L'edizione 2017 dei Championships, torneo più prestigioso del panorama tennistico internazionale, verrà ricordata come quella del record di Roger Federer, fuoriclasse senza tempo capace di trionfare per otto volte sull'erba dell'All England Club, nella stagione del suo ritorno a livelli di eccellenza assoluta. Ma questo Wimbledon appena finito agli archivi lascia in eredità agli appassionati molto di più di un semplice record abbattuto, una sorta di stato dell'arte sul tennis maschile contemporaneo.
La superficie
Non c'è più l'erba di una volta. E non solo perchè quest'anno i giocatori si sono lamentati della tenuta del manto del campo centrale, tra zolle che volavano via e rimbalzi anomali, ma soprattutto perchè la superficie è stata ancora rallentata, confermando una tendenza emersa già nelle ultime stagioni. I rimbalzi alti (rispetto agli antichi standard dell'erba) sono ormai la regola anche a Wimbledon, con buona pace dei grandi battitori, penalizzati della conferma del trend dell'omologazione.
Le mille risorse di Federer
Il fuoriclasse elvetico ha vinto con apparente facilità, senza lasciare per strada un solo set. Ha a lungo giocato con le marce, adattandosi di volta in volta agli avversari. Chiavi del suo successo, oltre alla tenuta atletica, la continuità al servizio e soprattutto in risposta, l'alternanza tra back e top di rovescio, la capacità di giocare bene i punti importanti e di sottrarsi a scambi lunghi. Imperturbabile, quasi in missione, ha scoraggiato i rivali con la sua serenità.
I dolori di Murray e Djokovic
Il 2017 di Andy Murray e Novak Djokovic continua a confermarsi un calvario. Lo scozzese, numero uno al mondo e campione uscente, si è presentato sull'erba di casa con un fastidio all'anca che ne ha limitato il rendimento, fino a costringerlo al k.o. contro l'americano Sam Querrey in quarti di finale. Stessa sorte per il serbo, mandato al tappeto da un infortunio al gomito destro nell'incontro che lo vedeva opposto a Tomas Berdych. Un logorio fisico non più latente che non può essere sottovalutato. Per entrambi, una pausa (anche di riflessione) potrebbe essere la soluzione migliore.
Nadal (d)a terra.
Il mancino di Manacòr è stato sostanzialmente ingiocabile durante tutta la stagione sul rosso, mancando solo l'appuntamento di Roma (battuto da Thiem), aggiudicandosi agevolmente Montecarlo, Madrid e Parigi. A Wimbledon sono emerse nuovamente le difficoltà sull'erba, superficie ostile ormai da anni. Eppure il futuro prossimo sembra sorridere al maiorchino, finalmente sano e pronto a dare battaglia anche sul cemento nordamericano, con gli US Open obiettivo principale.
Il nuovo che avanza, respinto
Grigor Dimitrov (non tanto nuovo), Dominic Thiem, Alexander Zverev, Lucas Pouille, tutti sotto le aspettative nella seconda settimana (eccezion fatta per il francese, fuori al secondo turno). Il bulgaro ha toppato clamorosamente l'appuntamento in ottavi con Federer, l'austriaco ha fatto il suo in un territorio non amico, il tedesco si è sciolto contro Raonic. L'ambiente ovattato di Wimbledon ha respinto le seconde linee d'assalto, ma se per Thiem e Zverev non si tratta di una bocciatura, per Dimitrov e Pouille urgono cambiamenti: senza continuità il talento rimane fine a se stesso.
Solidità al potere
Marin Cilic e Tomas Berdych, la costanza senza acuti arrivata fino in fondo. Il croato ha proseguito sulla falsariga del resto della stagione, giungendo all'acuto della finale raggiunta ma poi quasi non disputata per un problema al piede. Il ceco si è rivisto tra i migliori quattro di uno Slam. Non ha incantato, ma ha perso dal più forte in circolazione. Discorso diverso per Milos Raonic. Il canadese è stato battuto nettamente da Federer: da un anno all'altro, sono stati suoi i passi indietro più significativi.
Le sorprese
Gilles Muller e Sam Querrey. Il lussemburghese ha dimostrato che si può essere competitivi anche giocando serve and volley (e a tarda età), facendo fuori Rafa Nadal al termine di una sfida memorabile. Lo statunitense ha coronato la miglior stagione della sua carriera issandosi fino alla semifinale con Cilic, prima di arrenderci alla maggior solidità e completezza dell'avversario.
Gli azzurri
Nessuna novità sull'erba dei Championships. Eccezion fatta per qualche buona esibizione al primo turno dei vari Lorenzi, Bolelli e Seppi, puntualmente eliminati al round successivo, a far parlare di sè è stato il solito Fabio Fognini, capace di far partita pari con Andy Murray sul centrale, fino al solito passaggio a vuoto che gli è costato la possibilità di giocarsi un interessante quinto set.