L'appuntamento con la storia è fissato per il 22 maggio: 2-0 al Bayern e triplete messo in cassaforte. Però quella, è anche la sera dell'addio: Mou saluta la compagnia e sale sull'auto messa a disposizione dal Rreal Madrid. Il Santiago Bernabeu sarebbe stata infatti la sua prossima casa.
Clasicos de fuego - C'è una Champions da vincere con il Real: non una qualunque, ma la tanto agognata Decima. Un uomo Speciale per una missione speciale: questo il grande disegno del pueblo blanco. Mourinho il liberatore, quello che impedito che le armate Catalane sbarcassero in massa in Castiglia per tornare a casa con la Coppa delle Grandi orecchie. E' sufficiente questo per fare dell'Uomo di Setubal il nuovo profeta del madridismo. Però l'inizio è da incubo, e il tutto si materializza nel novembre del 2010. Al Camp Nou il Barça umilia gli storici rivali con un 5-0 leggendario. Mourinho è seduto come svuotato in panchina, mentre assiste alla debacle delle sue truppe. I tempi dei sogni che vincono sulle ossessioni sembra lontano anni luce: perchè è Mou a caricare all'inverosimile la partita, perchè sono i blancos che la mettono sui calci quando capiscono che a calcio ormai non c'è più nulla da fare. Sergio Ramos rifila un calcione da censura a Leo Messi e viene cacciato, gli animi intorno si surriscaldano e lo stadio si trasforma in una bolgia dantesca. Xavi, Pedro, due volta Villa e Jeffren hanno dato il loro personale bentornato al Camp Nou a Mourinho. Sarà solo il primo di ben sette Clasicos che si disputeranno in quell'anno: nel ritorno di campionato finisce in parità 1-1. Messi e Cr7, entrambi su rigore.
Ad aprile le due squadre si danno appuntamento per la semifinale di Champions: la tensione è alle stelle, e ancora una volta Mou si trova dalla parte dell'ossessione. E ancora una volta rimedia una sconfitta: Messi illumina il Bernabeu con una doppietta, al ritorno Pedro smonta subito le velleità di rimonta dei Blancos, che impattano con Marcelo e nulal più. L'unico intermezzo felice per i bianchi capitolini è la sera del Mestalla: una zuccata di Ronaldo regala loro la Copa Del Rey, la stessa che l'improvvido Sergio Ramos manda sotto le ruote del pullman durnate la festa notturna per le vie di Madrid. Alla ripresa dopo l'estate i Blancos vinceranno anche la Supercoppa, ma il vero obiettivo è stato mancato. La Champions ha preso ancora la strada di Barcellona.
Risse e polemiche - Si riparte per una nuova stagione e il clima in Spagna si fa sempre più rovente. Le polemiche sono sempre di più all'ordine del giorno: Josè litiga con tutto e con tutti. Compreso con Tito Vilanova, vice di Guardiola, a cui caccia un dito nell'occhio nel corso di una scaramuccia che si era accesa fra le due panchine. E intanto la Decima proprio non ne vuole sapere di entrare nel museo del Bernabeu. Stavolta l'incubo ha i connotati tedeschi: dapprima il Bayern Monaco (ai rigori) e poi da ultimo il Borussia estromettono ancora una volta la squadra di Madrid dalla possibilità di giocarsi la finale. Contro i Bavaresi sono fatali i calci di rigore, contro i gialloneri si fermano a un passo dall'impresa di ribaltare il 4-1 subito al Westfalen Stadion. La Liga vinta con record di punti nel 2011/2012 è l'ultimo regalo di Mou ai Blancos.
Perchè l'ultima stagione lascia in eredità quegli zero tituli con cui sbeffeggiava Milan, Roma e Juventus ai tempi d'oro dell'Inter, e tante polemiche. Ci rimette Iker Casillas: da San Iker a nemico dello spogliatoio, reo di cercare i buoni rapporti coi "nemici" blaugrana, in nome dell'armonia nello spogliatoio della Furie Rosse. Mentre il rivale andava a fondo al timone di una barca che faceva acqua da tutte le parti, Pep si godeva il suo anno lontano dallo stress del pallone. New York come oasi lontana dai veleni della Spagna. Un posto dove ricaricare le batterie prima di buttarsi in una nuova avventura. Si scatenano tutte le più grandi squadre su di lui, che però alla fine decide di andare in Baviera, a esportare il modello Barça in terra di Germania. Josè torna dove si sente amato, dove hanno coniato per lui il soprannome di Special One: Stamford Bridge ha accolto il figliol prodigo come conviene a un re, e lui proverà a riportare i Blues in alto. Stasera la prima occasione, e di fronte troverà il caro vecchio nemico Pep.