E' stato uno Slam "Happy" solo per Roger Federer. Gli Australian Open edizione 2018, appena conclusisi con il sesto trionfo del fuoriclasse elvetico a Melbourne, hanno infatti sorriso ancora una volta al 36enne da Basilea, capace di ripetere l'impresa di dodici mesi fa e di allungare la striscia di Major vinti fino a quota venti. Per tutti gli altri, avversari o presunti tali, solo infortuni o battute d'arresto precoci e inattese, mentre sono sbucati dal nulla un paio di sorprese, attese alla conferma del campo nei prossimi mesi sul circuito maggiore. Ecco dunque il rendimento dei protagonisti più attesi del torneo maschile.

- Roger Federer. In versione FedExpress fino alla finale, lo svizzero ha regolato agevolmente gli avversari per tredici giorni, senza lasciare per strada neanche un set, mostrando il solito tennis brillante e irripetibile, assistito da una condizione fisica invidiabile per un giocatore di trentasei anni. Ha rischiato l'harakiri in finale, salvandosi grazie ad esperienza e talento, trionfando con quell'intramontabile fascino del classico che lo accompagna da ormai quindici stagioni. 

- Rafa Nadal. Il fisico ha tradito nuovamente il maiorchino, come era già accaduto in passato a Melbourne e anche alle ultime Atp Finals. Ma stavolta non è stato un problema al ginocchio a fermarlo, bensì un insulto muscolare all'ileopsas durante la sfida a Marin Cilic all'inizio della seconda settimana. Una vera disdetta per Rafa, che stava trovando buone sensazioni, pronto a vendicare la sconfitta in finale di dodici mesi fa.

- Novak Djokovic. Ha subito la sindrome di Federer. Nella speranza di ripetere l'exploit 2017 dello svizzero, Nole si è presentato a Melbourne senza tornei nelle gambe, dopo un semestre di assenza causa infortunio al gomito. Convincente per tre turni, è stato poi domato dal più giovane Hyoen Chung, che ne ha evidenziato le difficoltà fisiche. Nebuloso il suo futuro: operazione o ancora terapia conservativa?

- Marin Cilic. Non è riuscito a calarsi fino in fondo nella parte del guastafeste, quando tutto era apparecchiato per lo show di Federer. Abile ad approfittare del k.o. di Nadal e di una parte alta di tabellone non irresistibile, il croato si è issato fino alla finale dando sfoggio di continuità. Stordito nel primo set, si è ripreso a suon di dritti di pura potenza, fino all'alba del quinto parziale, in cui ha ceduto di schianto davanti al suo più quotato rivale.

- Grigor Dimitrov. E' forse il bulgaro a rappresentare la principale delusione del torneo. Domato - è il caso di dirlo - Nick Kyrgios in ottavi di finale, dopo aver rischiato l'osso del collo contro l'americano McDonald, si è sciolto come neve al sole contro il britannico Kyle Edmund. Occasione sprecata, l'ennesima della carriera dell'uomo che costituisce l'emblema della generazione di mezzo. 

- Hyeon Chung. Il nuovo che avanza. O meglio, il tennis robotico che continua a farsi strada. Complici quegli occhiali che è costretto a indossare per poter competere, il ragazzo sembra davvero un computerino made in South Korea. Diligente, ordinato e tranquillo, ha un futuro assicurato. Gli difetta il talento, ma non la costanza di rendimento. 

- Kyle Edmund e Tennys Sandgren. Hanno salvato l'onore del tennis britannico e di quello americano, sbarazzandosi di gente come Dimitrov, Wawrinka e Thiem. Il tabellone ha dato loro una mano, finchè è stato possibile. Due belle storie: un giovane cresciuto all'ombra di Murray e un carneade condizionato dagli infortuni.

- Stan Wawrinka e Milos Raonic. Impresentabili, nel senso letterale del termine. Lo svizzero e il canadese hanno tentato l'azzardo a Melbourne, ma non erano in grado di competere ad alti livelli. Il loro ritorno agli standard del passato si preannuncia lungo, in particolar modo per Stanimal. 

- Nick Kyrgios. Più parolacce che vittorie. Ha sparato il possibile e l'impossibile nel match contro Dimitrov, tra seconde tirate come prime e dritti supersonici. Senza controllo, come in un antico spot pubblicitario, la sua potenza è nulla, o comunque serve a poco. 

- Dominic Thiem. Niente di nuovo sotto il solleone australiano. Nonostante un tabellone abbordabile, l'austriaco ha confermato i soliti limiti sul veloce, facendosi eliminare da Sandgren proprio quando sembrava aver raddrizzato una partita storta. E' già solo un giocatore da terra rossa?

- Juan Martin Del Potro e Tomas Berdych. Doveva essere l'argentino la mina vagante della parte bassa del seeding. Lo è risultato invece il ceco, che dell'uomo di Tandil ha fatto polpette, prima di arrendersi al solito Federer, non dopo un primo set pregevole. 

- Alexander Zverev. Prosegue la sua idiosincrasia con i tornei dello Slam. Dopo aver toppato gli appuntamenti della scorsa stagione, il fenicottero tedesco è crollato in maniera fragorosa contro il coetaneo Hyeon Chung: un vero peccato, perchè la semifinale con Federer era davvero a portata di mano.

- I giovani. Eccezion fatta per Hyeon Chung, hanno deluso i vari Shapovalov, Coric, De Minaur, Medvedev e compagnia, tutti eliminati nei primissimi turni. Il tanto atteso ricambio generazionale non è ancora a prova di Slam.

- Gli italiani. Seppi e Fognini. Sempre loro, o meglio solo loro. Hanno rappresentato il tennis azzurro approdando entrambi agli ottavi di finale. Di più non era lecito chiedergli. Alle loro spalle si muove poco, nonostante una nutrita pattuglia di azzurri ai nastri di partenza.