Immergersi in una realtà parallela, nel luogo natio del tennis; nuotare nel teatro dei sogni bramando situazioni surreali e lontane. Wimbledon - per molti - è lo Slam che cicatrizza e ricuce sinuosamente la lacerazione con il tennis vecchio stampo, old school. Il tennis del serve & volley, delle carezze a rete, del back, del chip & charge, del dritto in chop; il tennis del talento, dell'eleganza, della regalità; il torneo delle fragole con la panna, della classica pioggia dell'umida Londra, del total white e degli inchini al Royal Box. L'All England offre tutto questo, in una cornice che miscela tradizione - tabellone principale completato dagli addetti, senza l'ausilio della tecnologia - ed innovazione - quest'anno anche il campo 1 avrà la copertura. E noi, come ogni anno, seduti sul divano, depenniamo dalla povera margherita i nostri nomi caldi per i Championships

Tabelloni - Fonte: @Wimbledon / Twitter
Tabelloni - Fonte: @Wimbledon / Twitter

►I FAVORITI

⇒ Roger Federer

C'è un libro di John McPhee intitolato "Tennis", un classico per chi vive la vita tra retorica e pallina gialla. Nel secondo ed ultimo saggio proposto, John ripercorre la vita al Club di Robert Twynam, giardiniere capo di Wimbledon per più di quarant'anni. Meticoloso perfezionista nel tagliare ogni singolo filo d'erba. Lui non c'è più, alcune cose sono scomparse, ed a Londra è avvenuto il cambio della guardia. Negli ultimi 15 anni è salito al potere un nuovo giardiniere, un elvetico di nome Roger Federer. Onnivoro avvezzo al vegetariano, idiosincratico alla terra. Ma non troppo, anzi. Il maestro torna nel tempio a seguito di un 2017 caratterizzato da 4 titoli - 1 Slam, 2 Masters 1000, 1 ATP 500 - e la rinascita inaspettata. L'eliminazione prematura a Stoccarda aveva fatto torcere il naso a molti, il trionfo di Halle ha riportato il popolo sulla frequenza di una speranza sempre più incalzante. L'ottavo Wimbledon, sarebbe storia. Federer è apparso ora Dottor Jekyll, ora Mr Hyde; la versione piatta e compassata mostrata prima della finale non può bastare, serve quella disinibita e pressante sfoggiata in finale. Necessita di verticalità, di alzare ed abbassare il volume dei colpi, di sondare ogni parte. Giocare di fino a rete, affettare la palla svuotando il ritmo, stroncare le gambe con dropshot e palle corte. C'è bisogno anche di forza, di polso, della sbracciata da fondo e del dritto in tutte le salse. Dal chop all'inside-out. Sommelier

Concerto di Federer nel centrale di Halle. Nona sinfonia, 25 Giugno 2017, versione inedita al pubblico pagante

Rafael Nadal

Appisolarsi, in dormiveglia. Assistere alla battaglia senza prendere parte ad essa, un dolore straziante per uno come Rafael "Rafa" Nadal, ruspante combattente. Un 2016 duro da mandare giù, boccone amaro che trasporta strascichi importanti. "Ormai lo battono tutti, non più padrone nemmeno sulla terra" intonavano profetiche sentenze di appassionati incalliti, frequentatori di pub. Illazioni che probabilmente sono arrivate all'orecchio del maiorchino, tanta è stata l'irruenza e la potenza con cui ha inaugurato l'anno novello. Finale agli Australian Open, finale a Miami, monocratico sulla terra - eccezion fatta per Roma. Nadal ha ritrovato l'ardore, ha indossato nuovamente la corazza ed ha affrontato tutto e tutti. Non è prettamente erbivoro, ma è sempre un campione, una leggenda, capace di spremere tennis dalla sua racchetta in ogni situazione. Serve costanza, tenuta, il solito dritto carico di topspin, la frustata lungolinea di rovescio ed il certosino lavoro da fondo, capace di sbalzare avversari da angolo ad angolo. Classico tergicristallo. Un arrotino violerà ancora la corte borghese?

Irruenza, arroganza, supponenza, superiorità. E' il match point del RG, e quella è terra rossa, d'accordo. Ma lui si chiama Nadal, ricordiamolo

OUTSIDER DI LUSSO

Quasi mi vergogno ad inserire Andy Murray e Novak Djokovic nella lista degli outsider, cioè di coloro che - sulla carta - non dovrebbero riuscire ad arrivare in fondo. Campioni opposti, fenomeni dal palato fine. Murray ha grandi affinità con l'erba, lo sappiamo. Vincitore di 2 prove dei Championships, Andy conta di ritrovare il feeling con la vittoria proprio su quel prato che lo culla, sulla distesa verde che ha sofferto e sperato ed infine gioito con lui, quando nel 2013 fu il primo a riportare il trofeo in Bretagna dai tempi di Fred Perry, da 77 anni. Djokovic lo conosciamo, tennista camaleontico - probabilmente maggiormente rispetto ai restanti 3 Fab Four - malleabile come il pongo. Una delle migliori risposte del circuito, difesa ed attacco, 11 Slam in 5 anni. Poi il declino dell'ultimo anno, inaspettato ma - forse - inesorabile. Adesso Wimbledon, attendiamo frecce britanniche e serbe.

OUTSIDER

Ormai li conosciamo gli outsider, i classici specialisti che preparano una stagione per un solo mese insieme ad alcuni ottimi tennisti che possono ronzare e disturbare i big. Wawrinka non è mai stato un giocatore da erba, ma vale lo stesso teorema sviscerato per Nadal: stiamo parlando di un fenomeno, conterà la giusta attitudine e la costanza mentale. A lui aggiungo Kyrgios - mina vagante su questa superficie - e Cilic - migliorato notevolmente sul prato. Escludo Zverev Jr. Tanti - poi - sono gli specialisti. Lopez sta vivendo un momento d'oro - finale Stoccarda, W al Queen's - ed è colui che può arrivare più avanti, Haase positivo ad Halle, Haas desideroso, Mahut quest'anno è lontano dai suoi standard - nemmeno la cara s'Hertogenbosch l'ha assecondato - e soffre le 35 primavere. Tornano i soliti Mayer, un Muller tirato a lucido ed il romantico fiume transalpino: Chardy, Herbert - ma ha davanti il Nick furioso - Gasquet e Simon