Idee chiare, una volta di più. Il secondo cambio di head coach in due anni, una novità per la Mensana targata Montepaschi, non genera rivoluzioni ma va nella direzione più ovvia.
Dopo oltre 30 anni di carriera ad alti livelli, che l'hanno visto protagonista in piazze diversissime e avventurarsi in esperienze sempre nuove, Marco Crespi raggiunge meritatamente la panchina dei campioni d'Italia, di cui lo scorso anno era preziosissimo assistant coach. 
 
Crespi, varesino di 51 anni, compiuti da poco più di un mese, non nasconde la gioia e nella sua prima dichiarazione, dopo la nomina, parla di "voglia di sorprendere" e "orgoglio", caratteristiche che lo hanno sempre accompagnato. Un uomo che potremmo definire "a tuttotondo", uno dei pochissimi personaggi dello sport che non ha paura né imbarazzo a esprimere opinioni in campi lontani dal suo, e sempre con intelligenza. Un globetrotter, che ha avuto esperienze in Spagna (da allenatore) e oltreoceano (da scout), con il basket costante imprescindibile dei suoi pensieri giornalieri e la palestra luogo di duro, amato lavoro. Un basket che vede come gioco, lavoro, passione, in costante e continuo cambiamento, con gli odiati "rumors" tenuti a debita distanza.
 
Assistente di Tanjevic nella gloriosa campagna europea del '99, Crespi assume la direzione tecnica dell'Olimpia Milano non ancora quarantenne, nel biennio 1998-2000, uno dei più duri della storia delle scarpette rosse, con un budget all'osso e i lustrini di Armani ben lontani dall'essere una realtà. Crespi indovina gli acquisti di Booker e DeMarco Johnson, ma nemmeno lui riesce a contenere le follie di Lee Nailon, il pezzo pregiato del mercato di Milano, che arriva in Italia da rookie senza avere la minima idea di cosa voglia dire fare il professionista e va via tra mille rimpianti per iniziare una carriera da 306 partite (e oltre 8 punti di media) in NBA. A Milano Crespi ha l'opportunità di lavorare con quello che ha definito il miglior giocatore da lui allenato, Shawn Respert, che lo colpisce per la combinazione di talento ed energia. Il capitolo milanese si conclude comunque male, Crespi paga per colpe non sue ed è costretto a ripartire dalla A2, dove vince immediatamente il campionato con Biella trascinata dalla coppia Brewer-Granger. Il successo permette al coach di tentare l'avventura iberica, a Siviglia, dove porta anche i due americani con cui aveva trionfato in Piemonte. L'esperienza in ACB si conclude con un 12esimo posto (dopo le semifinali raggiunte dalla squadra l'anno precedente) e Crespi ritorna in Italia per guidare la Scavolini Pesaro.
Un'avventura dolceamara, caratterizzata da due anni intensissimi: un esonero, una nuova chiamata in corsa, tanti problemi con un gruppo di giovani americani (Clarence Gilbert, Aaron McGhee, Norm Richardson) e un ormai ex giocatore (Gatling, arrivato in Italia, disse Crespi qualche tempo fa, "per trascorrere una vacanza pagata") e i quarti di Eurolega raggiunti grazie soprattutto a Charles Smith, i cui 32 punti in gara 2 non bastano per portare allo spareggio il Maccabi di Anthony Parker.
Per i 3 anni successivi, Crespi mette la sua esperienza e il suo occhio nel riconoscere il talento a disposizione dei Phoenix Suns, di cui diviene direttore dello scouting internazionale. Ritorna in panchina a Casale Monferrato, dove resta per 6 stagioni, un record per lo sport italiano, riuescendo la portare la squadra in Serie A e scoprendo, tra i tanti, giocatori come Dowdell, Hickman (pescato nel campionato finlandese) e Janning. Proprio quest'ultimo lo segue la scorsa stagione a Siena, e chissà che non sia tra i protagonisti della prossima avventura di un coach che non ha mai paura di mettersi (e rimettersi) in gioco.