Il pubblico di Flushing Meadows l'ha subito adottato. Non che fosse difficile, dato il talento a disposizione, nettamente superiore alla media, per un tennis così diverso da quello omologato dei giocatori del circuito Atp, big compresi. Denis Shapovalov ha vissuto in un mese, dall'Open del Canada in poi, una fase di stagione destinata a cambiargli la carriera e ad aprirgli le porte dei grandi tornei, quelli ai quali sinora non poteva accedere per via di una classifica troppo bassa.

Diciotto anni, canadese d'adozione, nato a Tel Aviv da famiglia russa, Shapovalov fa parte della ristretta cerchia dei giovani predestinati. Vincitore di Wimbledon versione juniores nel 2016, era atteso proprio in questi mesi a un salto di qualità. Eppure, il rischio, quando le aspettative sono alte e i passi da compiere sono diversi, è quello di perdersi nel mondo dei Changeller e dei Futures, oppure di cedere alla frustrazione per non riuscire a ottenere tutto e subito. La carriera di Shapovalov ha rischiato di subire una svolta negativa solo pochi mesi fa: era il primo turno di Coppa Davis, e lui, Denis, impegnato con il suo Canada in casa con la Gran Bretagna, colpì involontariamente con una pallata il giudice di sedia, infortunatosi all'occhio. Per fortuna dell'allora diciassettenne della nazionale della foglia d'acero, il suo gesto sconsiderato e colposo non ha avuto conseguenze, eccezion fatta per una multa sacrosanta e tanto di scuse inviate a tutti a mezzo social, più che stampa. Un turning point sfavorevole, che non ha lasciato tracce, destinato a finire nel dimenticatoio, oppure nell'album dei ricordi degli errori di gioventù, se Shapovalov continuerà sulla strada intrapresa dal Master 1000 di Montreal in poi. Vittoria all'ultimo respiro contro il non irresistibile brasiliano Rogerio Dutra Silva, poi avanti nel torneo fino alle semifinali grazie ai successi pesanti su Juan Martin Del Potro e Rafa Nadal. Le qualificazioni agli US Open, lo sbarco nel tabellone principale di Flushing Meadows, un'altra bella vittoria su Jo-Wilfried Tsonga, testa di serie numero otto, prima di arrendersi in ottavi al solido spagnolo Pablo Carreno Busta.

"Sta accadendo tutto davvero in fretta", ha ripetuto ossessivamente Shapovalov durante i suoi US Open, percepiti come "a life-changing tournament", un torneo che ti cambia la vita, ti fa giungere a ridosso dei primi cinquanta giocatori del ranking ATP, ma allo stesso tempo moltiplica le aspettative sul tuo conto, sia da parte degli addetti ai lavori che dei tifosi. Perchè il canadese non è passato inosservato, non solo perchè giovane esponente di una Next Gen di cui si continua a parlare come il futuro del tennis, ma soprattutto per il suo gioco, non ancora completamente votato all'attacco, ma caratterizzato da colpi nuovi per un pubblico abituato all'omologazione del tennis contemporaneo. Mancino, Shapovalov sembra rappresentare l'esatto opposto di ciò che serve attualmente per arrivare al vertice e rimanervi con continuità. Tanti errori da fondo campo, gioco spesso al massimo dei rischi, servizio incisivo ma ballerino, al punto da indurlo a commettere diversi doppi falli all'interno della stessa partita. Rovescio a una mano, con cui può permettersi anticipi che altri giocatori si sognano, sempre sul sottile filo del vincente e del gratuito, un po' come per il diritto, con il quale abusa spesso della soluzione lungolinea, finendo per non trovare il campo (anche il gioco di rete è in buona misura da costruire). Non è - e non sarà - dunque un giocatore lineare e sempre consistente, questo biondino che indossa cappellini di almeno una taglia superiore (un vezzo da adolescente), ma che ha già stregato la maggior parte del popolo del tennis, in trepidante attesa di un nuovo beniamino per il quale palpitare, al di là del risultato e del numero di tornei vinti. D'ora in poi nulla sarà uguale per Shapovalov: ogni sua prestazione scrutinata, così come i suoi progressi, affidati all'allenatore Martin Laurendeau, capitano del Canada di Davis. Già partito il gioco dei paragoni, scomodi e pericolosi, dei pronostici a lunga scadenza e delle future rivalità. Fa parte del business, ed è esattamente ciò che ogni giovane tennista sogna a inizio carriera, nella consapevolezza di dover rimanere con i piedi per terra per continuare a migliorarsi.