Accarezzare l'infinito a vent'anni, leggere nei suoi occhi il bello dell'innocenza contrapposto ad una maturità tennistica tangibile, anche se da limare. Jelena Ostapenko scrive una pagina di storia, abbraccia un sogno che il suo paese aspettava da tempo. Simona Halep si congeda con l'amaro in bocca, altra sconfitta.
Il servizio rappresenta la sottile arma che può farti impugnare il coltello dalla parte del manico, o può sfregiarti con la tagliente lama. Ne sanno qualcosa Ostapenko ed Halep, sofferenti quando puliscono la riga di fondo con una pallina ben stretta in mano. Nei primi due game, il copione recita la stesso thriller: fallo, seconda debole attaccata voracemente dal lungolinea ficcante - Ostapenko - o dal colpo profondo carico di spin - Halep - con il break a conti fatti. Ritrova il colpo embrionale la rumena, intelligente a stemperare la rabbia dell'avversaria giocandole soprattutto contro tempo sul dritto, segue la lettone poggiando sul servizio prima di bastonare con il dritto al fulmicotone. Dal lato sinistro la giocatrice in risposta guadagna campo e timing, si attracca sul 4-4 con un secondo giro di break. Il ritmo continua ad essere asfissiante, estremamente alto e dispendioso; non si va oltre il paio di colpi prima di imbracciare il mitra e fare fuoco. Rischia di nuovo la possibile futura N°1, ma sotto 0-30 trova - nel deserto parigino - la sua oasi nel servizio carico ed al corpo. L'Ostapenko balbetta in battuta e chiede troppo al suo dritto, non sempre obbediente soprattutto con lo sventaglio. Halep intelligente come un delfino, abile come una gazzella, scaltra come un'antilope: risposta in cross devastante sul dritto prima, errore forzato poi; set ball e set.
Si prodiga l'Ostapenko ad inizio parziale, sparge veleno in risposta e si guadagna la tripla possibilità di break; brava Halep a registrare il servizio sulla stazione giusta per risalire la china. Il colpo è difficile da digerire e la lettone subisce un momento di appannamento che può costarle caro. Perde fosforo e fiato nel momento topico del game, e -causa due unforced - stende il tappeto rosso al break. Sul 3-0 rischia l'imbarcata, ma cancella con coraggio tre palle del 4-0 e sblocca il contatore. Ritrova fiducia e colpi, concentrazione e velocità di piedi. Si accoda sul 3-3. L'Ostapenko inizia a comandare da fondo, a tenere sotto scacco la rumena con soluzioni lavorate e difficili da gestire; gioca divinamente in cross, lungolinea, in topspin, guadagna un altro break ma le scappa dalle mani subito dopo. Poco male, perchè i continui errori tattici e di valutazione della Halep la portano a servire per il parziale. Lo azzanna con ferocia inaudita, famelica la giovane rampolla con il dritto da fondo. Iconico il comodino lungolinea giocato in corsa che le consegna il parziale e la grinta di un pubblico che tifava per avere un terzo set.
Si calmano le acque, scampoli di quiete prima della tempesta. I game sfilano via senza particolari squilli fino al 2-1, poi si riparte dai vecchi dissapori. Ostapenko - come suo solito - alterna momenti di buio in cui inanella unforced, a momenti di strapotere tennistico. Perde il servizio e sprofonda 3-1, ma è ben consapevole che - nel bene e nel male - i fili della finale li muove lei. Ritorna in campo come un guerriero intento a proteggere la sua patria con scudo e frecce; salta sopra la palla, attacca senza remora come una vedova nera fa con la preda desiderata. Simona è all'angolo, boccheggiante; si lecca le ferite ed è costretta - infine - a piegarsi al rovescio vincente. Break, set, match, glory.
J.Ostapenko b. (3) S.Halep 4-6 6-4 6-3