Ultima giornata sul verde di Wimbledon, si chiude il torneo maschile. Alle 15, sul campo Centrale, Roger Federer sfida Marin Cilic. Lo svizzero è a un passo dall'ottavo titolo ai Championships, il croato insegue la prima affermazione. Una storia diversa, quella eterna di Federer, quella alterna di Cilic. Due giocatori in un momento di forma ottimale o quasi, una partita carica di significati. Si riparte dalla meravigliosa lotta dello scorso anno, risolta da Federer in cinque set, dopo uno svantaggio di due set a uno, con Cilic più volte a un punto dalla partita. Il boato del pubblico presente, l'approdo di un Federer ormai svuotato - e poi preda di Raonic - in semifinale. Le condizioni odierne sono differenti, Federer giunge da un'annata di successi - titolo slam in Australia, l'accoppiata Miami - Indian Wells, ancora Halle, prima di approdare a Londra - Cilic è tirato a lucido dopo le difficoltà manifestate nei primi mesi del 2017. Più forte dello scorso anno, specie a livello mentale, è lo stesso Marin a sottolineare la crescita dopo il bruciante epilogo di dodici mesi fa. 

I numeri sostengono la candidatura di Federer, a un passo dall'ultimo traguardo di carriera, sfuggito più e più volte negli ultimi anni. Sei vittorie in sette precedenti, dal 2008, anno del primo incrocio sul veloce di Parigi. Il match del 2016 a Wimbledon resta l'unico su erba. Memorabile il trionfo di Cilic all'US Open del 2014, sublime interpretazione del confronto, tre set a zero, preludio al titolo in suolo americano con Nishikori. 

Federer giunge alla finale piuttosto riposato, aldilà di alcuni problemi di respirazione e di un fastidioso raffreddore. Una serie di vittorie in tre set, qualche piccolo interrogativo con Raonic, nel terzo parziale, e con Berdych, nei primi due. Un Berdych aggressivo in risposta, d'attacco. Due prolungamenti a sopire l'incedere ceco, prima del decisivo break nella zona centrale del terzo. Anche per Cilic, campanello d'allarme ai quarti, cinque set contro un erbivoro come Muller, quattro con un bombardiere come Querrey. 

La differenza tecnica, tra i due, è evidente, Federer è un giocatore totale, in continua evoluzione. Servizio centrato, dritto devastante, un rovescio ormai di fattura pregiata, un arsenale di soluzioni illimitato. Ridurre Cilic ad un semplice picchiatore è invece fuorviante. Di certo il croato poggia il suo tennis su una battuta importante - la percentuale di prime può fornire a Marin alcune possibilità - ma dispone di altri colpi risolutivi. Non deve però cadere nella ragnatela e nelle variazioni di Federer, deve dettare il ritmo per cogliere gli errori - non pochi in semifinale - dello svizzero. Al via, Roger ha di certo la preferenza di molti, ma è una finale e Cilic ha poco o nulla da perdere.