Lacrime di rabbia, lacrime di gioia. Lotta serrata nella notte americana, il ritorno prepotente di Maria Sharapova. Per nobilitare l'ascesa di una campionessa a lungo negli Inferi, serve un'avversaria di livello. Simona Halep, seconda testa di serie, in corsa per la prima posizione del ranking, risulta l'ideale vittima sacrificale per consentire a Masha di riprendersi la scena da regina. Nel saluto finale, ammaliante ed emozionante, c'è tutta l'impronta della Sharapova, straordinaria nel suo essere personaggio aldilà di vittorie e sconfitte. Recita da prima della classe in un campo che emana storia, profuma di leggenda. Vince ancora nelle "tenebre" d'America e ora scopre il dolce gusto dell'attesa.
Il tabellone si apre, il terzo turno, in caso di successo odierno, si presenta agevole. Kenin o Vickery - due affermazioni a sorpresa le loro, rispettivamente con Davis e Vikhlyantseva - poi la Sevastova, sedicesima testa di serie. Un necessario apprendistato per ritrovare il giusto feeling con la partita, per assimilare le coordinate del rettangolo di gioco, per ritrovarsi appieno. Con la Halep, un incedere alterno, una progressione a strappi, normale dopo mesi in difetto, a caccia di un'adeguata condizione fisica. Il fastidio all'avambraccio, con conseguente ritiro a Stanford, prima ancora il problema alla coscia. Tribolazioni ed interrogativi, il dubbio di non essere in grado di tenere i ritmi di un tempo. Maria Sharapova deve prima di tutto rispondere a questo, deve confermare di poter restare in campo a lungo, di saper recuperare dopo una battaglia estrema, anche dal punto di vista mentale. Prima delle avversarie, deve ascoltare il suo corpo.
In questo senso, cruciale il secondo impegno a Flushing Meadows. Sull'Arthur Ashe, terzo match in programma, affronta per la prima volta in carriera l'ungherese Timea Babos. Detiene i favori del pronostico, non può essere altrimenti dopo l'exploit d'avvio, ma sa di dover mantenere guardia alta. L'avvio della Babos racconta di una giocatrice non al meglio. Tre set con la Golubic, poca cosa francamente. Nelle scorse settimane, però, alcune interessanti performance. Partita pari con la Gavrilova a New Haven, al 1T W con la Mladenovic. Inevitabile sottolineare il buco nero da Istanbul a Toronto, otto eliminazioni consecutive all'alba. Sul veloce, le migliori cose. Il titolo a Budapest, finale con la Safarova, come campanello d'allarme per la Sharapova.
In un torneo che conferma l'incertezza del circuito femminile - eliminate Kerber, Halep e Konta - la Sharapova prova a ritagliarsi il suo spazio. Dopo oltre un anno e mezzo, l'ultima volta all'Australian Open del 2016, il sigillo in una prova del grande Slam, il primo passo, l'ingresso autoritario. Confermarsi è più difficile.